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R Recensione

6/10

Diagrams

Black Light

Sia sul piano scientifico che su quello morale, venni dunque gradualmente avvicinandomi a quella verità, la cui parziale scoperta m’ha poi condotto a un così tremendo naufragio: l’uomo non è veracemente uno, ma veracemente due”  Dott. Henry Jeckill  

Un’esperienza interessante. È probabilmente passato senza destare grosse attenzioni ai più (almeno in Italia) questo side project di Sam Genders, leader dei Tunng del favoloso "Comments of the inner chorus" (i Bon Iver di quando Bon Iver non c’era ancora). Rispetto al suo passato (che speriamo abbia comunque un futuro) Black Light è decisamente meno folk e spirituale concedendo più spazi al rock elettronico (Appetite), alla disco-funky (Tall Buildings), al jazz/fusion (Mills), senza comunque mai dimenticare le profonde radici dei Tunng (Night All Night).  

L’impressione è che Genders abbia per un attimo aperto le finestre della stanza dove con solitaria malinconia suonava, chitarra piano e synth, assieme ai suoi Tunng, per farci entrare un po’ di sole destabilizzante. Il sole dà vita alla sua verve musicale, e sebbene il marchio di fabbrica sia comunque facilmente riconducibile al suo passato, Black Light azzarda qualcosa di diverso e, per quanto mi riguarda, qualcosa di ben fatto.  

Comincio da Night All Night, perché è un piccolo capolavoro. La si ascolta con gusto ogni volta rinnovato e con il volume ogni volta un po’ più alto. Cori e voce di ipnagogica memoria introducono una chitarra acustica che inaspettatamente apre le danze. Lo stesso capita anche per la bellissima Ghost Lit, un po’ più triste e meno trascinante ma sicuramente di buon livello. Tall Buildings è l’ospite inatteso. Un basso funky sposa bene le tastiere e la voce sognante di Genders tanto da meritare il classico clap clap che fa sempre molto eighties! La quarta traccia è Appetite, ed anche se siamo quasi certi che i Diagrams neanche li conoscano, sembra davvero un pezzo dei nostri migliori Bluvertigo. Una simpatica allucinazione che mette effettivamente appetito.  

Quando attacca Mills, ci vengono in mente i Weather Report ed il basso di Jaco Pastorius. Le lacrime di commozione si mischiano alla tequila sunrise che immaginiamo di bere al tramonto su una spiaggia californiana all’inizio degli ormai violentati anni ottanta. Le atmosfere danzerecce tornano con la giustissima Black light, la title track. Questa inizia come proseguimento della precedente Antilope e si apre in gioiose profusioni di chitarre e synth neanche fossimo sotto gli incandescenti raggi di una soleggiatissima giornata d’agosto. “Luce nera”? Ma neanche a pensarci!  

In definitiva, Black Light è l’effervescente disco d’esordio dell’inaspettato Mr. (Genders) Hide. La miccia era probabilmente accesa da tempo senza che nessuno ci avesse fatto mai troppo caso. Il 2012 era evidentemente l’anno della deflagrazione. Una ventata d’aria fresca.

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