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R Recensione

10/10

Bark Psychosis

Hex

Silenzio. Una città enigmatica, un imbrunire inoltrato che si spegne in una mappa di stelle, automobili che avanzano a velocità bassa, senso di solitudine, il dolce canto di un'anima tranquilla che osserva con distacco una frenesia e un'inquietudine generali...

Ecco, più o meno è tutto questo che viene in mente al sottoscritto quando all'interno del lettore scorre dolcemente "Hex", prima fatica dei Bark Psychosis, formazione inglese capitanata da Graham Sutton, che nel 1994 se ne uscì, per conto della Circa Records, con un disco che venne capito e apprezzato da pochi. Tra questi il buon Simon Reynolds, critico della rivista "Mojo", che introdusse, nel parlare di questo oggetto misterioso, l'etichetta in seguito eccessivamente abusata di "post rock".

Per quanto l'uso di questo epiteto sia diventato negli anni uno stereotipo (al punto che sono state definite "post rock" moltissime band metal, noise, techno e pop), indubbiamente quella perla nascosta presentava alcuni tratti caratteristici che andavano a pescare nella tradizione (è indubbia, infatti, la provenienza della band da territori shoegaze e dream pop, e più in particolare dagli stili di Talk Talk, Ride e Galaxie 500) e al tempo stesso a rimescolare le carte con piglio decostruttivo. Già, perchè è decostruzione, in sintesi estrema, la musica dei Bark Psychosis: è un suono avvolgente, insolitamente caldo e fumoso, ed è in continua metamorfosi. I loro brani non presentano mai una struttura precisa, ben definita, ma sembrano invece seguire di pari passo l'umore di chi la compone e - perchè no? - anche di chi la ascolta.

E', insomma, una musica in fieri, in eterno divenire; è musica potenziale allo stato puro, che procede in perfetta simbiosi con la voce, a volte romantica, altre volte disperata, altre volte ancora semplicemente apatica, di Sutton.

Il dolcissimo intro di piano apre le danze nella prima traccia, “Loom”; dopo pochi secondi le struggenti note lasciano il campo ad archi e ad atmosfere nebbiose da lounge, che conferiscono all’impianto sonoro un’atmosfera decadente di stasi eterna. Tutto sembra immobile, fisso, ad osservare il tempo che scorre pigramente. Parte il cantato di Sutton, che intona una melodia volutamente inerte e abbandona presto la scena a favore di una chiusura funky investita da chiaroscuri sonori, con un meraviglioso effetto di luci e lampioni che si accendono e spengono davanti ai nostri occhi.

Dopo che il pezzo si è dissolto del tutto (caratteristica di ogni brano del disco), ha inizio il timido incedere di “Street Scene”, sinfonia moderna dal sapore jazzistico che più di ogni altra track può meritare l’etichetta sovramenzionata. È significativo, infatti, il continuo alternarsi di silenzi, pause ed esplosioni di voce da parte del leader, che ad una strofa calma e cantata quasi in trance fa corrispondere un ritornello forte e deciso, così come vogliono i dettami del post rock diLouisville. La coda è riservata ad un delicato giro di basso che stempera le stanche note in un clima di abbandono.

Absent Friends” ha il piglio romantico delle canzoni “nevermind”, con la particolarità di un curioso quanto soffice assolo di sassofono, che si aggiusta alla perfezione con i delicati rintocchi di batteria e di tastiere. Il finale è quanto di più inaspettato ci possa essere: i rintocchi continuano e sembrano andare avanti all’infinito in un contesto caotico e confuso. Non c’è tempo di tirare il fiato: subito dopo si registra il clima teso di “Big Shot”, la canzone più “da Night Club”, con il consueto piano, la consueta tastiera e i consueti arpeggi chitarristici a creare però un’atmosfera tutt’altro che consueta. A sentire queste prime prove sembra di essere stati catapultati nel panorama che abbiamo descritto inizialmente: passione e inquietudine frenate, ambiente notturno e desiderio di evadere nella tranquillità dei nostri sogni.

Fingerspit” è la traccia più sperimentale dell’intera opera: ripetitiva e ciclica, presenta un grido al tempo stesso disperato e contenuto di Sutton, che sembra perdersi nell’assordante silenzio in sottofondo. È un brano che sembra non voler morire mai, intento a protendersi sulle fantasie acrobatiche tastieristiche.

Poi viene quello che a parere di chi scrive è il masterpiece: miele per i padiglioni auricolari, “Eyes And Smiles” è la quintessenza della metamorfosi in musica. Il solito inizio dispersivo e caotico apre la strada ad una magnifica melodia accompagnata da un sottofondo trombettistico in crescendo, mentre il pulsare dell’arpeggio chitarristico ossessiona e rapisce allo stesso tempo. Tutto, a metà circa del brano, sembra tornare alla totale tranquillità, ma a chiudere vi è un altro climax; quello della voce di Sutton, il quale con estrema enfasi si fa con forza strada all’interno del magma strumentale liberando il proprio acuto.

Pendulum Man” è la più perfetta incarnazione dello spirito new age in musica: rintocchi ripetuti di mellotron sfociano in una nebulosa galattica prodotta dal sintetizzatore. È un po’ come se i Tangerine Dream reinterpretassero Tony Scott e la sua musica per meditazione.

Quel che resta da questo meraviglioso trip digitale è una piacevolissima sensazione di aver ascoltato un disco meraviglioso, un excursus tra i generi di rara qualità e uno dei più fulgidi esempi di non-morte del rock. Opera rarefatta e dal sapore alieno, il rock-synth-jazz-lounge di “Hex” resta negli annali come una delle risposte affermative alla questione “Ci si può innamorare di un disco?”

V Voti

Voto degli utenti: 9,3/10 in media su 30 voti.
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loson 10/10
4AS 10/10
thin man 10/10
krikka 9/10
giank 10/10
REBBY 8/10
layne74 10/10
Guzzo 10/10
LucaP 9/10
Vatar 10/10
Cas 10/10
hotstone 10/10

C Commenti

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Asidrec (ha votato 9 questo disco) alle 9:42 del 24 maggio 2007 ha scritto:

Un opera accessibile, mai banale ed estremamente elegante.

4AS (ha votato 10 questo disco) alle 13:13 del 22 ottobre 2008 ha scritto:

Unico

Un disco perfetto. Ci vuole un pò per assimilarlo e per capire tutte le sue sfumature però alla fine la pazienza è ben ripagata. Irripetibile

thin man (ha votato 10 questo disco) alle 23:23 del 7 settembre 2009 ha scritto:

Immenso

Un disco di bellezza accecante, equilibrato all'inverosimile. Loom e Street Scene eterne

Filippo Maradei (ha votato 10 questo disco) alle 10:43 del 19 giugno 2010 ha scritto:

Un disco privato, fumoso, da autostrada notturna in corsa. "Absent Friend" da antologia...

4AS (ha votato 10 questo disco) alle 17:03 del 19 giugno 2010 ha scritto:

RE:

Hai mai ascoltato la raccolta "Independency"? Raccoglie tutti i loro primi singoli. E' qualcosa di indescrivile... E' al livello di "Hex" (se non meglio, e lo dico senza esagerare, credimi...). Purtroppo è fuori stampa, si può trovare solo scaricandola.

Filippo Maradei (ha votato 10 questo disco) alle 17:06 del 19 giugno 2010 ha scritto:

Se me lo descrivi così, non posso far altro che recuperarmelo quanto prima!

giank (ha votato 10 questo disco) alle 17:10 del 31 luglio 2010 ha scritto:

Subblime

L'ho conosciuto solo negli ultimi tempi. A ruota nel lettore....sublime.

Bellerofonte (ha votato 10 questo disco) alle 9:56 del 18 ottobre 2010 ha scritto:

Brividi

Mirko Diamanti (ha votato 10 questo disco) alle 16:36 del 4 dicembre 2011 ha scritto:

I suoi paesaggi sonori sono stati quanto di più gratificante per i miei sensi uditivi e immaginifici per lungo tempo. Ci ho costruito sopra castelli di visioni, ma la tela ha sempre assorbito i colori senza mostrare slabbrature o sbiadimenti di usura. È straordinario. Ed è straordinario che, pur essendo straordinario, gli orizzonti che ho evocato come demoni gentili per accompagnarmi nell'ascolto si siano sempre nutriti di una certa notturna ordinarietà urbana. In pratica lo stesso meccanismo che possono sfruttare un demagogo o un moralista, tranne che questo non è un volgare trucco da prestigiatori, ma autentica magia.

Utente non più registrato alle 15:32 del 15 febbraio 2012 ha scritto:

Veramente un gran disco. I BP insieme agli Slowdive, agli ultimi lavori dei Talk Talk e, aggiungerei certe atmosfere floydiane, sono stati veramente i precursori del post-rock, genere peraltro già superato poichè ripetitivo e stantio...

moonwave99 (ha votato 10 questo disco) alle 2:07 del 11 dicembre 2012 ha scritto:

Si può amare un'idea, un suono? Sì. Imprescindibile anche la già citata raccolta "Independency", altra manciata di perle.

Cas (ha votato 10 questo disco) alle 22:12 del 7 luglio 2017 ha scritto:

Spettacolare