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R Recensione

6/10

Le Ton Mité

Version d'Un Ouvrage Traduit

Questo è un disco che non avrebbe mai dovuto veder la luce, per cause contingenti che è difficile spiegare in questa sede. Al pari di tutte quelle cose nate ma non volute, “Version d’Un Ouvrage Traduit” si presenta come un aborto in carne e ossa: un disco di ventisei brani (quasi tutti di durata inferiore ai due minuti) dove Le Ton Mité canticchia, strimpella, rumoreggia, sovrappone, fuorvia, pizzica e pigia, tira, rilascia, percuote, inganna e circuisce. Dietro al moniker Le Ton Mité c’è McCloud Zicmuse, eccentrico artista americano che passa con estrema nonchalance dalla musica al graphic design, e che per passatempo pratica blogging e globetrotting.

Zicmuse ha disidratato la moderna musica francese, quella che da Serge Gainsbourg arriva a Manu Chao, passando per Sébastien Tellier e Noir Désir. Con lui tutto è essenziale, bambinesco, appena appena accennato, come in certe cassettine che gli adolescenti un po’ strani registravano nel cesso di casa, improvvisandosi artisti di grido. Ma Zicmuse è grande estimatore di ciò che orgogliosamente definisce la culture française e se ne appropria fino a plasmarla a suo piacimento, restando sì fedele alla lingua madre ma contaminando il suono fino al parossismo.

Canzoni vecchie e nuove di una carriera cominciata nel 2006 e che, nate sotto l’etichetta “Translated works”, son diventate il lievito della “Version d’Un Ouvrage Traduit”. Alcune registrate proprio su musicassetta, altre improvvisate dal vivo, altre ancora nate in studio su di un semplice 8 tracce, tutti i brani di questo disco sprizzano un incontenibile ardore artistico, eppure non si capisce bene quale sia l’obiettivo di Le Ton Mité. Tra una citazione di Molière e la calma piatta de “Les Constellations”, tra il percussionismo de “Les Martinets” e la cultura hobo newyorkese, non è ben chiaro quale sia l’intento perseguito, musicalmente e concettualmente.

Aiutato da Céline Perier al violoncello, da Jonathan Burgun alle percussioni, da Medhi Michaud alla chitarra e da Christophe Ratier al clarinetto alto e tastiere, Zicmuse ha messo in piedi un baraccone che viaggia per l’Europa e l’America in cerca di orecchie capaci di starlo a sentire. Questo disco non è necessariamente fatto di musica, eppure per tre quarti d’ora vi stamperà sul viso un sorriso pacioso ed imbelle.

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