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R Recensione

6,5/10

Stealing Sheep

Not Real

Qualche anno fa avrebbero ottenuto molti più consensi di oggi le tre inglesi di Liverpool Stealing Sheep, con il loro art pop di base elettronica ma dai richiami psichedelici continui, qualcosa come una Bat For Lashes più eccentrica, Jenny Wilson incrociata con Glasser, i Dirty Projectors messi assieme ai Peaking Lights più recenti (“Sequence”, che pura cita il basso di “I Like To Move It”; sì, quella).

Poco conta, d’altronde, che ora questo genere sia in fase di appannamento. Il disco, coloratissimo e pieno di vie di fuga melodiche, funziona, componendosi su sbilenche strutture electro-pop piene di decorazioni anni ’80 (“Not Real”) e coperte da una verniciatura di calda exotica (“Deadlock”, “Love”), pronte a innescare da sé escrescenze davvero disparate, qua da folk pop desertico e narcotizzato (“This Time”, “Evolve and Expand”), là da avanguardia pop americana anni ‘00 fino all’osso (“Greed”, eccellente). (Resta, in effetti, un disco pochissimo o per nulla britannico, come già il precedente “Into the Diamond Sun”).

Il problema è che tanta creatività sembra a volte lussureggiare al punto da togliere l’aria o da confondere pure troppo, come se l’esplosione di idee e lo sbrilluccichio della produzione, generosa nel disporre a dedalo o a gioco di specchi le voci delle tre ragazze, a volte coprisse pezzi un po’ faticosi (“Sunk”).

Il complesso, però, regge, e il disco è uno di quelli che all’inizio non si rivela del tutto ma cerca che sia chi ascolta a scioglierlo e a salirne le altezze e le strambe architetture. Vale la pena provarci.

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