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R Recensione

7,5/10

The Divine Comedy

Bang Goes The Knighthood

E dopo il cricket, un bel bagno ristoratore in bombetta, cravattino e pipa. Naturalmente in compagnia di un Labrador (vederselo accucciato accanto al caminetto non era più abbastanza, evidentemente), con uno champagnino stappato di fresco. Ci sta anche una paperella d’emergenza, in caso si resti troppo in acqua e l’epifanica rugosità dei polpastrelli faccia regredire il nostro anti-eroe allo stadio primale da “Mammina, altri cinque minuti e poi basta. Prometto!”. Con un copertina così, al 101% british, sai già che il disco può far capo a sole due persone: una è il purtroppo misconosciuto Alan Klein (scelta improbabile, considerato che è sparito dalle scene quasi quarant’anni fa); l’altra è Neil Hannon, ça va sans dire.

Tornato dal pic-nic “The Duckworth Lewis Method” in compagnia del commensale Thomas Walsh (Pugwash), Hannon gioca di nuovo la carta dello humour e, zitto zitto, sforna per la novella Divine Comedy Records un grazioso dischetto sprizzante giocosità vaudeville e levità nell’approccio; un lavoro assolutamente in linea col discorso iniziato dal lontano, agrodolce “Casanova”, e successivamente “stemperato” nei toni più languidi del successivo “A Short Album About Love”. Episodi come “The Lost Art Of Conversation” (una “Something For The Weekend” ancor più fischiettante e marziale) e “Assume The Perpendicolar” parlano da soli: raffinatezza melodica alle stelle, sottotesto british pop di squisita altezzosità, gli abituali preziosismi d’arrangiamento (si veda la finezza della tromba in sordina in coda al secondo brano), la solita scaltrezza lirica che tiene a debita distanza i cliché.

Non troverete sorprese eclatanti in questo “Bang Goes The Knighthood”: piuttosto le auspicate certezze circa lo stato di salute di un gigante del cantautorato pop anglosassone, un signore ancora capace di conquistare tanto quando gioca al piccolo Brassens (la Title Track), tanto quando s’immagina un’orchestrina jazz anni ’30 alle prese con progressioni armoniche di stampo “schubertiano” (la splendida “Have You Ever Been In Love”). C’è tanto mestiere, insomma, ma pochi al pari di Hannon sono in grado di gestire questo terrificante grifone a due teste senza farsi mangiare vivi, producendo anzi piccole gemme di acutezza come “Neapolitan Girl” (una specie di skiffle mascherato da easy listening), ispirata al diario di guerra “Napoli ‘44” di Norman Lewis.

Caratteristica comune a diverse canzoni è l’intrusione di elementi o sezioni apparentemente sconnessi dal costrutto principale. “Down In The Street Below”, ad esempio, esordisce con un’elegia orchestrale a là Jimmy Webb (sottile lenzuolo d’organo, pianoforte, archi caldi e vaporosi) ma, in men che non si dica, il clima cambia bruscamente con l’irrompere di una spedita bagatelle. Anche l’incidere da chanson della Title Track è interrotto da un intermezzo paranoico, nel quale il protagonista del brano, insospettabile frequentatore di circoli sadomaso, sputa fuori tutto d’un fiato il suo ingombrante segreto: “You make me feel, you make me feel something/ And feeling something beats nothing at all/ And nothing at all is what I feel/ All the rest of the time/ If someone sees, if someone hears something/ I know it’s coming the fear is making me ill/ But then fear is part of the thrill”.

Ma in fatto di personaggi deviati, il vero “mostro” della situazione è il magnate dell’alta finanza che in “The Complete Banker” (il miglior pezzo alla Ben Folds Five che i Ben Folds Five non hanno mai scritto), si presenta come il responsabile della “seconda grande depressione”, sfoggiando un fare ironico/mefistofelico perfettamente in linea col “Please, let me introduce myself…” con cui Jagger, vestiti i panni di un Belzebù dai modi alquanto sofisticati, creava sconcerto nell’opinione pubblica di fine ‘60s.

Che la crediate partigianeria o meno, a mio giudizio Hannon non può fare un disco brutto: c’è riuscito solo una volta, più di quindici anni fa, e da allora ha imparato la lezione (escludendo il primo album datato 1990, ma quella era proprio a different band). Ciò non toglie che diverse cose su “Bang Goes The Knighthood” non funzionino. Di “Island Life”, tanto per cominciare, potevano essere meglio sviluppati gli elementi country accennati nelle strofe, piuttosto che risolvere il tutto in un moscio quadretto orchestrale con velleità calypso del quale non si comprende bene l’utilità. Diverso discorso per “Can You Stand Upon One Leg”, la cui natura parodistica alla Bonzo Dog Doo-Dah Band appare decisamente fuori misura. “When A Man Cries”, da par suo, vorrebbe rinverdire la tradizione “hannoniana” del lied tragico/metafisico che vede “Snowball In Negative” apice indiscusso, ma non coglie nel segno, forse perché troppo didascalica e “piana” rispetto alle esigenze. “At The Indie Disco”, infine, è semplicemente fiacca.

Di capolavori senza tempo come “Absent Friends”, insomma, ne capita solo uno nella vita, e Hannon già sarebbe da magnificare per esser riuscito a restare su livelli qualitativi altissimi (almeno altri quattro album straordinari e quasi nessuno men che discreto) per quasi un ventennio. Il rilassato “Bang Goes The Kinghthood”, più “leggero” nel modo di trattare la materia (paradigmatica “I Like”), riesce a guadagnarsi, col minimo sforzo, un posticino di tutto rispetto in quell’autentico giardino delle brit-delizie che è la discografia del nostro.

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Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 16 voti.

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salvatore (ha votato 7 questo disco) alle 12:09 del 7 giugno 2010 ha scritto:

Bel disco: tra il 7 e il 7,5 (un 7.3 pitchforkiano, via). Certo, Absent Friends e Casanova sono cose che riesci a fare solo una/due volte in vita, ma questo Bang... è veramente piacevolissimo, leggero ma non superficiale, dandy ma non lezioso, e poi Neil Hannon si ascolta sempre che è un piacere. Ottima recensione, Matteo

salvatore (ha votato 7 questo disco) alle 12:18 del 7 giugno 2010 ha scritto:

Però, pensandoci, anche Promenade non scherza. Basterebbe solo Summerhouse ad elevarlo tra i suoi lavori più riusciti.

target (ha votato 7 questo disco) alle 22:40 del 7 giugno 2010 ha scritto:

Che dire, Losone mio. Che quest'uomo è adorabile; che le prime quattro canzoni che infila qua sono una delizia (ma anche la sgangherata "Assume the perpendicular", roba da sfilata circense); che "At the indie disco" è davvero sciapa e non si capisce perché l'abbia scelta per lanciare il disco, al di là del testo ammiccante alle masse di indie kids (e in effetti gustoso); che Hannon sembra sempre essere scivolato fuori dal tempo ma in realtà è rimasto dietro una tenda e non si è perso niente; che scrive i pezzi che Jarvis non scrive più ("The lost art of conversation", il cui semi-spoken-word cockeriano mi ispira nostalgia a iosa); che la tua recensione dice come sempre tutto, e in modo divino. Che, se te lo sei perso, dovresti recuperarti l'omonimo di Lord Cut-Glass, ossia Alun Woodward, ex Delgados, perché l'anno scorso ha fatto un disco molto divinecomediano che è ingiustamente passato inosservato. Alè.

Totalblamblam (ha votato 6 questo disco) alle 14:23 del 8 giugno 2010 ha scritto:

esagerati coi voti e dateve na calmata ahahah

disco suff. solita solfa del casanova inglese tanto che anche il cane lo guarda stranito ghghhg tra i richiami alla satie alla weil (Bang Goes The Knighthood) al vaudeville la sua voce si regge alla lungo poco e diciamolo ha rotto i marroni incapace come è di variare un filo di registro...un pezzo at the indie disco è smaccato macca indi fiacca LOL

skyreader alle 12:16 del 9 giugno 2010 ha scritto:

Regeneration

Non ho ascoltato il nuovo album. Il disco che mi ha fatto innamorare definitivamente di Hannon è stato l'immenso "REGENERATION" del 2001 (prodotto da Nigel Godrich). Ne ho assorbito ogni atomo. In quel disco i Divine Comedy erano divevtati un gruppo affiatato e non un solo "monologo" di Neil Hannon. La sua voce toccava dei vertici assurdi e in alcuni momemnti toccava delle timbriche simili a quelle di Peter Hammill. Brani come Mastermind e l'incredibile The Beauty Regime mi si sono appiccicate all'anima e nulle le ha mai più fatte andar via. Magnifico anche nei brani più soavi come Bad Ambassador o Perfect Lovesong. All'epoca lo recensii altrove. Potrei riparlarne qui.

bill_carson alle 22:03 del 10 giugno 2010 ha scritto:

mai piaciuto...

REBBY (ha votato 6 questo disco) alle 16:47 del 23 giugno 2010 ha scritto:

Come già per il "pic-nic del Los" (The duckworth

lewis method), anche in questo caso è stato un vero piacere approfondire la conoscenza di questo album e di sicuro Neapolitan girl e The lost art of conversation faranno parte della mia colonna sonora automobilistica. Dai Stoke tra 6 e 7 non è

che c'è sta gran differenza (mezza tacca eh),

facciamo 6,5 e non se ne parla più. E poi tu hai

dato 6 a quella meraviglia dell'ultimo Watson,

quindi i tuoi 6 sono pesanti ...

Dr.Paul alle 22:52 del 15 luglio 2010 ha scritto:

mattè giungo con vergognoso ritardo su questo disco, come sai avevo ordinato la versione doppia da chansonnier....vabbe lasciamo perdere...!

bel disco e concordo con il voto finale! hannon ormai è una garanzia. a me l'unico disco sottotono è sembrato proprio regeneration, se avessi iniziato ad ascoltare i DC con quel disco non avrei avuto la voglia di andare avanti.

nel frattempo mister divine comedy toureggia in tutta europa meno che da noi, teatri e auditorium dovrebbero litigarselo...invece niente, bravi italian promoter di sta cippa!!!

Totalblamblam (ha votato 6 questo disco) alle 23:35 del 15 luglio 2010 ha scritto:

The Summer Series 2010, The Divine Comedy at Somerset House on Saturday 17th Jul 2010.

Buon concerto ghghhg

Charisteas (ha votato 8 questo disco) alle 18:08 del 15 ottobre 2010 ha scritto:

Io lo adoro. Sarà che è il suo primo disco che compro e che gli altri ancora non li ho ascoltati... In questo alcuni pezzi sono incredibili (la giustamente citata "The Complete Banker"; "Have You Ever Been In Love", la anti-canzone d'amore perfetta; "Neapolitan Girl").

Suona in Italia per 4 date st'inverno, da non perdere:

6th December - La Casa 139, Milan, Italy

8th December - Circolo degli Artisti, Rome, Italy

9th December - Hiroshima Mon Amour, Turin, Italy

10th December - Locomotiv Club, Bologna, Italy