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7/10

Thirteen Senses

A Strange Encounter

Quando ho preso in mano per la prima volta l’ultimo lavoro dei Thirteen senses ero abbastanza prevenuto sul fatto che avrei ascoltato il classico dischetto brit pop, magari ben fatto, ma che non avrebbe apportato nulla di nuovo al genere ormai sviscerato in tutte le salse. Invece, con piacevole sorpresa, ho scoperto un disco raffinato e stilisticamente complesso che ascolto dopo ascolto mi ha sempre più convinto.

Rispetto ai lavori precedenti, infatti, i brani hanno perso un po’ le caratteristiche della canzone pop in senso stretto caratterizzate da strofa e ritornello e da durate relativamente brevi per lasciare il campo a un lavoro più strutturato e maturo che vede la presenza di brani molto lunghi, al di sopra dei sette minuti, che si alternano ad altri molto brevi e solo strumentali.

Questa evoluzione è certamente dovuta ad una maturazione complessiva della band che sembra aver lavorato all’album con una maggiore libertà compositiva rispetto al passato, il risultato è un disco che risulta decisamente più ricercato nelle sonorità e nei testi.

Il gruppo, per chi non li conoscesse, proviene da uno dei posti più belli della Gran Bretagna, la Cornovaglia  ed è composto da Will South (voce, piano e chitarra), Tom Welham (chitarra e voce), Adam WIlson (basso e chiatarra) e Brendon James (batteria).  Hanno all’attivo quattro album in studio e calcano le scene da circa una decina d’anni con alterne fortune, proponendo un brit pop dai tratti malinconici.

Dopo un buon album di debutto del 2004, The invitation, che ha visto scalare le classifiche inglesi, è seguito nel 2007 Contact, che ha avuto decisamente meno risalto e fortuna, anche per via di sbagliate politiche commerciali (l’uscita è stata rimandata almeno un paio di volte), a cui è seguito nel 2011 Crystal sound che invece ha avuto un discreto ritorno di critica e pubblico.

A metà strada tra i Keane e i Coldplay e con rimandi a gruppi come i Travis e gli Starsailor (potrei citarne tanti altri), i Thirteen senses, nonostante qualche buona prova,  non hanno avuto però altrettanta fama e popolarità di queste band risultando per lo più sconosciuti al grande pubblico.

Passando ai brani, l’album parte con una intro solo strumentale dalle sonorità romantiche davvero coinvolgente, A brief History, a cui segue il pezzo più bello e lungo del disco, stars make progress,  in cui è il pianoforte ad essere protagonista riuscendo a dipingere atmosfere eteree e dilatate in grado di trasmettere un profondo senso di pace e serenità finalmente (ri)trovate.

A seguire un altro pezzo notevole che da il nome all'album è a strange encounter,  ballata dai tratti malinconici che potrebbe essere, soprattutto grazie ad un particolarissimo finale  di tastiere, la perfetta colonna sonora di un documentario naturalistico.

Da segnalare sono anche in lunar light,  brano passionale che evoca immagini e sensazioni di tempi lontani e Gathered here a stranger, brano  cantautorale di chitarra e voce particolarmente ispirato.

Da un’analisi più attenta dell'album si percepisce anche una grande sintonia e complicità tra i vari membri della band che si sono avvalsi di molteplici strumenti per la sua realizzazione e con la voce di Will South appena accennata che sembra passare in secondo piano rispetto all’impronta strumentale del disco.

Un'altra caratteristica che contraddistingue il disco è che molti brani sembrano essere legati tra loro da un unico filo conduttore, una melodia che abbraccia e accompagna l’ascoltatore per quasi tutta la durata dell’album.

 A strange encounter è il lavoro più introspettivo dei Thirteen senses, disco di rinascita e di una raggiunta consapevolezza che ritroviamo riportata anche nei testi, “Are we only a few lonely hearts filling time in an empty jar? Are we ever part, the delusion which's greater than we first thought. We're so surreal”. Temi come il sentimento di piccolezza dell'essere umano rispetto all’immensità dell’universo, ad esempio, non sono proprio semplici da affrontare in un album fondamentalmente pop ma i Thirteen senses, con la loro profondità e delicatezza ci sono riusciti in maniera egregia.

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