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R Recensione

7/10

FFS

FFS

Alla fine ce l’hanno fatta. Fin dal 2004, ossia dai tempi di “Take Me Out”, gli Sparks (che facevano musica da qualcosa come 35 anni) avevano provato a convincere i Franz Ferdinand (neonati) a collaborare a un progetto comune, e per persuaderli avevano inviato loro un pezzo (“Piss Off”) pieno della loro ironia già nel titolo. Ma fu impossibile combinare: la band scozzese era sull’ottovolante, e non aveva né tempo né probabilmente ragioni per infilarsi in un simile progetto. Dieci anni dopo, in compenso, in un paradigma musicale ormai cambiato e non più così favorevole ai quattro di Glasgow, è arrivato il momento giusto: e il rilancio reciproco è servito. Gli FFS (l’acronimo per “for fuck’s sake”, oltre che la somma delle iniziali rispettive) sono formati, e ciò che ne esce non è un singolo ma un album intero (di 16 pezzi nella versione deluxe), non un supergruppo estemporaneo ma, almeno stando alle attuali dichiarazioni dei Mael e di Kapranos, una nuova band vera e propria, a cui dare seguito.

Hanno tutti insistito, da una parte e dall’altra, nelle numerose interviste con cui hanno promosso il disco, a sottolineare che “FFS” non nasce da una semplice somma di Franz Ferdinand e Sparks, tanto che, a detta loro, sarebbe impossibile discernere cosa sia FF e cosa S nel suono e nell’attitudine dell’album. Ognuno, ha dichiarato Ron Mael, ha rinunciato a qualcosa di sé per amalgamarsi con l’altro. Come potevano, d’altronde, dichiarare il contrario? Cioè, in sostanza, la verità: che questo è in tutto e per tutto un disco degli Sparks suonato assieme ai Franz Ferdinand? Un bel disco degli Sparks, peraltro.

Poche, e comunque riuscite, le tracce in fase compositiva di Kapranos e soci, sostanzialmente ridotte alla snervata ma arguta “Things I Won’t Get” (canta Nick McCarthy) e alla ballata noir A Little Guy From the Suburbs”, ma ciò non significa che il loro apporto, per il resto, sia marginale. Anzi. Sono decisivi, lungo tutto il disco, nell’agghindare al meglio i deliri operistici di Russell Mael, nel dare sostanza alle nuove schizoidi sfuriate glam post-“This Town Ain’t Big Enough For Both of Us” (“Dictator’s Son”, “Save Me From Myself”, ossia Sparks al cubo: un piacere fisico risentirli così, con pezzi che davvero in “Kimono My House” o “Propaganda” avrebbero potuto starci tutti), nel dare giusta forma ai barocchismi e alle interpolazioni folli cui i Mael tenderebbero, nel mettere i beats laddove e come serve: la trascinante “Johnny Delusional” o la gustosamente ambigua “Call Girl” funzionano, così come la nipponizzante e più sintetica “So Desu Ne” (ah, quel kimono…), proprio grazie alla robusta sezione ritmica di Hardy e Thomson.

La miscela ha qualche intoppo solo dove Kapranos e Russell, che quasi in ogni pezzo duettano alla voce e si alternano in modo riuscito, si sovrappongono per effetti troppo caotici (vd. la pur divertente “Police Encounters”) o dove i due losangelini insistono troppo nel gusto per la ripetizione che da 15 anni a questa parte hanno eretto a vera e propria arte, spesso annoiando (“The Power Couple”). Menzione speciale, invece, per i testi, tutti indubitabilmente segnati dal wit sparksiano, per cui un pezzo si può chiamare “Collaborations Don’t Work” (sei minuti continuamente cangianti di operetta barocca), Sartre viene citato due volte, assieme a De Kooning, Frank Llloyd Wright e molti altri, le rime non sono mai meno che fantastiche, i giochi di parole abbondano, e rimandi colti, gusto pop e opera buffa si intrecciano senza sosta.E' pop suonato con le chitarre, tutto sommato: ma meglio e con più intelligenza di chiunque altro lì fuori. Assured.

Sono di parte, naturalmente, nutrendo per gli Sparks adorazione incondizionata. Ritrovarli così nel 2015, quando il loro esordio reca scritto 1971, è stupefacente. Il disco funziona. Diverte. Anche nelle tracce extra (l’ironia sul suicidio di “So Many Bridges” soprattutto). E la doppia rinascita inattesa fa sperare che non sia finita qui.

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Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 7 voti.
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Lepo 8/10
krikka 7/10
Clabbio86 7,5/10
unknown 7,5/10
REBBY 7,5/10

C Commenti

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fabfabfab alle 13:17 del 13 giugno 2015 ha scritto:

E' bellissima questa cosa, intendo come concetto. Cerchi che si chiudono e quadrati che quadrano.

Sor90 alle 14:56 del 13 giugno 2015 ha scritto:

Francesco mi sparerà a vista, ma ci sarebbero voluti più Franz Ferdinand ad arginare gli Sparks, bel disco comunque

target, autore, alle 15:14 del 13 giugno 2015 ha scritto:

Eheh, no, figurati, capisco benissimo la prospettiva. Vedo un po' ovunque che chi seguiva di più i Franz Ferdinand (spesso senza aver mai sentito parlare degli Sparks) sta facendo un po' di fatica a digerire certi stilemi e certe attitudini. Normalissimo. Sempre detto che gli Sparks sono un ascolto spesso imbarazzante.

Sor90 alle 18:12 del 13 giugno 2015 ha scritto:

E' che gli Sparks sono, come dire, eccessivi ghgh (eppure sai bene quanti ami un disco eccessivo come "Limbo Panto").

Volendo tornare a fare i nerd, è sorprendente quanto le linee vocali più pompate di certi FF degli inizi possano ricordare quelle di quest'album, dove invece la materia è principalmente Sparks. Vi ricordate il finale di "Darts of Pleasure"?

Lepo (ha votato 8 questo disco) alle 12:16 del 14 giugno 2015 ha scritto:

Per me invece è esattamente il contrario ai FF ha giovato molto la collaborazione con gli Sparks, ha donato loro nuova linfa vitale, come giustamente scritto nella recensione, dato che in questo momento il suono dell'indie rock non è più così assimilabile a quello degli scozzesi. Con questo miscuglio tra new new wave (anche se io preferisco sempre chiamarlo indie rock anni '00 eheh) e operetta barocca i sei hanno creato un qualcosa di completamente a se stante, cosa che puntualmente succede quando ci sono di mezzo i Mael! Più presenti questi ultimi nel songwriting, ma anche i Franz sicuramente devono aver detto la loro (Call Girl, con quel suo refrain irresistibile, non può che provenire dalla loro penna). Un album comunque pieno di grandi canzoni,tanto che faccio fatica a stabilire quali siano le mie preferite: di sicuro quella che mi ha incuriosito di più è So Desu Ne, che a me ricorda molto da vicino i mai troppo celebrati Late Of The Pier.

hiperwlt alle 16:22 del 14 giugno 2015 ha scritto:

Mi sta piacendo! Prevalgono gli Sparks nell'impostazione glam/art, e i Franz Ferdinand mi sembra che incidano più nel contorno e a compattare il disco. Per ora idee vaghe e qualche bel momento che riascolto ("Call Girl"; "So Desu Ne", che oltre ai Late of The Pier può ricordare qualcosa dei Metronomy primissima maniera). Ripasso

Dr.Paul alle 14:08 del 26 giugno 2015 ha scritto:

http://www.canalplus.fr/c-musique/c-musique/pid5065-live-du-grand-journal.html?vid=1282097

ancora qualcuno ha dubbi sulla superiorità culturale musicale schiacciante della francia nei nostri confronti? noi stiamo ancora con gli speciali su fedez....

Totalblamblam (ha votato 7 questo disco) alle 19:44 del 12 ottobre 2015 ha scritto:

ma taci che anche la vartan era bulgara ghhghg sto disco è proprio fico non pensavo sarebbero riusciti nell'impresa di tenermi incollato alle cuffie per tutto l'ascolto

zagor alle 20:23 del 12 ottobre 2015 ha scritto:

nelle cose inutili tipo il rugby sono sicuramente superiori i francesi LOL

unknown (ha votato 7,5 questo disco) alle 20:42 del 12 ottobre 2015 ha scritto:

per me questo disco è una gran figata proprio perchè è più sparksiano che franzferdinansiano

REBBY (ha votato 7,5 questo disco) alle 18:40 del 12 giugno 2016 ha scritto:

Si, la collaborazione funziona. Non una semplice somma, ma una riuscita fusione.