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R Recensione

8/10

Gerard Way

Hesitant Alien

“Il rock sta morendo, la musica per chitarre non tira più, lasciala perdere.”

E’ stato grossomodo questo che si è sentito dire Gerard Way, eccentrico ex frontman dei My Chemical Romance, dalla propria casa discografica, quando si accingeva a proporre questo suo ultimo lavoro, un disco di brit pop deflagrato da tonnellate di fuzz. Sì, esatto, il prosecutore delle gesta di Albarn, Anderson, Cocker &co. sembra essere proprio il folletto yankee che, con la sopra menzionata band, ha fatto breccia nel cuore di milioni di ragazzi e ragazze, quasi esclusivamente teenager, in tutto il globo, creando uno dei fenomeni generazionali più massivi degli anni ’00. Ora, tanto per mettere in chiaro le cose, di sicuro con quel progetto, fatto di emo, punk e pop frullati in canzoni ora nevrasteniche, ora epiche, non ha fatto breccia nel mio, di cuore, ma i risultati ottenuti in questo Hesitant Alien sono a dir poco stupefacenti ed inaspettati. Sebbene già nell’ultimo disco dei MCR, Danger Days: The True Life Of The Fabolous Killijois, ci fosse un tentativo, qua e là discretamente riuscito a dire il vero, di rifarsi ad un certo periodo storico, permaneva tuttavia una patina produttiva e compositiva pop-rock da hit parade, che qui viene del tutto superata. 

Giunto ad un punto di non ritorno nella propria vita, totalmente incapace di gestire le pressioni che si riversano su chi deve tenere le redini di una band multimilionaria e sprofondato perciò in una crisi alcolico-depressiva, Way ha fatto semplicemente quello che voleva. Ha affermato, tramite questo disco che, la musica per chitarre non è morta. O, meglio, forse è vero che sta morendo, ormai le proposte che vanno la maggiore sono completamente imbevute di laptop e sintetizzatori, ma ciò che dall’ascolto di questi 11 pezzi si coglie è che ancora non si è trovato niente che sia capace di prenderti a pugni in faccia nella stessa maniera in cui lo fa lo stridore tipico della sei corde, che in quest’album viene trattata e filtrata tramite mille tipi differenti di fuzz, overdrive, riverberi ed altre impossibili manipolazioni da studio. Occhio infatti a non considerare Hesitant Alien come un disco conservatore: esso è piuttosto l’affermazione estrema del concetto di base espresso poche righe sopra; la distorsione e le dissonanze si mangiano ogni suono e in alcuni pezzi si crea un frastuono totalizzante che investe anche la produzione di batteria e voce (quest’ultima, come vedremo, in certi casi davvero irriconoscibile in quanto tale). 

Paradigmatico è stato dunque il primo singolo dell’album, la magnifica No Shows, indubbio apice dell’album e, probabilmente, anche della carriera di Way. Canzone dal piglio glam rock, praticamente dei T Rex sperduti nei pressi di qualche cantiere industriale suburbano, è un’unica, monolitica, mitragliata di fuzz scaricata in petto all’ascoltatore senza troppo ritegno. Semplicissima nella struttura e negli accordi, sostenuta da un’ossessivo e primordiale andamento ritmico, nonostante gli arditi esperimenti sonori (non avessi visto il videoclip non sarei mai arrivato a capire che al minuto 3:16 partono degli la la la, talmente è saturata la voce), non rinuncia all’afflato melodico, anzi, si tratta di un inno accorato, lacerante e fortemente emozionale, proprio come la Common People da cui probabilmente prende la maggiore ispirazione. Un piccolo capolavoro.

Se No Shows è, come detto, lo zenit di Hesitant Alien, il resto delle tracce non è affatto da meno, tanto in termini di ispirazione compostiva, quanto di varietà stilistica e di ricerca sonora. Solo due gli episodi un po’ sbiaditi, ovvero la punkeggiante Action Cat, contentino per i fan di vecchia data, non a caso altra traccia utilizzata per fini promozionali, episodio pertanto abbastanza anomalo nella scaletta e la scialba How It’s Going To Be, che vorrebbe essere un brillante uptempo melodico, ma scivola in un costrutto abbastanza prevedibile (eccezion fatta per il bell' arrangiamento di fiati nel finale). Per il resto, è tutto rose e fiori: dall’iniziale The Bureau, apertura tanto lasciva quanto d’impatto, nelle sue divagazioni pregne di flanger, all’arrembante tripudio di chitarre, cori angelici e melodie british della tirata traccia conclusiva, Maya The Psychic, non c'è una canzone non riuscita in questa scaletta. Scaletta che risulta di grande efficacia nell'alternare una prima parte fatta di canzoni più orecchiabili, in cui spicca, oltre alla già citata No Shows, una Millions che forse più di tutte le altre dimostra la brillantezza e la facilità di scrittura di un autore pienamente consapevole di sè e a suo agio nelle sue nuove vesti (vi sfido a togliervi dalla testa i riff di chitarra e i ritornelli falsettati, tanto immediati da sembrare quasi banali, ad uno che non abbia mai provato a comporne uno, s'intende) ad una seconda metà comprendente momenti più duri o densi di pathos. Alla prima categoria si possono ascrivere le sassate quasi industrial della distopica Zero Zero, carro armato sostenuto da una batteria, nuovamente satura di distorsioni, che è pura dinamite, e le bordate in bilico fra noise e tensione post punk, della vagamente Manicstreetpreacheriana Juarez. Nella seconda, invece, ci va dritto il secondo momento topico dell'album, ovvero la ballad intrisa di straziante melanconia e di impressioniste chitarre shoegaze, Drugstore Perfume, davvero una canzone d'altri tempi, visto che in pochissimi al giorno d'oggi sembrano in grado di scrivere con tale grazia estasiata; miglior dedica alla propria compagna e al sentimento che li lega il nostro Gerard non poteva realizzarla. 

Infine, un posto tutto suo si merita Get The Gang Together, praticamente un tributo ai Mansun, tanto è palese l'ispirazione della band di Draper. Ma non stiamo qui a farci le menate su plagi, controplagi, retromania, ecc.: il pezzo è bellissimo e poi si copiano i Mansun, mica i Queen, eh...

Se proprio il rock deve morire, dunque, e, ahimè, di morte lenta, che almeno lo faccia con dischi come questo; che ci ricordi, insomma, di essere qualcosa di fondamentalmente insostituibile. Noi, intanto, nel nostro piccolo, speriamo che le dinamiche di mercato non uccidano- artisticamente- il rosso quasi quarantenne Gerard Way del New Jersey: sarebbe un vero peccato, è più in forma che mai.

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Voto degli utenti: 7,1/10 in media su 9 voti.
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REBBY 5,5/10
Lepo 8/10
loson 7,5/10

C Commenti

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Lepo, autore, (ha votato 8 questo disco) alle 15:49 del 11 novembre 2014 ha scritto:

Non è piaciuto proprio a nessuno in questo covo di britpoppari questo album??

Senzanome alle 15:10 del 15 agosto 2015 ha scritto:

Non male come album (forse lo prenderò pure in LP), ma diciamo che il brit pop non si sente in modo così tanto "evidente" (anche se devo dire che un paio di canzoni mi hanno ricordato gli Oasis nel periodo di "Standing On the Shoulder of Giants" dato che ogni tanto l'artista faceva sentire un po' di psichedelia in alcune tracce); senno a parte questo, a me è ben piaciuto questo album

Lepo, autore, (ha votato 8 questo disco) alle 14:03 del 16 agosto 2015 ha scritto:

Io onestamente fatico a non sentircelo il brit pop invece e non tanto gli oasis, quanto blur, pulp, supergrass (questi soprattutto, faccio mea culpa per non averli menzionati nella recensione), a tratti anche suede e mansun... Poi chiaro, la componente punk-emo che contraddistingueva i MCR non se n'è andata del tutto, ma la fusione tra la stessa e un'estetica glam non può che farmi pensare ai fasti degli anni novanta britannici!

Contento ad ogni modo che ti sia piaciuto il disco!

Senzanome alle 18:12 del 17 agosto 2015 ha scritto:

Si è vero, ai Blur non ci avevo pensato (gli altri gruppi non gli conosco anche se proverò a sentire qualcosa)

Comunque complimenti per la recensione

Lepo, autore, (ha votato 8 questo disco) alle 19:17 del 17 agosto 2015 ha scritto:

Ti ringrazio! Comunque devi assolutamente recuperarti qualcosa, il britpop è uno dei più grandi movimenti degli ultimi due decenni, quantomeno! ti possono venire in aiuto le molte recensioni bellissime presenti anche qui, scritte da gente molto più competente di me!

Senzanome alle 7:19 del 18 agosto 2015 ha scritto:

Sono d'accordo con te (anche se ultimamente non ho molto tempo, troverò sicuramente il tempo per ascoltarmi gli album dei gruppi che mi hai citato)

zagor alle 16:00 del 11 novembre 2014 ha scritto:

sarà che è britpop americano, puzza un po'...come il grunge inglese dei Bush LOL..scherzo non l'ho ascoltato e non so giudicare, recensione molto accurata però, bravo.

Lepo, autore, (ha votato 8 questo disco) alle 16:18 del 11 novembre 2014 ha scritto:

Secondo me è il peso dei MCR che scoraggia l'ascolto, anche io all'inizio ero restio eheh... Comunque grazie!

Cas alle 17:24 del 13 dicembre 2014 ha scritto:

bel disco! sono al secondo ascolto e ce ne saranno sicuramente altri.

che poi a me "I'm Not Ok (I Promise)" piaceva un botto

Marco_Biasio alle 17:37 del 13 dicembre 2014 ha scritto:

Secondo me tutti abbiamo passato una micro-fase My Chemical Romance, all'epoca erano visti un po' anche come la risposta di "nicchia" (virgolette d'obbligo) ai Green Day di American Idiot. Ricordo che mi piacque anche The Black Parade, non so come

Lepo, autore, (ha votato 8 questo disco) alle 19:46 del 13 dicembre 2014 ha scritto:

il paradosso è che io che ho recensito questo album all'epoca di black parade non li tolleravo proprio ahahah! Mi sono poi andato a recuperare gli altri album dei MCR sicuramente il mio prediletto è Danger Days

Detto ciò, sicuramente roba di lusso rispetto ad American Idiot, una delle piaghe musicali della mia generazione ghghgh

REBBY (ha votato 5,5 questo disco) alle 14:00 del 13 marzo 2015 ha scritto:

A me il brit-pop piace, in particolare Albarn (sino ai giorni nostri), non ho pre-giudizi da scontare (non conosco nulla dei MCR, almeno consapevolmente) e non credo che la musica per chitarre sia morta. Lo stesso questo mi sembra album mediocre (e secondo me lo sarebbe stato anche negli anni 80, non solo 90). Salverei un 45 con No shows/Drugstore perfume, comunque carino, non di più.

Lepo, autore, (ha votato 8 questo disco) alle 17:09 del 13 marzo 2015 ha scritto:

La musica per chitarre non sarà morta, ma se facessimo un sondaggino presso gli adolescenti (per lo meno europei-americani), verrebbe fuori che i gruppi rock ascoltati dalla stragrande maggioranza di questi sono proprio pochi e negli ultimi anni la quantità di canzoni con un apporto chitarristico predominante che hanno avuto un enorme successo è andata scemando, anche vistosamente. Ora, io spero sia solo una fase, ma di sicuro l'opinione che circola nel business musicale negli ultimi tempi è proprio questa...

REBBY (ha votato 5,5 questo disco) alle 19:04 del 13 marzo 2015 ha scritto:

Capisco cosa vuoi dire, non voglio negare un evidenza statistica e neanche intendevo contrappormi alla tua affermazione, in senso generale (volevo dire che per me, non per gli adolescenti, è vivo). E non ho bisogno di fare sondaggini presso adolescenti, ne sto crescendo uno, l'avevo già fatto con la più grande (ora ha vent'anni ed apprezza anche le chitarre eheh), so come funziona. Comunque anche se la maggior parte degli attuali adolescenti non apprezzasse il rock, come in passato, non vuol dire che sia destinato a morire. Per prima cosa i ragazzi magari crescendo possono fare come mia figlia (ovviamente non è che ascolta solo rock eh)...., hai visto mai eheh, ma soprattutto anche se una musica non è destinata alle masse, ma a delle nicchie, non vuol dire necessariamente morte certa, anzi.

Lepo, autore, (ha votato 8 questo disco) alle 19:27 del 13 marzo 2015 ha scritto:

Intanto mi scuso se posso essere risultato insolente con l'espressione "facessimo un sondaggino presso gli adolescenti...", non era mia intenzione. In seconda battuta, nemmeno per me il rock è morto, ci sono ancora un sacco di band di oggi per chitarre che mi piacciono molto, alcune le adoro, però il punto è che se un certo tipo di musica non vende molto, sarà molto difficile che le case discografiche, i produttori, ecc. continuino a farla suonare. E infatti non è un caso se sempre più spesso gruppi giovani (specialmente inglesi, purtroppo) si trovano costretti a sciogliersi dopo un album o due... Poi, per carità, io non sono catastrofista, sono ancora un po' troppo giovane per questo, la mia recensione era più una risposta a chi ritiene appunto il rock come un genere ormai superato dai tempi e senza più nulla da dire, proprio perché io, a differenza tua, ho apprezzato moltissimo quest'album e i suoi suoni così spigolosi e rumorosi . Vedo che almeno sui pezzi preferiti però siamo d'accordo!

REBBY (ha votato 5,5 questo disco) alle 20:37 del 13 marzo 2015 ha scritto:

Ma no, non ti ho percepito insolente. Inevitabile una certa "secchezza" con questo media eheh

Esser d'accordo su quali siano i pezzi più belli non è cosa da poco

Comunque, rispetto ai tempi in cui ero io adolescente (anni 70) oggi è molto più facile incidere un album e addirittura, grazie al web, pubblicare la propria musica senza neppure aver fatto un disco. E poi molti tra i capolavori del rock appena usciti non hanno venduto un piffero, eppure oggi sono immortali.

loson (ha votato 7,5 questo disco) alle 15:16 del 16 agosto 2015 ha scritto:

Dei MCR mi piaceranno tipo tre-quattro pezzi, a stare di manica larga. Questo invece è parecchio accattivante, la "veste" per me più congeniale a Way e grazie alla quale il suo talento (finalmente) brilla. Pulp e Supergrass è davvero arduo non sentirceli, in questo "Hesitant Alien", e per fortuna! Molto bella la recensione, Giacomo.

Dario Diem (ha votato 9 questo disco) alle 18:37 del 16 agosto 2015 ha scritto:

Gli MCR non li ho mai visti come uno dei gruppi peggiori degli anni 2000 (e se per questo neanche i discutissimi Linkin Park), però sia chiaro, gli MCR non sono fenomeni, sono bravini, però qua Way si è espresso alla stragrande, lo voglio premiare.

Per quanto riguarda alla discussione "Le peggiori band anni 2000" direi che Green Day, Tokyo Hotel, Blink-182, Simple Plan e Good Charlotte abbiano molto molto molto molto meno talento rispetto agli MCR e Linkin Park (una delle band più sottovalutate di sempre).