Korallreven
An Album By Korallreven
A due anni dall’uscita del primo singolo e dopo svariati 7 pollici, esce finalmente l’album dei Korallreven – il cui titolo autoreferenziale sottolinea la sua natura quasi inattesa. Formati da Daniel Tjäder (tastierista dei Radio Dept.) e Marcus Joons, i Korallreven in effetti sono da subito entrati nell’etereo manipolo di band svedesi sfuggenti, pigre, sonnolente, pronte a pubblicare singoli in serie per poi sparire misteriosamente. Dai jj ai The Tough Alliance, dai The Embassy agli Air France, la scena dream pop e balearica svedese è piena di questi fiumi carsici, il cui problema è che finiscono per dare sempre meno di quanto avrebbero potuto.
Ecco, l’album dei Korallreven conferma questo andazzo. Mentre lo spettacolo dei vecchi singoli rimane intatto, il materiale nuovo annacqua, per un risultato troppo incorporeo. Tra i pezzi già editi, spicca “Honey Mine”, cantato da Victoria Bergsman (The Concretes, Taken By Trees): roba da ultimi Radio Dept. in versione revival primi ’90. Piani e tastiere ibizenche, textures color latte, riffettini electro-soft che sbucano da congas e chitarre acustiche Saint Etienne, onde mediterranee di echi melodici in vaga nostalgia: dove uniscono l’istinto indie pop scandinavo e la patinatura latina, i Korallreven creano piccole perle (“Loved Up”, “The Truest Faith”, “Comin’ Closer”) che di questi tempi solo i Keep Shelly In Athens sanno dispensare con tanta solarità.
È dove lo strumentale domina e si cerca il trip chillwavico che il disco perde intensità. Tra gli ipnotismi di “As Young as Yesterday” e “Sa Sa Samoa”, in una deriva tropical-spirituale quasi ambient, come negli schizzi reprise di “Pago Pago” e “A Surf on Endorphins” o nel mantra sognante di “Keep Your Eyes Shut”, si cade troppo spesso nell’artificio lussureggiante dal respiro un po’ breve. Se viaggione equatoriale dev’essere, lo sia almeno con tutte le trovate psichedeliche del caso, come nei nove minuti finali di “Comin’ Down”, con eccellente chiusa andina, in uno stile di new age riveduta di grande efficacia.
Roba, comunque, ce n’è, per arricchire un quadro di evasioni baleariche che nel 2011 è già stato sostanzioso (anche Shine 2009, e prima ancora ceo, Delorean), nella speranza che questo sia davvero an album, e non the album, dei Korallreven.
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