Pulp
This is Hardcore
Intontiti dai fasti del successo di “Different Class” e stanchi dell' etichetta britpop che la stampa gli aveva cucito addosso, i Pulp escono dal tunnel della camuffata spensieratezza dei primi anni '90 per presentarsi al pubblico sotto una veste meno scanzonata e più “matura”, non per niente il titolo “This is hardcore” è eloquente dell' intento del gruppo.
Il lavoro in questione è l'ennesima conferma che Cocker e soci possono fare con le note quello che vogliono cadendo sempre in piedi e con questo disco danno lo smacco a quella famosa storia che li aveva incastrati in una corrente musicale che hanno sempre disprezzato.
L'abbandono dal gruppo del chitarrista Russell Senior al quale subentra il virtuosista Richard Hawley, grande amico di Cocker, non lascia i Pulp indifferenti e ormai orfani di un amico che aveva vissuto con loro fin dall'inizio stenti di successi e fama internazionale introducono quel pessimismo che si ripercuote inevitabilmente su uno dei loro capolavori.
Le note che infatti accompagnano la parte portante del disco si possono già percepire visivamente dalla copertina erotic-noir del cd, il più eterogeneo della band. The fear introduce il tutto travolgendo all' istante l' ascoltatore in un limbo nebbioso dove una chitarra elettrica straziata lentamente fa da sfondo a tutta la canzone mentre i cori sul ritornello incombono accanto alla voce minacciosa di Cocker che grida le paure nascoste dell' uomo. Per contrappasso però si snoda subito dopo Dishes, sulla possibilità che qualcosa può cambiare, in cui si fa spazio alle tastiere della Doyle che compongono un'atmosfera da swinging london dai toni delicati e rarefatti che si accendono sul finale grazie alla voce del leader indiscusso.
Ritmi chitarrosi e dancehall battenti sono poi scatenati da Hawley e dal basso di Mackay nella martellante Party Hard, ma l' adrenalina è subito sfumata dalla superba composizione jazzante di Help the aged, singolo raccogli-fondi destinata ad un'associazione per gli anziani. Terminata l' altalena di emozioni, sfregia il disco in due parti la title track, “this is hardcore” canzone drogata da una sensualità disarmante divisa in più tempi. Un basso insistente e poderosi fiati fanno da ciak al noir anni '50 (singolo infatti accompagnato da un altrettanto superbo video) cantato con l'eccelsa teatralità tipica di Cocker in cui il set di un film serve da metafora a quello della vita, dove la disillusione si dichiara fin dall' inizio “you name the drama and I'll play the part” . Il ritornello squarcia il lento incubo con delle chitarre portate allo stremo delle forze a tal punto da lasciar all' improvviso spazio ad un'orchestra che trascina l' ascoltatore in un vortice lento di archi e fiati dove tutto si consuma come il respiro ultimo di chi sta per morire.
Il pathos mantenuto finora si versa in altra forma nell' acustica T.v.movie dove torna una lenta agonia per una storia d'amore dai contorni non più definiti. Della stessa delicata portata è il singolo A little soul e a seguire I'm a man, che aprono la pista alla seconda metà del disco, dai toni più soft e radiosi che si riverseranno totalmente nell' ultimo lavoro “We Love Life”. Le chitarre si fanno più scanzonate, la batteria più fissa e la voce di Cocker rassicurante, fatta eccezione per Seductive barry ” accompagnata dalla voce flebile di Neneh Cherry, dove sussurri echeggianti, una marcia composta dal basso, rullanti jazz e un'orchestra in penombra lasciano spazio ad una sessualità bendata che il Signor Jarvis ci aveva già presentato nell' album precedente con “I spy”
L' album si chiude con il trittico Sylvia, Glory Days, e The Day After The Revolution, dove fa capolino egregiamente la maestria del gruppo grazie ad un sound ben calibrato e ormai ripulito dal nobile buio delle tracce precedenti. Tutto lascia spazio ormai alla serenità grazie ad un'immaginaria nemesi.
Da possedere e conservare gelosamente. Scadenza illimitata perché questo This is Hardcore non è solo musica e benché Jarvis Cocker non sia Gesù Cristo nonostante abbia le stesse iniziali (parafrasando una frase di Dishes), i miracoli pare li faccia lo stesso e questo lavoro ne è la prova tangibile.
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