V Video

R Recensione

8/10

Dirty Projectors

Swing Lo Magellan

David Longstreth patriarca in casa Dirty Projectors, perentorio nel rimescolare le carte a proprio piacere, ad ogni nuova produzione (ultimo abbandono: la vocalist Angel Deradoorian; alle pelli, è la volta di Mike Johnson). Artista che, in un’epoca sprofondata nel frastagliamento, che è insieme omologazione, dei modelli culturali, impone a se stesso isolamento assoluto e intensa ricerca (anche esistenziale, alla faccia dell’iperattività odierna) per la stesura del nuovo album, “Swing lo Magellan”. E lo fa rifugiandosi in un ambiente protetto (Delaware County), fuori dalla portata urbana di una NY sempre (questo 2012 lo testimonia in modo sorprendente) molto fertile sotto l’aspetto qualitativo.

Ritrovarsi spiritualmente, tra gli obiettivi (tentativi di redenzione, in solitudine: bibbia e il Loner come compagni, chi più chi meno, salvifici), così come lo era il comporre quell’”album of song, album of songwriting” solo accarezzato nel recente passato – nel mezzo capolavoro di tre stagioni fa, “Bitte Orca”. Registrazioni e ancora registrazioni, tracciando coordinate comuni tra vecchio e nuovo sentire, un brano dietro l’altro: ottanta dalle sessioni. Scremate a dodici composizioni, alla fine; che nella gestalt sono forme estetiche a sé stanti, idiosincraticamente indipendenti, ben più scarne da quel che i nostri ci avevano finora abituati.

Ed è musica, quella raccolta in “Swing lo Magellan”, sì sempre libera di sperimentare, innovare ed innovarsi, ma che agisce attraverso il frontman in maniera meno indiscriminata, certamente più votata verso ideali di compattezza e idee (non proprio pure) di forma canzone.

Tanto è stato l’eclettismo (si veda, su tutti, il ribaltone alt di “Damaged”, con “Rise Above”) attraverso quella maniera avant pop/rock esclusiva utilizzata in passato - infarcita di suoni e coloriture istrioniche, e altamente cerebrali insieme; ma ora i newyorkesi si ripresentano con il loro lavoro più ‘pop’, segnato da un forte aumento del tasso melodico (discorso, a onor di cronaca, già intrapreso nel precedente disco). Non a caso si intuisce (e si dichiara esplicitamente) un approccio youngiano di esprimersi ("He writes these songs from his heart, and so what I have to do as a writer is just write songs from my heart" da un’intervista a Fader).

Una raccolta di canzoni, potremmo dire, sganciate da un qualsivoglia continuum concettuale; forme armoniose che contengono il caos e lo riducono, via spinte che si impongono, o (in misura minore, qui) cedono alle tendenze istintuali di Longstreth e soci. Nel mezzo, movenze ritmiche e beats dal tiro r’n’b, hip hop (Kanye West, Lil Wayne tra le influenze dichiarate) e al limite di certe procedure glitch (in “The Socialites”, unico brano cantato interamente dalla compagna Amber Coffman), unite a melodie ammalianti; stile chitarristico che rifugge i tecnicismi via imperfezioni e impurità consce, e armonizzazioni vocali (meno) esposte (rispetto a “Bitte Orca”), espanse e intense come sempre - benché utilizzate, qui, in misura minore. Il tutto, entro arrangiamenti in netta sottrazione, per stratificazione.

Apocalittica nelle sue visioni decadenti, nel suo essere minimale, e di rara lucidità post capitalistica (<<but now the banks all closed, and nothing gets bigger, the crowd will yet, but the…>>) “Gun Has No Trigger” usa accumulazioni e scariche tensive (nelle armonizzazioni vocali, nel cantato di Longstreth, o nel basso a chiudere le strofe) in maniera pressoché perfetta. Ammaliante, davvero, e dal tocco agreste lo sboccio melodico (Longstreth nelle vesti del miglior Young acustico, come immagine) di “Swing lo Magellan”. E nelle convulsioni ritmiche (tra l’acquatico e il tribale) su groove r’n’b in “About to Die” (e l’ariosità, sfarzosa e ‘inopportuna’, di archi: un altro omaggio al canadese?) si avanza attraverso hand clapping strutturati, aderenti e giocosi in “Just from Chevron” e “Dance for You” (quest'ultima, dichiaratamente ispirata da certo raggea/hip hop jamaicano, molto scheletrico - sentire, su tutti, Gyptian). Intensa, su tutte, la ballata guidata dal piano “Impregnable Question” (con quel suo meraviglioso, da stretta al cuore, movimento centrale sul vuoto; che vorresti non finisse mai), mentre è summa pop “Unto Caesar”, tra vecchio e nuovo stile dirtyprojectiano. Il disco prende il via con le roboanti distorsioni di “Offspring are Blank” ("I think of it kind of a grunge song"), e da lì in poi è gloria senza soluzione di continuità, fino alla presa di coscienza artistica di “Irresponseble Tune” (<<With our songs we are outlawed, with our songs we're alone; but without songs we're lost>>)

 

Concluso il disco, poco altro da aggiungere. Nella mente, questa certezza: Longstreth tra i pionieri del linguaggio pop contemporaneo; “Swing lo Magellan” lo certifica, definitivamente.

 

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 12 voti.
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sfos 4,5/10
Kid_Ale 9,5/10
motek 5,5/10
bonnell 6,5/10
REBBY 6/10
gull 7,5/10
cnmarcy 7,5/10

C Commenti

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salvatore (ha votato 9 questo disco) alle 10:36 del 31 luglio 2012 ha scritto:

Che discone! In questa virata pop (che poi loro pop lo sono sempre stati) hanno realizzato il loro capolavoro. C'è davvero di tutto e David Longstreth è un genio: è ufficiale!!! Accelerazioni e rallentamenti continui che ti fanno venire le vertigini, intrecci vocali celestiali, folk e R&B che si fondono e diventano la stessa cosa e poi la sperimentazione a servizio del pop (per me il massimo). Un dolce delirio, un labirinto dove smarrirsi intenzionalmente con la certezza di stringere tra le mani il filo di Arianna della melodia perfetta. Per sentirsi un po' Teseo, per sconfiggere il Minotauro Lo ascolto ininterrottamente da settimane e sono contento di condividere questo entusiasmo con te Mauro! E la recensione è davvero ricca e bella! Without any doubt, nella mia top 5 (3?) del 2012!

Lezabeth Scott alle 17:42 del 31 luglio 2012 ha scritto:

A me piace molto di più di quello prima!

Franz Bungaro (ha votato 8 questo disco) alle 18:33 del 31 luglio 2012 ha scritto:

Sono ai primissimi ascolti, ma già sento una asfissiante puzza di capolavoro. Ripasso per il voto. Bellissima la rece!

hiperwlt, autore, alle 19:13 del 31 luglio 2012 ha scritto:

bene Sal, anche quest'anno abbiamo trovato il "nostro" disco ehehe nelle mie, di preferenze, ha surclassato "trst" e "kill for love"...insomma, è al primo posto grazie a te, e a Franz! ps: colgo l'occasione per informare, non avendolo scritto nella recensione, che a settembre vedrà la luce il film di longstreth (sulla scia, e tra gli altri, su ispirazione di "runaway" di kanye west) "hi custodian", sulle musiche di "swing lo magellan"...qui il trailer

sfos (ha votato 4,5 questo disco) alle 20:18 del 31 luglio 2012 ha scritto:

A me invece non è piaciuto per niente. Ancora canzoni che giocano a nascondino, come in Bitte Orca, evitando anche un minimo contatto con una forma canzone accettabile, ma rispetto al precedente la produzione (che era uno dei pochi punti forti di quel disco) è pure più approssimativa. Non riesco a scorgere un progetto compiuto, solo canzoni sbrigative e mal assemblate. Sono ancora lontani dal livello di rigetto che ho per altri artisti freak-indie, ma stanno facendo il di tutto per allinearsi ai loro standard.

Franz Bungaro (ha votato 8 questo disco) alle 10:47 del 3 agosto 2012 ha scritto:

Un ascolto ininterrotto dell'album negli ultimi 4 giorni mi porta alla seguente conclusione: Le prime 3 tracce sono strepitose, tra il 9 ed il 10. Poi c'è un calo da 6,5 (Swing lo magellan) e 7 (Just from Chevron). Dance for you è da 8. Poi tutto 6,5/7 eccezion fatta per la splendida Unto Caesar, alla quale do 8,5. La media è 8, credo, o giù di lì! Creo una nuova cartella di musica sul mio PC, la chiamo "orchestral math step", perchè c'ho visto uno splendido frullato di Soul Step (Blake), Math Rock (Battles) ed il pop orchestrale di Sufjan Stefens. Nella mia Top Ten di quest'anno.

target alle 18:45 del 12 agosto 2012 ha scritto:

Niente. Io ci provo ogni volta con i Dirty Projectors. Ma dopo questa, dopo esserne uscito male anche di fronte a quello che dovrebbe essere il loro album di "canzoni", ci rinuncio. I Dirty Projectors non fanno per me. Epperò ogni tanto mi parlano ("Impregnable question"). Ma sono eccezioni. Dove loro sembrano esaltarsi, a me viene per lo più da posare le cuffie con stizza ("Maybe that was it", "See what she seeing", "Unto Caesar" ecc). Pace. Qua, Mauro, noi due si diverge...

Cas alle 19:17 del 12 agosto 2012 ha scritto:

Eheh, io invece non ci ho mai provato: questa è la prima volta che approccio i Dirty Projectors e devo dire che mi intrigano, anche se capisco benissimo le tue perplessità, targ. Gruppo ostico, scostante (quelle armonie vocali o le ami o le odi). Ora come ora sono in bilico: possono diventare l'ascolto maniacale che mi tormenterà da qui fino a dicembre oppure finire nel dimenticatoio. Vedremo come andrà a finire...

hiperwlt, autore, alle 20:12 del 12 agosto 2012 ha scritto:

ahaha, fa quasi notizia, Fra "maybe that was it" e "see what she seeing" i due episodi più deboli, credo.;per il resto, si diverge sì

rdegioann452 alle 8:25 del 15 agosto 2012 ha scritto:

non posso votare perché non l'ho ascoltato a dovere, ma solo a spezzoni, tuttavia devo dire che non mi attira granché, forse perché trovo che si mischi molto ma in modo "grezzo".

salvatore (ha votato 9 questo disco) alle 19:51 del 21 settembre 2012 ha scritto:

Nuovo video per i Dirty Projectors: About to Die

REBBY (ha votato 6 questo disco) alle 16:33 del 2 novembre 2012 ha scritto:

Curioso il fatto che nonostante questo voglia essere, fin dalle intenzioni, l'album più pop di Longstreth, manchi assolutamente del "singolone esagerato" (Stilness is the move/Two doves) che aveva caratterizzato invece Bitte Orca.

gull (ha votato 7,5 questo disco) alle 18:26 del 5 dicembre 2012 ha scritto:

Con colpevole ritardo provvedo a votare questo che è stato uno degli ascolti migliori del mio 2012.