Bat For Lashes
The Bride
Comprensione e fasi del TDA, innanzitutto. Niente panico: non è una nuova diabolica imposta comunale. Trattasi dello studio del lutto atipico che gli psicoanalisti Parkes e Bowlby elaborarono nel 1962 dalla prospettiva della cosiddetta teoria dellattaccamento. Aggiungete in sequenza: eyeliner, mascara e ombretto eighties su pallido struggimento wendersiano. La nostalgia per qualcosa che non hai mai vissuto. Amore e morte al tempo delle plastiche pose Instagram. Lost highways da fiammeggiante melò sentimentale che schiantano il tuo presente proprio lì, allultima curva della notte (il cuore intorpidito e noir à la Badalamenti del car-crash diegetico messo in scena durante Honeymooning Alone). Giulietta Capuleti che, prima del più celebre gesto emo di sempre, ascolta nelle cuffie delli-pod Get a taste in my mouth as desperation takes hold Is it something so good, just can't function no more? con la maglietta dei Sisters Of Mercy. Vestita di bianco e trascendente fatalismo, lo sguardo immacolato verso lalto e il portamento duna mantide-prigioniera, una Giovanna DArco della postmodernità che rifà suo un sincretico e inconscio specchio di ataviche simbologie: così si presenta, impacchettato e pronto alluso, larchetipo platonico della Sposa 2.0 secondo la fertile sensibilità art-pop di Natasha Khan aka Bat For Lashes. Daltra parte se il sacro vincolo coniugale te lo smerciano dai tempi di Papa Innocenzo III con il ricattatorio finché morte non vi separi nel lungo periodo il minimo che puoi fare è: darti una sana grattata e non pensarci, guardare le azioni della bilancia-matrimoniale disintegrarsi sotto limmane peso qualunquista del maître à penser Adinolfi Mario, trarne un concept album di fulgido ultraromanticismo anni Dieci. Sì, la quotidianità dellhomo italicus non è decisamente- mai stata uno spottone del family day dai colori pastello, né la versione fidelizzata dei disneyani Minnie e Topolino (o di Matteo R. e Agnese, ça va sans dire).
Ask a soothsayer and old men wives Where the witches burnt for all our lies. Past the motorways and city lights, that my soul be free and spirit fly to land's end
Lifes a bitch, Natasha. Cè una Sposa socialmente standardizzata, devota, ferita, vergine santa puttana, sanguinaria e sanguinante, pietosa, vendicatrice, di nero vestita, tradita, abbandonata, segregata e infine libera/emancipata buona per tutte le lunghe stagioni che hanno attraversato limmaginario pop del Novecento e di questo primo scorcio post-duemila, un velo iconico che dalle geishe oltraggiate nel capodopera Rashomon di Kurosawa e nel furioso rosso emoglobina di Lady Snowblood sapeva rinascere metastasi-pulp nei due volumi tarantiniani di Kill Bill, sui cui aleggiava peraltro implacabile la silhouette glaciale della Julie/Moreau firmata Francois Truffaut di La Sposa In Nero. Ma The Bride -quarta ambiziosa prova crepuscolare della Khan in una discografia iniziata giusto un decennio fa con lefficace esordio freak/alt-pop Fur And Gold, seguito dal lodevole equilibrio formale e di scrittura raggiunto in Two Suns e dal dream-pop caleidoscopico di The Haunted Man che nel 2012 sposava magistralmente la solita stella polare Kate Bush a una riuscita sfoglia di persuasivi electrobjörkismi- non ha le fattezze geometriche e spietate di un revenge-movie, non ci sono coniugi da vendicare, arti da mozzare oppure piccoli borghesi idioti da giustiziare. No, nellescapismo emotivo di The Bride lunico e solo antagonista su cui rivendicarsi è il fato cinico e avverso, la casualità degli eventi, lo sberleffo della tragedia inaspettata. E il tempo che, nonostante tutto, resta ancora una pagina bianca da riempire e vivere sarà lunico addestramento, lunica arma plausibile per elaborare il lutto della perdita, per sopravvivere. Unidea, quella dietro il leitmotiv concettuale del quarto moniker Bat For Lashes, nata oltre un anno fa, quando Natasha Khan ebbe lopportunità di dirigere il corto I Do, parte del film-progetto collettivo Madly che vedeva cimentarsi alla regia personalità artistiche della più disparata provenienza (fra cui gli attori Gael Garcia Bernal e Mia Wasikowska): tema comune le diverse gradazioni e conseguenze della fine di un rapporto, uno split narrativo che nellepisodio immaginato dalla Khan rievocava i fantasmi e le suggestioni di una sposa lasciata vedova sullaltare, sorta di paradossale e sfigatissimo ossimoro vivente, a causa della morte del compagno in un incidente stradale. Dai sospiri stregoneschi di I Saw A Light alla Sposa tormentata che sparge dolciastra afflizione al neon intorno alle fiabesche tessiture dreamy di Joes Dream. Touché, e uno a zero per NK.
And now i can't see just what my heart can hold But what does it mean? The bad things that i've seen.
I Do, con i suoi rintocchi allomnichord e il riconoscibile, accorato timbro di Natasha, è anche lintroduzione baroque-pop, da eterea e cameristica marcia nuziale, che alza il velo su questi quarantasette minuti di mosaico sonoro perturbante e immaginifico, una diamantata affiche di translucidi fotogrammi perduti a riprova del talento trasversale dellartista londinese (un talento pieno e riconosciuto, ribadiamolo: nelle dodici tracce la meticcia ragazza suona tastiere, Rhodes, chitarra elettrica, bass synth, drum machine, arpa, batteria, vibrafono, celesta, oltre ad arrangiare gli archi e curare personalmente lart direction visuale dellalbum, videoclip inclusi), seppur in una veste apparentemente più classica, meno spregiudicata in termini strumentali e di soluzioni stilistiche rispetto ai precedenti lavori in studio. Per la Khan è piuttosto il definitivo esame di maturità alluniversità cantautorale dei Grandi Cuori Infranti, quella che ha ben presente tra i suoi testi/numi tutelari opere spezzacuore come Blue e Blood On The Tracks. Lespiazione esistenziale nelladombrato ricordo di un amore ineluttabilmente lontano, destinato a un'evanescente e ciclica replica/ombra di sé: dalle fotografie fluo delleroina-sposa di Neil Krug al lettering dellartwork che cita il fulmine-copyright di Aladdin Sane ai flessuosi singoli di aeree sincopi electropop In Gods House e Sunday Love, due dei brani più ispirati e meglio costruiti del lotto, tutto in The Bride richiama un vago e malinconico sentore di vissuto scisso, incompiuto, ferale: capita in un diafano gospel blues di spettrali ricami acustici (On a road, forever you will be riding to me Metal death, cliffs exploding. Sirens mourn to me nightmares come and they don't go For my love is gone and i will never forgive the angels for that , Never Forgive The Angels) e nella radiante coltre cinematica/ambient della visionaria Close Encounters, dove emerge vieppiù la cura maniacale di una produzione monstre che a fianco della titolare trova impegnati vecchi collaboratori quali i multistrumentisti Ben Christophers, David Baron e Simone Felice dei The Felice Brothers con nomi noti ed esperti della consolle (Dan Carey dei Toy e del side-project Sexwitch, Jacknife Lee, Head al mixing, Matt Hales). E se a tratti sembra affiorare una maniera gradevole financo compiaciuta (lo scarno piano-confessionale e il falsetto Joni Mitchell che avvolgono la diligente If I Knew, la chiusa da zuccheroso valzer synthetico di In Your Bed, con le orchestrazioni dellitaliano Davide Rossi e Lou Rogai al basso e chitarra) Lands End, in cui la Khan riesce ad esorcizzare buio e luce con la sua (magnifica) voce da mezzosoprano sospesa tra la Polly Jean più poetico/impressionista e un eco di sirene inabissato nella Fossa delle Marianne, e lipnotico ticchettio della brumosa ballad atmosferica I Will Love Again ristabiliscono un peculiare, fortissimo, non casuale potere evocativo. A detta dellautrice di Daniel quello della triste e dolente Sposa è il vestito musicale che agognava da sempre, labito intrinseco che più ama e la rappresenta: per chi scrive non il miglior simulacro possibile finora concepito a nome Bat For Lashes, ma un riuscito matrimonio/unione delle diverse anime della Nostra che sa colpire laddove sovente falliscono molti altri colleghi (e colleghe) a lei contemporanei, ovvero nel sapersi gestire con uninnata e poliedrica qualità dentro il caotico scenario Pop delloggi indiemainstream. Finché la perfida mietitrice Brexit d'Albione non ci separi, cara Natasha. Fino ad allora, nella gioia e nel dolore, proveremo comunque a scansare le bad things della vita, soppesando di lieve speranza il cuore che one of these days, one of these nights i will love again
See her in blue eyes, numb and shining, in the face of strangers In the city lights where he's climbing Cupids diving, and i know that she's come to spend the night.
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