Gene
Olympian
AAA nuovi Smiths cercasi: se a questo ipotetico annuncio (un S.O.S. lanciato dai fan disperati per lo scioglimento) avessero risposto i Gene, sarebbero stati presi allistante. Altro che le faremo sapere, sarebbe stata unoccasione da cogliere al volo. Si, perché nel 1995 questo quartetto formatosi a Londra due anni prima, sforna un lavoro eccezionale ed indissolubilmente legato alla band di Manchester, ma che dimostra una capacità di scrittura e uninventiva melodica di tutto rispetto.
La voce calda di Martin Rossiter, sebbene più graffiante e a tratti incerta, non può che ricordare quella di Morrissey, così come la romantica vena poetica dei testi. E così lopening track Haunted by You, fornita di un ritornello indimenticabile e che ironicamente parla di un amore non più corrisposto, ha lincedere jingle-jangle di una Panic, però trasposta nei rampanti anni del britpop. Lo si avverte dalla chitarra di Steve Mason che, più che di dipanarsi in arpeggi tintinnanti e toni delicati (come avviene in Still Cant Find the Phone) si concede a riff e assoli decisamente nineties, spesso intervallati da sezioni più placide e acustiche. Questa alternanza distingue il marchio di fabbrica Gene, caratterizzando una buona parte dei brani; un esempio è Your Love It Lies, che parte con un morbido fraseggio di chitarra su cui si poggia la voce di Rossiter per poi esplodere nel ritornello rifinito dallorgano. Truth, Rest Your Head segue lo stesso schema e offre la miglior prova di Mason nel disco, grazie a un assolo dal gusto molto Suede.
A Car That Sped introduce il pianoforte, strumento che insieme allorgano rifinisce perfettamente le canzoni dellalbum e che nella title track riveste un ruolo fondamentale nel renderla una degli high-lights dei 90 inglesi. Olympian è infatti unemozionante ballata con una melodia da classico istantaneo, ed è il pezzo più curato dellalbum in termini di arrangiamento, arricchito oltre che dallorgano e dal pianoforte poetico, anche da violini tremolanti che contrastano con la durezza degli accordi stoppati della chitarra sul climax emotivo della canzone. Buona parte della fama dei Gene è dovuta a questo piccolo capolavoro, oltre che a London, Can You Wait? disperata ballata elettrica sulla perdita di una persona che si ama. Canzoni come Left Handed e To The City nelle parti più tirate possono, invece, richiamare alla mente dei The Jam smussati, ampliando i riferimenti.
Da menzionare la sezione ritmica: il basso melodico di Kevin Miles e soprattutto il drumming vario e raffinato del batterista Matt James forniscono alle canzoni un tocco di classe in più. I Gene, daltronde, la classe ce lhanno e lo dimostrano infilando un pezzo perfetto dietro laltro, in particolare la prima metà del disco mantiene un livello fra i più alti nel genere e nel periodo; un susseguirsi di atmosfere malinconiche, di notti insonni a causa di pene damore, di ricordi felici che riaffiorano alla mente. Una malinconia agrodolce che pervade anche i ritornelli allapparenza più solari. Non fatevi ingannare dai titoli o dalla copertina molto Smithsiani, i Gene non sono dei meri imitatori (o per lo meno sono degli ottimi imitatori) e nellanno dellapogeo del Britpop hanno tirato fuori un lavoro che magari si discosta dal mood in voga allepoca, ma che merita una chance.
Per gli amanti del genere, per gli amanti degli Smiths, ma non solo.
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