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R Recensione

8/10

Antony and the Johnsons

Swanlights

Scoperto da David Tibet (Current 93), produttore dell'esordio Antony and the Johnsons, e consacrato a livello internazionale con I Am A Bird Now (disco che valse la vittoria del Mercury Prize nell'edizione 2005), a quasi due anni di distanza dall'uscita di The Crying Light torna con un nuovo album Antony  Hegarty (con i Johnsons al seguito), dal titolo Swanlights, neologismo coniato dal trentanovenne transgender inglese, definito come <<il riflesso della luce sulla superficie dell’acqua di notte, il momento in cui lo spirito salta fuori e diviene un fantasma di colore viola>>. Rispetto disco precedente, in Swanlights viene enfatizzato ancor di più il rapporto chimico, viscerale e insieme spirituale e trascendentale con la terra, madre e habitat della nostra esistenza, pericolo da temere e divinità da preservare, amare e rispettare. <<Io, come transgender>> dichiara Hegarty  <<ho sentito il bisogno di riferirmi alla Terra come sorgente di vita, perché sono figlio suo, sono nato dal suo corpo, sono costituito degli stessi elementi, la stessa acqua, gli stessi minerali. Una relazione ben più profonda di quella che ho stabilito con la religione dei miei padri>> (da un articolo di Giuseppe Videtti, estratto da Repubblica). Come in The Crying Light, anche in quest'ultimo album Antony si è avvalso della collaborazione di Nico Muhly – nonché della London Symphony Orchestra e della Danish National Chamber Orchestra -, giovane compositore statunitense d'avanguardia che ha implementato nel disco arrangiamenti ancor più complessi e sinfonici.

 

Un giro di piano sommesso, cupo ed una voce vibrante che sospira Everything is new. Ogni cosa è nuova. Eccola che si materializza fin da subito la croce fatta di sofferenze universali (“I cried everything”) che Antony Hegarty pare caricarsi sulle spalle. Accompagna l'ascoltatore in un percorso di purificazione, ripetendo ad ogni passaggio la stessa locuzione, gonfiandola d'intensità con l'ausilio di frasi pianistiche prima docili, poi incontrollabili e di archi ed ottoni fluidi. La sua voce  - spesso accostata a quella di grandi nomi del soul come Nina Simone e Otis Redding, per somiglianza timbrica a quella di Arthur Russel e per intensità evocativa al cantato di Tim Buckley - scenica e penetrante, diventa una presenza dirompente che si propaga fino a giungere ai sentimenti di timore, fiducia e speranza coinvolti nel processo di cambiamento.

Nella successiva The Great White Ocean - brano composto in buona parte nella stessa sessione di registrazione di Another World, suo ep del 2008 - prende forma una splendida ghirlanda musicale incredibilmente evocativa: si dispiega nell'immersione, nella speranza di ricongiungersi con gli affetti più cari dopo questa vita (“in the ocean of death I will cry, if I am not with my family”). Il brano presenta un arrangiamento elegante, dove gli arpeggi di chitarra iniziano fin da subito a tessere una melodia cristallina e fuori dal tempo, mentre gli archi stridono sul fondo, a basso volume, come inibiti da tale magica bellezza. Il dolore della perdita placato dalla speranza di un ritorno in una condizione celestiale. Ghost è popolata da fantasmi e serpenti, dove una preghiera chiede loro di allontanarsi dal corpo e di lasciarsi abbandonare alle meraviglie della natura (“Taste the rivers, chase the rivers, do not stay”). Il brano parte con un'accelerazione pianistica e “corre” per quasi tutto il tempo, seguita a ruota dalle maestose onde degli archi; riprende fiato ad un certo punto, lasciando che i tumulti espansivi di Antony si librino, danzando, nell'etere (“dance toward a light so gay”). In “I'm in love”,  stregato da un lussureggiante e ossessivo circuito psichedelico, Antony si perde nell'amore, quando il bisogno di un contatto viene superato dallo stupore per averlo finalmente raggiunto ( “I've been touched, and it's too much!” ) e si bea, rasserenandosi nel lasciar che i suoi sensi vengano alterati da tenerezze oceaniche (“I'm in the ocean, in the sea the red choral caressing me”) .Come l'artista stesso ha dichiarato: <<ogni cosa è buia: poi arriva il sole a dare luce temporaneamente. Prima che torni il buio>>. Ed è così che nella title track, dalle tenebre nelle quali è inabissata (Like Spinning Plates?), lentamente la voce di Antony si schiude per emergere in un vero e proprio inno alla vita (“I'm living, it's a golden thing, it means everything”). È il brano più sperimentale dell'album nonché uno dei più coraggiosi dell'intera discografia, dove frasi di chitarra e pianoforte registrate al contrario e riverberi spettrali rumoreggiano in lontananza, avanzando lenti e inesorabili, auto-rigenerandosi, fino a barcollare dinnanzi alla liberazione del canto vitale di Antony, di un'energia solare devastante.

 

Ma poi il buio torna, offuscando ciò che, di glorioso, è stato. Ad una scarna e classica ballata (The Spirit Was Gone), segue Thank You for your Love, melodioso pop orchestrale, certamente il brano più gioioso dell'album. Flétta è invece un'improvvisazione nata durante un soggiorno in Giamaica “offerto” da Björk per le sessioni di registrazione di Volta, suo album del 2007. La voce della islandese, di una genuina bellezza, è accompagnata solo dal piano di Antony, di cui la struttura inizialmente minimale muta (per ben due volte) in un bel ritmato. La criptica e sinfonica Salt Silver Oxygen, litania contenitrice di bizzarri frammenti simbolici a carattere religioso (“Dancing with his casket, Christ becomes wife”), sorprende per le ricche fioriture dei fiati, per la fiabesca atmosfera sospinta educatamente da una fresca brezza di archi. Chiude il disco Christina's Farm, a mio avviso l'episodio migliore del disco. Ogni cosa è nuova, quando l'amore torna a lacerare dentro. Viene ripetuto il tema di apertura, mentre il pianoforte segue, con sottolineature espressive a forti tinte drammatiche, i sali e scendi vocali di Antony: brividi a piene mani.

 

Nella versione deluxe (dove è assente Flétta) il disco è accompagnato da un libro di 144 pagine composto da collage, dipinti e disegni, realizzati in totale solitudine dopo la fine del tour mondiale di I am a bird now, tra le sessioni di registrazione di The Crying Lights e Swanlights. Questi hanno rappresentato, a detta dello stesso Antony, il paesaggio su cui è stato possibile sviluppare la sua musica.

 

In linea generale Swanlights risulta, almeno in termini di completo coinvolgimento emozionale, un gradino al di sotto rispetto ai primi tre album; nel gran lavoro di “smussamento”, ornamento e calibratura effettuato sulla maggior parte delle composizioni, non è possibile, a mio avviso, far comprendere episodi come Flétta e The Spirit was Gone, che paiono sicuramente le meno rifinite del lotto. Ciò rappresenta, in buona sostanza,  uno dei più evidenti punti deboli del disco. Per il resto, l'ascolto gratifica fortemente per le complesse e variopinte sfumature, per le sensazioni eteree e impalpabili che restituisce durante l'ascolto. In Swanlights la natura è la vera artista: la musica degli Antony and the Johnsons sembra porsi ad essa con devota riconoscenza, come un artigiano che rifinisce e confeziona le sue meraviglie. La disciplina, il rigore creativo che Hegarty sottopone alle sue idee, alle sue rappresentazioni musicali, la sapienza e la magia che utilizza per incanalarle in vere e proprie poesie per immagini - dense di innocente, grato e doloroso sentimento esistenziale – sono veri e propri punti di forza che mantengono, ancora una volta, qualitativamente elevata la sua cifra stilistica. Swanlights è però anche un album che, in alcuni suoi elementi, si discosta dai precedenti lavori: più ambizioso e temerario, specie negli arrangiamenti, dove vengono battuti percorsi meno convenzionali in cui Nico Muhly ha ricoperto un ruolo decisivo in questo senso. Pare, così, abbastanza chiara la matrice transitoria di Swanlights; ed è in questa direzione che, molto probabilmente, si muoveranno i prossimi lavori.

A parere di chi scrive, uno dei migliori dischi di questo 2010.

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Voto degli utenti: 6,3/10 in media su 13 voti.

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sarah alle 10:17 del 22 ottobre 2010 ha scritto:

Ottima recensione, il disco devo ancora procurarmelo.

gull (ha votato 6 questo disco) alle 10:41 del 22 ottobre 2010 ha scritto:

A mio modesto parere, l'approdo su lidi easy listening!

Non che abbia mai fatto roba sperimentale o di difficile fruizione, e non c'è nulla di male in questo. Ma qui forse mancano (o si sono ridotte) proprio certe ardite soluzioni strumentali/vocali che nei precedenti lavori mi emozionarono parecchio.

Lui resta un grande, ma queste tracce mi scivolano abbastanza addosso, eccezion fatta per "everything is new" e la title track.

Marco_Biasio (ha votato 7 questo disco) alle 15:54 del 22 ottobre 2010 ha scritto:

Ottimo lavoro Mauro. Il disco cercherò di ascoltarlo a breve.

hiperwlt, autore, alle 18:20 del 22 ottobre 2010 ha scritto:

Sarah e Marco: grazie mille!

target alle 22:15 del 22 ottobre 2010 ha scritto:

Anche la mia impressione, onestamente, è di un Antony meno efficace. Ma ho ascoltato pochissimo, e ho voglia di ascoltarmi presto il resto. Non vorrei che contasse anche il calo di The Crying Light negli ascolti. Tu, intanto, imponente e assieme davvero intenso!

george (ha votato 8 questo disco) alle 22:26 del 22 ottobre 2010 ha scritto:

minchia ne sbagliasse uno!!!!!!!!!!

bill_carson (ha votato 5 questo disco) alle 22:49 del 22 ottobre 2010 ha scritto:

solito antony, ma meno ispirato...

sta cominciando a rompere le palle. comunque...i suoi fans avranno apprezzato/apprezzeranno.

bill_carson (ha votato 5 questo disco) alle 22:50 del 22 ottobre 2010 ha scritto:

ah, bella recensione comunque

tarantula (ha votato 5 questo disco) alle 9:04 del 23 ottobre 2010 ha scritto:

Antony è un artista che merita un'attenzione di giudizio particolare. Il primo, omonimo album, mi fulminò all'istante e, tutt'ora, la ritengo la più grande espressione musicale del decennio (a pari merito con un'altra) ed una delle più emozionanti della storia della musica tutta. In quell'album Antony è un bambino sofferente che dà sfogo a tutto il suo dolore e, per questo, l'opera è stata spesso giudicata come ottima ma immatura. Una maturità che si compie nel seguito "I am a bird now" che, tuttavia, proprio per il parziale abbandono del lato fanciullesco, impulsivo, è, a mio avviso, un gradino inferiore. Il processo di maturazione si compie nella sua totalità in "The crying light" ma, di pari passo, diminuisce l'impatto emozionale e, per me, siamo ancora più sotto al precedente lavoro ma, comunque, sufficiente. In "Swanlights" Antony diventa vecchio e la sua musica "senile". Come un fuoco, Antony ha incendiato sé stesso ed i nostri cuori molto in fretta e la sua condizione di emarginato ha contribuito ad appiccare l'incendio: ora che ha trovato il posto che merita nella società e nell'arte, il fuoco si è spento e così la sua musica. Sono felice per lui ma le mie orecchie dissentano.

Marco_Biasio (ha votato 7 questo disco) alle 23:22 del primo novembre 2010 ha scritto:

Decisamente più morbido, pop e fruibile dei precedenti dischi, ha comunque i suoi bei momenti, come in "Ghost", nella solarità del singolo "Thank You For Your Love" e direi anche nell'eterea impalpabilità dell'iniziale "Thank You For Your Love". "Fletta" con Bjork, d'altro canto, non mi dice nulla. 7,5!

Marco_Biasio (ha votato 7 questo disco) alle 23:24 del primo novembre 2010 ha scritto:

Errata corrige: la canzone iniziale è "Everything Is New".

REBBY (ha votato 6 questo disco) alle 10:33 del 22 novembre 2010 ha scritto:

"Più ambizioso e temerario, specie negli arrangiamenti, dove vengono battuti percorsi meno convenzionali" o "l'approdo su lidi easy listening"? Io concordo più con la prima affermazione, anche se mi sembra, almeno al momento, di essere il solo a pensare che questo sia meglio del precedente. Non raggiunge però (e qui la penso come tutti gli intervenuti) i livelli toccati dall'esordio e da I'm a bird now.

Disco di transizione o conferma del "declino" che sia la voce rimane per me inconfondibile ed affascinante.

salvatore alle 13:22 del 16 gennaio 2011 ha scritto:

Devo ancora ascoltarlo un po' prima di esprimere un giudizio complessivo. Mi sembra un buon lavoro, certo lontano dai primi due capitoli (tre se si conta l'ep I fell in love etc).

Bellissime Thank you for your love (tra le sue più belle, a mio avviso) e the great white ocean. Cocente delusione, il brano col folletto islandese. Insomma, dalle due (forse, ma neanche tanto) voci più belle in circolazione era lecito aspettarsi qualcosa di più. Stanca e un po' noiosa e anche un po' troppo programmatica everything is new. Ma devo ancora metabolizzare il tutto...

salvatore alle 17:17 del 3 ottobre 2011 ha scritto:

Visto sabato in concerto... Letteralmente emozionante! Sarà anche passato di moda Antony, ma rimane un artista immenso. E poi mi ha ripescato cripple and the starfish e i fell in love with a dead boy: insomma da brividi...

L'album effettivamente è il meno ispirato della sua discografia (certo però che ghost, the spirit was gone, the great white ocean e thank you for your love sono bellissime), cosa che non fa rima però con poco ispirato.

Vabbé, se capita antony dalle vostre parti, non perdetevelo. Vale vale vale!

classicsor (ha votato 8 questo disco) alle 22:43 del 29 agosto 2013 ha scritto:

grande recensione, per me il disco rimane da 8