V Video

R Recensione

8/10

Lana Del Rey

Born To Die

- “Do you think we’ll be in love forever?”

Tanto ormai la saprete tutti la storia. Vero nome Elizabeth Grant, venticinque anni, figlia appurata del magnate “internettaro” Robert Grant. Nel 2008 esordisce su formato digitale con l’EP “Kill Kill”, passato inosservato e inascoltato. Due anni dopo, tenta il colpaccio sulla lunga distanza con l’album Lana Del Rey A.K.A. Lizza Grant, ma il “disco” sparisce dalla circolazione quasi subito e lei, zitta zitta, stacca per ridefinire look, sound e poetica (pazienza se ad alcuni il termine sembrerà fuori luogo). Eccola ripresentarsi a fine 2011 come curioso mix fra ragazza cheerleader e sfatta vamp dei ‘50s, “gansta Nancy Sinatra” dal cuore eternamente spezzato, broncio ribelle e labbra oversize. Il singolo Video Games, accompagnato da un video in stile “Lynch casalingo” editato dalla stessa Del Rey, fa il botto: ad oggi oltre 23 milioni di visualizzazioni su Youtube per questo funereo intrecciarsi di medium musicali & visivi, n. 1 nelle chart di iTunes in ben 9 paesi fra cui UK, Francia, Germania e Olanda; una delle cose più grandi del 2011. Altra novità: Lana è passata alle cure di una major, la Interscope. Pur senza un vero album da promuovere, parte il girotondo di apparizioni televisive e concerti a zonzo per UK (il suo nuovo domicilio) ed Europa continentale, fino alla contestatissima esibizione del 14 Gennaio al Saturday Night Live (peccato che in pochi ricordino quella, invero perfetta e di rara efficacia, alla corte di Jools Holland).

Nel frattempo, il secondo singolo Born To Die (stavolta il riferimento visivo pare il Lynch più “grafico” e patinato di Cuore Selvaggio) scuote critici e pubblico generalista a suon di archi cinematici, tappeti elettronici di marca William Orbit e beat gagliardo, il tutto accostato al contralto della Nostra. L’effetto è in un primo tempo stordente, ma col prosieguo degli ascolti se ne comprende la grandezza. Come se non bastasse, da questo momento il chiacchiericcio mediatico assume proporzioni insostenibili, mostruose. L’oggetto (fantasma) del discutere, labbroni a parte – per tacere del sempre spassoso dibattito su ciò che è marketing e ciò che, invece, resta dura & pura manifestazione di “artisticità” –, è oggi arrivato a noi: “Born To Die”, album sorprendentemente e pericolosamente omogeneo, il cui tema conduttore è l’amalgama di americana, ballata elettronica ‘90s, pop barocco ‘60s e ritmiche hip-hop. Un idioma riconoscibile, originale, esplorato in lungo e in largo nell’arco di 12 tracce (15 nell’edizione deluxe).

Proprio in ragione del suo essere raccordo fra esperienze musicali lontane nel tempo, qualcuno ha già parlato di pura retromania, sennonché il risultato va oltre il pastiche o l’aggiornamento di sonorità old-fashioned. Quella di “Born To Die” è un’orrorifica, destabilizzante metamorfosi del concetto stesso di teen pop, ottenuta scrutando il ground zero del sogno americano: un’America che è brodo primordiale di rievocazioni e cliché, reliquiario di icone a loro volta dissipate, cadute (sovviene una fra le sequenze più incisive del video di Video Games, dove un’attrice sbronza inciampa sul marciapiedi). Del resto, la scelta della trinità a cui la Del Rey dice di ispirarsi parla chiaro: artisti che hanno “vissuto” il decadimento fino alle estreme conseguenze (Cobain, Presley), o abbastanza da restarne segnati in modo indelebile (Britney Spears). Alcuni osservatori hanno liquidato l’operazione come maledettismo preconfezionato, altri ancora come ribellismo da scolaretta. In effetti, “Born To Die” è anche tutte queste cose. Soprattutto, è opera in cui la manipolazione degli assunti di base risponde a una pulsione funerea, sotterranea (ecco la tassidermia farsi criterio procedurale), spinta (auto)distruttiva che supera la giocosità del postmoderno e sfocia nella creazione di uno scenario onirico, a un tempo vivido e terminale, da Blue Velvet 2.0..

Off To The Races, secondo brano in scaletta, sintetizza il discorso come meglio non si potrebbe. La traccia si apre con un appena percettibile ma penetrante tappeto di voci manipolate (espediente utilizzato anche in altri brani, quasi un marchio di fabbrica), siano esse lamenti o grida di approvazione, un pubblico/coro di dannati che presenzia al freak show e diventa esso stesso parte della rappresentazione. In contemporanea entra l’ugola di LDR, prima settata sul registro sexy/catramoso di Bobbie Gentry, poi moltiplicata in coro psicotico e, infine, regredita allo squittio di una lolita (“Light of my life, fire of my loins…”) in prossimità del ritornello. A dipingere i fondali ecco un tripudio di archi, il sinistro cicaleggio della chitarra twang, l’irruenza del beat, con caratteristica enfasi sul secondo e quarto tempo di ogni misura: tutto l’apparato di codici viene compresso in una pulp story (o, meglio, l’astrazione di una pulp story) che, perdonate l’enfasi, rasenta il sublime.

Al di là delle finezze di studio – e ce ne sono tante, basti pensare alle prodezze a cui sono stati costretti i produttori Emile, Justin Parker e Robopop per far interagire elementi all’apparenza antinomici –, a lasciare di stucco è la qualità del materiale. “Born To Die”, insomma, non è solo showcase di un sound, ma un album di grandi canzoni. E se Video Games e la Title Track sono già “classiche”, altre lo diventeranno presto (o almeno si spera, visto che all’orecchio non s’avverte alcuno scarto qualitativo): canti purissimi come Radio o Dark Paradise, sospesi in un tempo che può essere solo quello della mente; la grazia aerobica di Diet Mountain Dew (qui in versione diversa da quella che ha circolato in rete nelle scorse settimane), fra note di pianoforte a grappoli, breakbeat a mò di rasoio e coretti girl group; la glaciale Summertime Sadness; la disperata epicità country di Blue Jeans; il puccioso amarcord adolescenziale di That’s What Make Us Girls; l’incubo orchestrale Lolita (una bonus track) nel quale convergono tutte le ossessioni artistiche della Del Rey (Nancy Sinatra, John Barry, RZA, Timbaland…), apocalittico mini-musical la cui struttura si fa via via più entropica, quasi la colonna sonora di un collasso nervoso.

Per non parlare dei momenti più raccolti, come quel capolavoro espressivo che è Carmen, comunione fra torch song e aria operistica, agrodolce ritratto di una teen diva per metà Norma Desmond e per metà Turnandot. O ancora Million Dollar Man, ballad da spy movie screziata da rumorismi, dove la Del Rey si atteggia a Peggy Lee con l’emicrania mentre sorseggia il suo Black Coffee. Del lotto, soltanto National Anthem non ingrana, forse perché eccessivamente sbilanciata verso l’hip-hop. Tutto il resto, almeno a giudizio di chi scrive, splende.

Sarebbe ingiusto, in ultima analisi, se il clamore suscitato dal personaggio Lana Del Rey mettesse in secondo piano il talento della Grant come autrice, la sua abilità nello scovare linee melodiche sempre nitide, evocative, semplici ma costruite con intelligenza. Lo stesso dicasi del suo valore come interprete: raffinata, personalissima, capace – come in questa performance, magari viziata soltanto da qualche iniziale incertezza sull’intonazione – di esasperare maniacalmente il contrasto fra registro catacombale e quello infantile. I testi, vista la loro pregnanza, meriterebbero un’analisi a parte. E infatti, pur nella sostanziale e necessaria levità del vessillo pop a cui si aggrappa, il mondo lirico di “Born To Die” pare il risultato di un processo di assimilazione/elaborazione che ha per oggetto i capisaldi estetici di un’intera cultura: Las Vegas, lo Chateau Marmont, l'infinita suburbia degli States, la morte di 2Pac o dello stesso James Dean, il mito dell'automobile, etc. La parola a Lizzy Grant: “New York's architecture alone is enough to inspire a whole album. In fact, that's what happened at first - my early stuff was mostly just interpretations of landscapes”. Eccola la chiave: “interpretazione di paesaggi”, fare di se stessa e della propria musica il riflesso deforme non solo delle icone pop, ma dei luoghi chiave della geografia nazionale; entrare in risonanza con le rovine di una civiltà, in una perfetta, fumettistica e terribile consonanza fra pubblico e privato.

E non è un caso che gran parte del footage di Video Games sia composto da filmati amatoriali girati allo Chateau Marmont, quasi a voler riesumare tutto il rimosso di glamour e dissipazione che l’edificio si porta appresso. In fondo la stessa Video Games, più che biglietto da visita con cui un’artista indie si affaccia sul palcoscenico mainstream, pare un brano di congedo, l’ultimo saluto di una veterana al suo pubblico fidato; implica/necessita una conclusione, preannuncia una fine. E’ come se, nel presentarsi al mondo, Lana Del Rey gli dicesse subito addio, lacrima sulla guancia e broncio di circostanza. Il tempo di guardarsi e farsi guardare. Nata per morire, nel crudele e fugace ciclo vitale dello stardom.

 

- “Everything I want I have/ Money, notoriety, rivieras/ I even think I found god/ In the flash bulbs of your pretty cameras”

A dispetto della scia di detrattori pronti a spergiurare che l’intero fenomeno altro non è che una gigantesca bolla di sapone (go fuck yourself, Juliette Lewis!), LDR potrebbe invece affermarsi come la pop star più "meta-qualcosa" degli ultimi tempi. E chi potrebbe farle concorrenza, in questo senso? Non Adele, lucroso e all’apparenza imperituro frutto della mania X-Factor (e quella del reality rimane manifestazione intimamente connessa al corrente modo di percepire e fruire la musica pop), innocua ragazzona della porta accanto che mette d’accordo tre o più generazioni di ascoltatori con brani – a volte anche grandissimi brani – in cui metabolizza decenni di british soul. Lady Gaga, dal canto suo, pare animata da un intento similare, ma intende l'operazione essenzialmente come un portare all'eccesso – di più, a un punto di non ritorno – stilemi pop abusati, un forzare "forme" già codificate: l’ipercinetica tendenza al travestimento/travestitismo, il recupero in chiave postmoderna del booklet fotografico di Mrs. Ciccone, l'idea dell'artista che è uno, nessuno, centomila volti a seconda del contesto.

Non che la Del Rey si discosti completamente dalla prassi, essendo lei stessa un personaggio che si crea un contesto – scenografico, virtuale – da abitare. Ciò che sorprende di LDR è l’approccio, la multidimensionalità. Lizzy Grant punta sulla natura double face del suo personaggio (superficie chirurgicamente asettica, eppure infetta), sull'intersecarsi quasi "ballardiano" di piani - quello generale e quello individuale - che videoclip come quello di Blue Jeans o della stessa Video Games sembrano suggerire: ogni immagine riverbera o esplicita un particolare della "maschera", e al tempo stesso la maschera altro non è che il residuo emozionale di avvenimenti, luoghi, simboli. La regola sembra quella di estrapolare i dettagli dal loro contenuto, riplasmando quest’ultimo come caos percettivo ancor prima che come riproduzione seriale.

Il “meta-qualcosa” può però anche relazionarsi alla sfrontatezza del disegno, alla progettualità che lo sottintende: l’ascesa repentina di Lana sarebbe pertanto l’implacabile riflessione, per giunta in tempo reale, sul pretendere di essere una star, palesando iperrealisticamente tanto i meccanismi di concertazione fra forze in campo (label, ufficio stampa, consulenti d’immagine, media, blog, etc), quanto il cortocircuito mediatico deputato a irretire o irritare le masse, ingabbiandone comunque l’attenzione. Ecco perché ha ragione chi nota quanto poco vi sia di genuino nel personaggio Lana Del Rey. Perfino il suo apparente sbucar fuori dal nulla, da un’oscurità che nelle interviste viene rivelata forzatamente e soltanto per frammenti (vedasi l’infanzia trascorsa in provincia, poi l’approdo nella Big Apple dove la diciottenne Elizabeth “non aveva un posto in cui vivere”), persino questo, si diceva, rileva come espediente finalizzato alla ricreazione di un alter-ego cinematografico, archetipo di outsider al femminile che addenta – e trapianta sul proprio corpo – i segni distintivi di eroine “pulpose”, squisitamente demodé; e tutto ciò nonostante la prospettiva di uno sputtanamento immane (quanto è stata e sarà oggetto di scherno per via di quelle labbra rifatte?).

Questo archetipo è Lana Del Rey, icona patinata ma attraversata da un inquietante fremito di oscurità, proprio perché così spavaldamente/patologicamente artificiale. Come se il suo giovane viso avesse ereditato, dell’America, quei segni di igienica sofferenza, di placido terrore, di osceno benessere. Un’adolescente bizzosa che la noia ha confinato in uno spazio virtuale, surrogato della realtà, un non-luogo dove gli imperativi sono “wining and dining, drinking and driving, excessive buying, overdosing, dying, on our drugs and our love, on our dreams and our rage, blurring the lines between real and the fake” (da National Anthem). Uno “spazio esistenziale” nel quale il contatto con le telecamere (“Sing your song now/ The camera’s on and you’re alive again” da Carmen), lungi dal risolversi nel piacere di essere osservata, riconosciuta dagli altri, acquista invece il carattere del riconoscimento di sé, l’approdo ad una improbabile domesticità, ad un “luogo di costruzione dell’identità” (così Chiara Borroni nella sua analisi di “Da Morire” di Gus Van Sant, su “Gus Van Sant” a cura di Barbara Grespi, Ed. Marsilio, 2011). Ma è anche luogo di dolore e, soprattutto, di trasfigurazione del dolore, se è vero che persino la nostalgia per la passata "geekiness" acquista i caratteri del mito (“Watching all our friends fall/ in and out of Old Paul’s/ this is my idea of fun/ playing video games…” ); un luogo dove ogni esperienza s’illumina d’ombra, ogni comunicazione verbale acquista un significato intensificato, ogni posa annega in un calcolato – e finora remunerativo – autolesionismo.

A questo punto non resta che aspettare, ascoltare e guardare. Le prossime mosse di LDR ci diranno come si evolverà l’intero progetto e, più di ogni altra cosa, se l’ingombrante fardello riuscirà ad essere gestito dalla stessa Grant. Il timore infatti è che, nel dispiegarsi delle maglie promozionali, stia venendo fuori più Lizzy che Lana, col rischio di minarne il potenziale in interviste dalle quali trapela una ragazza impacciata, dolce, persino timida (a meno che tutto ciò non faccia parte del "piano"). Domanda da un milione di dollari: sarà Lizzy Grant all’altezza di indossare la maschera Lana Del Rey?

 

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Voto degli utenti: 7/10 in media su 42 voti.

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target (ha votato 7 questo disco) alle 10:13 del 30 gennaio 2012 ha scritto:

Un inchino a Los: analisi sontuosa. Anche perché il disco si piazza al centro di un incrocio tra generi musicali assai distanti (per quanto uniti dalla bandiera americana - afflosciata -), ma soprattutto perché Lana del Rey è un 'personaggio', nella sua abusatissima apparenza, che sfugge e si sottrae. Pop star indie, che già col suo primo disco ha voglia di essere maledetta, ma di un maledettismo fatuo e chiaramente sciocco. Pop star scazzata, allora, prima ancora di diventare celebre, e proprio perché sa che diventerà celebre. Pop star nata morta, 'usata'. Che porta Pitchfork, curiosamente, a stroncarla (in una recensione che si focalizza quasi solo sui testi: un'auto-psicanalisi USA), proprio perché "it's the album equivalent of a faked orgasm -- a collection of torch songs with no fire". Quasi che Pitchfork, in extremis, abbia voluto sottrarsi al suo ruolo celebrativo - a cui fino ad oggi aveva diligentemente ottemperato: quello che Lana del Rey aveva già previsto. Ma così facendo diventa ancor più parte del piano: 1 a 0 per Lana. Quanto al disco, a me piace, non tanto quanto a Los, ma mi piace. Quanto a "Video Games": raramente si ascolta un brano che al primo ascolto rivela con tanta forza di essere già un classico.

loson, autore, alle 10:49 del 30 gennaio 2012 ha scritto:

Grazie, Targ. Curioso, sì, che il recensore (o recensorA) di Pitchfork abbia inteso il disco quasi esclusivamente nella sua componente testuale, del quale, peraltro, non ha colto - o ha rigettato - la natura di concentrato di archetipi passati (e quindi illusori) seppur applicati al presente. Strano che un rapper possa tranquillamente sollazzarsi in crimine, soldi e bitches a palate, mentre ad una ragazza che, in un volo di fantasia, voglia immergersi tanto nel ruolo di femme fatale che di amante-oggetto, tocchi una predichina femminista (quella sì davvero anacronistica) che avrebbe fatto un figurone a Porta a Porta. Ma poi, diciamolo, quest'ultima non è che l'ennesima uscita un tantino schizofrenica di un sito che ha incensato l'ultimo di Beyonce e ha promosso Lady Gaga a perfetta pop star del 21° secolo. Per fortuna, non è al pubblico di Pitchfork che punta LDR, e una stroncatura - soprattutto se di dubbia fattura - non fa altro che tirare acqua al suo mulino.

target (ha votato 7 questo disco) alle 11:02 del 30 gennaio 2012 ha scritto:

Eheh, infatti, sono convinto anch'io che si tratti di stroncatura salutare (tanto più se, com'è, vi si piscia fuori dal vaso in modo così evidente). L'impressione è che proprio non abbiano colto (ma com'era possibile non coglierlo?) l'aspetto "meta-qualcosa" di Lana. Boh. Come se non si fossero accorti che il finto orgasmo gigante è l'America di oggi (si leggano Houellebecq, perdio). Tornando al disco, "Carmen" e "Summertime sadness" in alto, "National Anthem" in bassissimo (tipo = non la ascolterò più). Peccato che ogni tanto, anche in qualche spezzone di altri brani, le parta lo spasmo hip hop, che non è nelle sue corde. Tic americano.

loson, autore, alle 11:26 del 30 gennaio 2012 ha scritto:

RE:

"L'impressione è che proprio non abbiano colto (ma com'era possibile non coglierlo?) l'aspetto "meta-qualcosa" di Lana" ---> Proprio. Tipo quando si mette a fare il cavilloso e cita quel verso di This IS What Makes Us Girls: davvero si può essere così ottusi da prenderlo ala lettera? Davvero si vuole ignorare il rimosso quasi patologico che c'è dietro, o anche soltanto il desiderio di decontestualizzare uno stereotipo? Sul serio, sono rimasto basito. Perchè va bene non farsi troppe pare (io forse me ne sono fatte troppe... XD) e non astrarsi troppo dal dato letterale, ma ingorare del tutto il metatesto - macroscopico! - è quasi grottesco.

loson, autore, alle 11:32 del 30 gennaio 2012 ha scritto:

RE: RE:

ingorare = ignorare

rdegioann452 alle 11:33 del 30 gennaio 2012 ha scritto:

la stroncatura di pitchfork è una benedizione

sfos (ha votato 8 questo disco) alle 11:43 del 30 gennaio 2012 ha scritto:

Grandissima recensione, complimenti loson. Il disco è di una originalità unica; incredibile come elementi così diametralmente opposti come il beat di stampo hip-hop e l'orchestrazione retrò vengano riunificati in un disegno che suona già come un classico. L'interpretazione vocale è il più delle volte imponente, le melodie svettano per ricercatezza. E poi anche l'aspetto legato alle liriche e ai videoclip rielabora gli stilemi dell'american dream secondo una particolare indagine dell'inconscio.

loson, autore, alle 12:00 del 30 gennaio 2012 ha scritto:

RE:

Thaks a lot, dear sfos. Contentissimo che il disco ti sia piaciuto.

gigino (ha votato 7 questo disco) alle 12:53 del 30 gennaio 2012 ha scritto:

Stroncatura ????!!!

Devo dire che dopo tutto il parlare (male) che se n'è fatto, avevo pochissima voglia di ascoltarlo. Ed invece l'ho fatto e devo ammettere che sono rimasto stupito. Ecco questo è indie pop allo stato puro. Non male, davvero non male anche se alla lunga fors eun po' stucchevole perchè ripetitivo.

gigino (ha votato 7 questo disco) alle 12:56 del 30 gennaio 2012 ha scritto:

RE: Stroncatura ????!!!

Dimenticavo di aggiungere che i labbroni però sono davvero ridicoli. Se non li avesse ne avrebbe guadagnato in credibilità. O anche questo fa parte dell'immagine che ha voluto ritagliarsi ? VOTO AI LABBRONI: 2.

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 13:00 del 30 gennaio 2012 ha scritto:

Incuriosito dalla bellissima recensione (perché confesso che non la conoscevo affatto, musicalmente) e dall'altrettanto bellissima "video games", veramente notevole, mi sono procurato il disco... Sono appena al primo ascolto (già "blue jeans", però, mi piace molto), quindi vediamo un po' cosa succede...

Lei fisicamente mi ricorda altre cento "donne": così, su due piedi, direi la Nina Moric odierna, Eva Robins e la Nicole Kidman dopo la "cura"...

Qui Mathieu ti sei divertito un sacco secondo me! E hai fatto bene

loson, autore, alle 18:07 del 30 gennaio 2012 ha scritto:

RE:

Eheh, sì, un po' mi sono divertito. Sal, divertiti anche tu e recensisci con noi! Eppoi ormai dubsteppi che è un piacere... ;D @Sarah: gentilissima, come sempre.

sarah alle 15:55 del 30 gennaio 2012 ha scritto:

"video games" è davvero sorprendente, la splendida recensione invece non sorprende affatto ovviamente.

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 18:26 del 30 gennaio 2012 ha scritto:

"Eppoi ormai dubsteppi che è un piacere"... Che, sono sotto osservazione? Per quanto riguarda il resto, qualcosa si sta muovendo

loson, autore, alle 18:50 del 30 gennaio 2012 ha scritto:

RE:

Ahah, ho seguito ogni tuo passo, Sal. Sei il mio Truman e io il tuo Christof... ;DDDDD So che qualcosa si sta muovendo, amico mio, non vedo l'ora di vedere i frutti.

Totalblamblam alle 22:08 del 30 gennaio 2012 ha scritto:

complimenti a loson ( non l'ho letta LOL) e al suo chirurgo plastico che avrebbe fatto prima a prenderle le labbre quelle grandi per spostarle nella giusta posizione. la vidi da holland tempo fa: le sue canzoni non decollano mai. già troppi remix per i mei gusti segno che qualcosa non gira per il verso giusto.

Dr.Paul alle 9:54 del 31 gennaio 2012 ha scritto:

bah mi fate sentire un po sfigato ed emarginato, vorrei apprezzarla....vorrei gioire con voi, ma non ci riesco piu di tanto ) è un disco per una esclusiva fetta di pubblico di cui posso far parte, ma non riesco ad esaltarmi, neanche per videogames ! forse mi sfugge l'aspetto meta-qualcosa (?!?). aspetto prima di votare...ad oggi è un tre stelle!

voto al personaggio Lana 8. recensore 10+

REBBY (ha votato 5 questo disco) alle 10:04 del 31 gennaio 2012 ha scritto:

Tranquillo Doc che c'è sempre qualcuno più sfigato di te, ad esempio io che non apprezzo neppure il personaggio eheh

fabfabfab (ha votato 7 questo disco) alle 10:46 del 31 gennaio 2012 ha scritto:

La prima volta che ho visto il video di "Video games" sono rimasto a bocca aperta, ed era una vita che non mi succedeva. C'è poco "pop" come lo intende l'asse Lady Gaga/Madonna, sono più d'accordo con chi la identifica come la "risposta americana a Adele". Tanto quella è "old-fashion" British, tanto questa è "old-fashion" USA. Sulla durata dei rispettivi fenomeni non scommeterei un centesimo, perchè tutto dipenderà da quanto sapranno spogliarsi->fidanzarsi->farsi arrestare->finire sui giornali. Gli ultimi due fenomeni musicali di successo sono stati Amy Winehouse e Lady Gaga, indipendentemente dalle differenze in termini di qualità musicale, che erano - e rimangono - abissali. Il disco di LDR lo sto ascoltando adesso: non conferma le premesse di "Video Games", ma al momento sembra comunque la migliore uscita pop da un bel po' di tempo a questa parte.

loson, autore, alle 13:00 del 31 gennaio 2012 ha scritto:

RE:

Fab promosso, REBBY bocciato (ghghgh), Paul rimandato a settembre perchè gli piace a ragassuola ma non la musica. ;D Cmq Fab, non sono così d'accordo sull'equivalenza LDR-Adele: cioè, sì, può darsi che da alcuni siano percepite come due facce (una UK e l'altra USA) della stessa medaglia, o che magari entrambe puntino allo stesso target di pubblico. Però fra di loro c'è un abisso eh... E non sto dando un giudizio di valore, bada. Entrambe si guardano alle spalle (soprattutto Lana, buona com'è XD), ma in Born To Die c'è la trasfigurazione della forma, non soltanto la sua celebrazione. Nel senso che LDR & producers convergono nel creare uno stile originale, figlio del nostro tempo, mentre i pezzi di Adele - parlo anche di capolavori come Rolling In The Deep - hanno una patina retrò assai più spessa, tanto che quasi tutto "21" sarebbe tranquillamente potuto uscire nella prima metà dei ’70. E poi in Adele manca la creazione di un immaginario, non c’è lavoro sul metatesto (“che palle!” mi dirai, e hai pure ragione… XD). Ripeto: Adele è la ragazza qualunque – ma con un grande talento vocale - che viene pescata in mezzo a migliaia, tutto secondo la logica di X-Factor. Ha poche pretese, musicalmente parlando: punta tutto sulla sua immagine pulita, elegante, che non ha paura di nascondere i suoi difetti; ma anche sul suo stile sobrio, cristallino, e su materiale all’apparenza autobiografico. Lana Del Rey, al contrario, di pretese ne ha persino troppe, ed è tutto fuorché “sobria”.

fabfabfab (ha votato 7 questo disco) alle 13:44 del 31 gennaio 2012 ha scritto:

RE: RE:

Ah sì, il mio parallelismo non era sul piano musicale in senso stretto, ma sul personaggio nel suo complesso. Lana è yankee perchè lo è tutto il corollario, è la diva-USA trapiantata nel 21° secolo, a me l'"ovatta" del video di "Videogames" suggerisce questo. Quello che mi viene in mente e che ci possa essere l'intenzionalità di creare una diva del 21° secolo mischiando i canoni del passato con le esigenze "comunicative" del presente (il web, Youtube, un pizzico di mistero...). In questo senso Adele usa lo stesso mix (passato/presente-Xfactor), ma musicalmente sono due cose piuttosto lontane. A me al momento piacciono entrambe, per cui - l'ho già scritto da qualche parte - se il nuovo mainstream è questo, allelujah!

loson, autore, alle 14:34 del 31 gennaio 2012 ha scritto:

Non so se questo sia il nuovo mainstream, sai... Ok, Adele si inserisce in un filone ben preciso, il "nuovo" british soul (già individuato sia a livello stilistico che di mercato), e quindi rappresenta una fetta consistente del gusto mainstream non solo britannico ma europeo nel suo complesso. Lana Del Rey in America è una mosca bianca. Là il mainstream oggi si divide grossomodo in tre vasi comunicanti: l'hip-hop, il pop-rap alla Drake(cioè il nuovo corso r&b) e la dance di matrice "euro" cioè Lady Gaga/Ke$ha/l'ultima Britney... (ovviamente tralascio altre sfaccettature del mainstream americano come il country, roots rock, emo e via dicendo, che pure costituiscono una porzione bella grossa della torta). In quei tre generi che ho menzionato, tutti guardano un po' a tutti, nel senso che non ci sono barriere divisorie o tabù (e quando mai, se c'è di mezzo il money... XD), le influenze si spendono e si spandono a iosa. In questo quadro, Lana Del Rey non riesco a collocarla in alcun luogo. Ovvio che la cosa potrebbe - e anzi, dovrebbe - tramutarsi in un vantaggio per lei, ma lo sapremo solo nei prossimi mesi...

Filippo Maradei alle 15:06 del 31 gennaio 2012 ha scritto:

Ho ascoltato poco più di metà disco (sono arrivato fino a "Dark Paradise" inclusa), ma per ora posso dire che mi piace tanto tanto "Born To Die" (canzone), "Blue Jeans" e "Video Games". Recensione marmorea.

REBBY (ha votato 5 questo disco) alle 18:05 del 31 gennaio 2012 ha scritto:

REBBY bocciato (ghghgh)

# Q eheh []

Krautrick alle 20:54 del 31 gennaio 2012 ha scritto:

Penso di essere vissuto per mesi in un bunker, visto che fino a ieri sera non sapevo manco che Lana esistesse. Oggi ho ascoltato il disco già tre volte e sto andando con la quarta, mentre leggo l'intervista sul numero di gennaio di NME. Tornerò nei prossimi giorni per esplicitare idee che già mi girano in testa ma ancora confuse. Per il momento mi limito a un clap clap per Lana e Loson (col quale ormai, mi devo arrendere, ho una simbiosi: lui plagia me sulla musica, io plagio lui sul cinema ).

loson, autore, alle 23:00 del 31 gennaio 2012 ha scritto:

RE:

Ahahah... Sìììì! Plagiamociiii! ;DD

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 17:24 del primo febbraio 2012 ha scritto:

Lana, Lana… Lo confesso mi hai stregato! Non so come sia successo, voglio dire, non sei proprio il mio tipo. Il mio tipo è chessò, Françoise Hardy, mica quisquilie! Il fatto è che hai carattere e che, con un pugno di canzoni, hai dimostrato una grande personalità. Sei maistream? E che sarà mai! Non credo rientri tra le cose da confessare a un prete (!)… Non hai inventato niente? E i Franz Ferdinand – Come, non li conosci? Sono in gamba… Il primo cd che hanno fatto è davvero notevole – cosa hanno inventato? Ah, giusto loro fanno rock, cose serie, loro sono oggettivamente validi… Ho capito, pazienza, quando sono in macchina con gli amici metto loro, che io ho una reputazione da difendere, io sono Rock & Roll! Poi quando viaggio solo, metto su te e canto pure "Heaven is a place on earth with you", tanto non mi sente nessuno, mica potranno dire che sono una femminuccia…

Dicevo, il fatto è che hai personalità e potresti averne ancora di più se ti concentrassi su quello che ti riesce meglio, vale a dire il pop decadente, lascivo, quello che à la Bianconi (Ma qui nessuno mi legge vero? Che Bianconi ha scritto una canzone per Noemi, si è venduto, non serve più a niente, come Carmen Consoli che ha scritto una canzone con Tiziano Ferro: Orrore!!!) è appannaggio degli esistenzialisti tristi. E tu, proprio un’esistenzialista mi sembri, una moderna Jiuliette Greco, una Dalida del XXI secolo che declama di amori marciti e di desideri marci. Sì, perché è quando declami imbronciata, delusa, imperturbabile e un po’ serafica che dai il meglio, come succede in quelle quattro meraviglie che hai piazzato sull’album: "Video Games", "Born to Die", "Blue Jeans" e "Carmen". No vabbé anche il resto mi piace, ora non te la prendere, come potrebbe non piacermi "Diet Mountain Dew" e il suo brio metropolitano o "Summertime Sadness", in cui batti la Gaga sul suo stesso terreno?! E’ che io ti immagino tutta vestita di nero su un palco che illumina solo la tua figura, immobile, mentre declami, come una sfinge, queste specie di mantra… Insomma, è così che ti preferisco! Ora però scusami ma devo andare, stanno per raggiungermi degli amici a casa e devo mettere su i Led Zeppelin… Caspita, io non posseggo un cd dei Led Zeppelin!

REBBY (ha votato 5 questo disco) alle 17:52 del primo febbraio 2012 ha scritto:

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Ehi piano un attimo Salvatore, guarda che per il momento i "diversi" su questa striscia di commenti sono Paolo (che però apprezza il personaggio) e soprattutto io. Tutti gli altri, se leggi bene, sono più o meno tutti stregati da superLana come te Sono io semmai che sarò costretto a infilare almeno Videogames in una mista per difendere la mia reputazione eheh. Eppoi lasssiatelo dire dei Led Zep per essere davvero fighi bisogna avere i vinili non i cd ghgh

Dr.Paul alle 19:54 del primo febbraio 2012 ha scritto:

i "diversi" su questa striscia di commenti sono Paolo (che però apprezza il personaggio) e soprattutto io.

non sottovaluterei stoke eh!! lo voglio con me/noi.

Totalblamblam alle 20:16 del primo febbraio 2012 ha scritto:

LOL quando posso sempre al tuo fianco ghgh ho sentito solo tre pezzi: video games (che ahimé non decolla , peccato sprecata occasione ghiotta),born to die e off the races, che invece mi dicono poco.non scomoderei la greco né dalida che per forza espressiva sono di un altro pianeta. quanto durerà questa lana? le auguro anche solo la metà degli anni di quelle due ma credo che infeltrirà in fretta.

loson, autore, alle 20:35 del primo febbraio 2012 ha scritto:

Una standing ovation per Salvatore, please. REBBY si sta redimendo, è sulla giusta strada. Paul rivendica la sua diversità con orgoglio: a lui la lana non piace. Stoke, invece, vuole solo la lana vergine. XD

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 20:53 del primo febbraio 2012 ha scritto:

Grazie grazie, ora potete anche riaccomodarvi sulle vostre sedioline girevoli... Ma come Mathieu, ti eri alzato solo tu?

Consentimi Rebby, il mio discorso non riguardava te, Paolo (che poi Paolo non apprezza la Lana, ma un discorso del genere NON POTREBBE essere indirizzato a lui!) o stoke(d)... Il mio era una via di mezzo tra un discorso molto più ampio e uno sfogo... Per quanto riguarda la Greco e Dalida, le ho scomodate (senza fare paragoni, che già quelli tra la Winehouse e la Joplin mi sono bastati) perché trovo nella Del Rey un'attitudine affine. Sul fatto che durerà di meno ne sono fermamente convinto anche io perché oggi non si ha più voglia di "icone", sono troppo impegnative. Molto più rassicurante un frugale mordi e fuggi! Alla Del Rey non auguro nemmeno un'esistenza tipo quella delle due prima citate, sebbene dietro ogni parola che le esce da quei labbroni sintetici ci sento una "infinite sadness"...

Alfredo Cota (ha votato 8 questo disco) alle 0:06 del 2 febbraio 2012 ha scritto:

Grandissimo Salvatore! Lana gusta anche a me, soprattutto il lato "dècadent"

REBBY (ha votato 5 questo disco) alle 8:40 del 2 febbraio 2012 ha scritto:

"il mio discorso non riguardava te, Paolo o Stoke(d)"

L'avevo capito eh, ma i posteri (lo sai che ste cose scritte promettono di essere eterne...) non potrebbero. Era meglio andare ot sui Cripple Black Phoenix, dove il tuo intervento sarebbe stato pertinente anche per i futuri visitatori SdM eheh

REBBY (ha votato 5 questo disco) alle 8:45 del 2 febbraio 2012 ha scritto:

"rebby si sta redimendo"

Mai dire mai, ma sarà dura. Per ora, sono sincero, non ho tanta voglia di procurarmi sto cd, ma chissà magari quando mia figlia ritorna dall'America mi chiederà di comprarlo, come ha fatto a suo tempo con Lady gaga eheh

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 10:51 del 2 febbraio 2012 ha scritto:

Ma non credo di essere andato OT, Rebby. Nel mio commento c'era tutto ciò che penso dell'album e di quello che gli gira attorno. Credevo di essere stato fin troppo IT! E comunque io sono spesso un po' impertinente

REBBY (ha votato 5 questo disco) alle 11:15 del 2 febbraio 2012 ha scritto:

@)>------------

vabbè evidentemente mi sono spiegato male, "Era meglio andare ot sui Crippled": volevo dire che il tuo "sfogo" era una tua risposta ad un intervento fatto là o sbaglio? Sempre per i posteri eh Su Lana sei stato assolutamente it, seppur un po' impertinente eheh

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 11:33 del 2 febbraio 2012 ha scritto:

RE: @)>------------

Non no Rebby ti sei spiegato bene... è che io la mattina sono un po' obnubilato... Il mio messaggio era un commento al disco in primis (di qui la scelta di lasciarlo sulla pagina di Lana), poi un voler dire la mia su una questione che lì (sui cripple, che nemmeno conosco) ma che spesso altrove viene fuori...Oggi qui domani la' io vado e vivo cosi

Per i posteri pazienza, si vede che non verrò rivalutato post mortem

swansong alle 16:43 del 2 febbraio 2012 ha scritto:

Premetto che siamo fuori dalle mie corde e manco ci provo a mettermici, ma..

..ma, maahh! Insomma sbaglio io, per carità, ma lo dico con profondo rispetto nei confronti di tutti coloro che questo genere lo amano e lo ascoltano facendosi stregare, anche e soprattutto lo dico al grande Los, il quale ci delizia sempre con delle recensioni splendide come questa, ma non capisco, qualcosa mi sfugge..Di cosa parlo? Scusate, ma dopo aver letto e goduto della tua "lectio magistralis" dedicata alla retrospettiva genesisiana, non mi capacito di come tu così candidamente (questa sì che è classe!) possa arrivare a dedicare tutto sto tempo a questa caruccia fanciulla, onesta mestierante, vocina al tempo gorgheggiante, suadente, stridula quanto basta per fascinare qualche adolescente, figlia di cotanto padre, nuova predestinata effimera star del music business americano..insomma, passatemela, passamela Los, con tutta la mia immutata stima, il valore delle tue recensioni - quando le dedichi a questi personaggi - è inversamente proporzionale al valore dell'artista recensito e, credimi, vali molto, ma molto di più tu come recensore di tutte le Lana Del Rey (ma poi, cavolo, la fantasia del nome d'arte..) del pianeta, che, al massimo, sarebbero degne di servirti il caffè al primo Starbucks della 5th Avenue..P.S. Sì questo è anche, se vogliamo, una mia chiosa alla questione sollevata da Stefano in commento ai grandi CBP..pace!

loson, autore, alle 22:12 del 2 febbraio 2012 ha scritto:

RE: Premetto che siamo fuori dalle mie corde e manco ci provo a mettermici, ma..

Un recensore lo si giudica anche dagli artisti che "promuove", swan. Evidentemente, per te come per molti altri, non sono un così bravo recensore. Non che la cosa mi turbi, intendiamoci: se ho dedicato così tanto tempo e spazio a questa "onesta mestierante" l'ho fatto perchè sono convinto dei suoi meriti. Ma poi amare i Genesis equivale a detestare Lana Del Rey? Davvero l'amore per un certo tipo di musica presuppone l'esclusione di un'altra grande fetta di musica? Io non credo proprio. L'ho già detto da qualche parte ma lo ripeto qui: fino a 14 anni ho ascoltato soltanto prog rock, musica classica ed eurodance. E, ti giuro, in tutto ciò non percepivo alcuna contraddizione. Esattamente come adesso non percepisco contraddizioni nell'amare contemporaneamente Born To Die e Fennesz, la drone music di Kevin Drumm e i Pulp, i Rush e Steve Reich. Pazienza se molti storceranno il naso. Pace, amore ed empatia.

Utente non più registrato alle 23:36 del 2 febbraio 2012 ha scritto:

tra i migliori dischi "mainstream" degli ultimi anni, notevolissima la disamina di monsieur loson, comme d'habitude....

swansong alle 15:35 del 3 febbraio 2012 ha scritto:

Caro Los! Scusa, non intendevo certo dire che non sei un bravo recensore, ma esattamente l'opposto! Forse mi sono spiegato male, quindi colpa mia, il fatto poi che ciascuno possa ascoltare ed amare qualsiasi tipo di musica, beh, manco ci piove! Il punto, se permetti, è un altro piuttosto. Non condivido l'assunto per cui in recensore lo si giudichi in base agli artisti che “promuove”, come di ci tu. Credo valga il contrario, invece: Un recensore lo si giudica (o, meglio, si dovrebbe giudicare) “a prescindere” dagli artisti che promuove. E per quanto ti riguarda, questa mia convinzione, vale doppio dal momento che tu saresti un ottimo tecnico anche dovessi (magari per lavoro chessò) parlare dell'ultimo disco dei Modà..

Ed infatti non ho detto, nè inteso dire che “l'amore per un certo tipo di musica presuppone l'esclusione di un'altra grande fetta di musica”, anzi, anch'io cerco di ascoltare di tutto (e spesso grazie anche alle tue/vostre segnalazioni), sebbene prediliga, e non è un mistero, un certo tipo di sonorità e nemmeno io mi sento in contraddizione quando ascolto Keith Jarrett e l'ora dopo i Sepultura...quindi tranquillo, continua ad essere colonna portante di questo sito perchè, comunque, anche se il genere non sarà sempre il mio prediletto, la tua lettura è in ogni caso un piacere. Con la mia massima e più sincera ammirazione, come sempre!

loson, autore, alle 16:37 del 3 febbraio 2012 ha scritto:

RE:

Ma ci mancherebbe, swan. Mica me la sono presa. Ognuno ha diritto ad avere la propria opinione, anche su di me come sugli artisti che recensisco. Sei gentile, ma purtroppo non credo di essere una colonna portante di SdM. Diciamo che ogni tanto faccio del mio meglio per scrivere qualcosa di sensato (o che almeno mi appaia sensato XD): le vere colonne portanti di questo sito sono altre. Stammi bene, swan. @Granthart: le sono molto obbligato, monsieur.

michelsax alle 14:17 del 7 febbraio 2012 ha scritto:

born to die percorso iniziatico

Innanzi tutto faccio i miei più sinceri complimenti a Matteo tosi per l'impeccabile e storiografica recensione dell'album. Premetto che da poco mio fratello mi ha fatto conoscere questa cantante, o meglio dire questo personaggio, e la suggestione che le sue canzoni sprigionano sono impressionanti.

Vorrei dare il mio contributo parlando della canzone "Born to die", dell'aspetto esoterico del video, che è un percorso iniziale massonico. E' girato allo Chateau de Fontainbleau in Francia, e l'inquadratura iniziale la mostra sul trono ad interpretare la PAPESSA dei tarocchi. Come la papessa domina la luna, la luna è scolpita sullo schienale del trono. Lana è posizionata davanti alle due colonne del tempio. In una sequenza si vede il suo boyfriend nella posizione dell'impiccato dei tarocchi, che rappresenta sincreticamente l'iniziato quando nel rito di accettazione si presenta alla comunità e gli viene tolto il cappuccio. La multidimensionalità di cui parlava Matteo, si riscontra in tutto il video, dove muore per un incidente automobilistico alla vita reale per rinascere alla fine alla vera vita, l'inizio della via per perseguire la grande opera.

Bellissimo.

Nel mare di banalità della musica contemporanea Lana del rey è un faro inquitante e suadente.

Roberto alle 21:26 del 7 febbraio 2012 ha scritto:

Opera "pop" immersa, nonostante i rimandi al passato, in questo preciso momento storico. Oltre la patina "pop" si cela un mondo carico di simboli ed inquietanti suggestioni; come illustra egregiamente il recensore riferendosi al "meta-qualcosa" e michelsax nel suo post. Non si tratta, a mio modesto parere, di stabilire quanto ci sia di artefatto in LDR e quanto essa sia genuina. Dovremmo invece soffermarci sul messaggio che l' album sembra veicolare. "Born To Die" è un' opera che pare trasmetterci, attraverso metafore, qualcosa di lugubre sull' America di oggi. Non mi rimane che approfondire l' ascolto . . .

mavsi alle 14:28 del 8 febbraio 2012 ha scritto:

Anch'io aggiungo i miei ai meritati complimenti già ricevuti da Los.

"Sarà Lizzy Grant all’altezza di indossare la maschera Lana Del Rey?": credo anch'io che tutto giri proprio attorno a questo.

Premetto che i miei gusti e la mia sensibilità musicale sono un po' altri rispetto a quanto proposto con Born To Die, ma devo riconoscere che il lavoro di produzione e promozione fatto attorno a Lana è stato davvero pregevole. Anche musicalmente alcuni pezzi dell'album sono davvero notevoli (Videogames naturalmente, ma non solo...)

Il complesso (album, videos, personaggio) rimane avvolto da un'aura decadente che insieme è rappresentazione ed, in qualche modo, critica (denuncia magari è un parolone) di una realtà di cui, però, si è pienamente parte.

Allora torniamo alla nostra domanda: quanto Lizzy è davvero consapevole, in prima persona, della complessità e profondità che Lana vuole trasmettere con l'apparente superficialità e ordinarietà (per il mondo di oggi) della sua apparenza ( e dei suoi testi).

Perchè le prove live della nostra (alcune pessime, altre meno peggio di quanto si vuole dipingerle, vedi addirittura il Corriere della Sera!) sembrano andare proprio nella direzione di una sopravvalutazione delle possibilità di Lizzy di recitare il ruolo di Lana.

Comunque rimane un bel lavoro, sicuramente significativo.

fabfabfab (ha votato 7 questo disco) alle 0:09 del 9 febbraio 2012 ha scritto:
Filippo Maradei alle 11:11 del 9 febbraio 2012 ha scritto:

RE:

Bah, a me i cantanti che stonano un po' piacciono. Sarò matto io.

fabfabfab (ha votato 7 questo disco) alle 11:16 del 9 febbraio 2012 ha scritto:

RE: RE:

No vabbè dai, in certi punti è agghiacciante. Se vuoi consideriamo il fatto che comunque è esordiente e che - a differenza degli altri esordienti - le sue performance vengono analizzate nel dettaglio... non credo che canti sempre così...

Filippo Maradei alle 11:23 del 9 febbraio 2012 ha scritto:

RE: RE: RE:

In effetti riguardando il video stona più di un po', ieri avevo visto soltanto l'inizio di "Video Games". Che dire, magari era in giornata no, aveva il raffreddore, le sue cose, boh.

loson, autore, alle 11:39 del 9 febbraio 2012 ha scritto:

RE: RE: RE: RE:

Era semplicemente nervosa oltre ogni limite. Se ti si blocca il diaframma

fabfabfab (ha votato 7 questo disco) alle 11:41 del 9 febbraio 2012 ha scritto:

RE: RE: RE: RE: RE:

... è un dramma

loson, autore, alle 11:48 del 9 febbraio 2012 ha scritto:

Ahahahah... Connessione tamarra, la mia. Qualcuno cancelli! XD

swansong alle 15:31 del 9 febbraio 2012 ha scritto:

Ragazzi, eddai! Certo può capitare anche ai migliori di stonare, ma qui, secondo me - e lo ripeto - stiamo parlando di un sonoro (e stonato) bluff mediatico. Studiato benissimo a tavolino, nato e creato altrettanto bene dentro uno studio di registrazione. Punto. Ok, l'ho detta, tolgo il disturbo. Ciao a tutti! (..e non voglio aggiungere altro - per non scemare oltre in questo mio superficialotto accanimento contro questa bella fanciulla. Che poi è anche piacevole da ascoltare, è questo che mi fa rabbia, mannaggia! eh eh)

fabfabfab (ha votato 7 questo disco) alle 12:23 del 14 febbraio 2012 ha scritto:

Sul fatto che sia una gran paracula non ci piove: padre miliardario, produzione stellare, marketing virale... Sul fatto che sia "commerciale" e "studiata a tavolino" anche, ma se prendiamo questo come metro di giudizio siamo finiti. I musicisti più "studiati a tavolino" che io abbia conosciuto (di persona) sono i musicisti metal, che invece fanno della loro "indipendenza" un punto d'orgoglio. Questo è un prodotto "cantautoriale" in confezione pop, e la confezione è studiata da qualche vecchio marpione. Le canzoni però sono delle signore canzoni, riescono nell'impresa di non cadere nella ripetitività anche quando quella sarebbe la loro destinazione naturale ("Diet Mountain Dew"). Io azzarderei un parallelo ideale con l'esordio di Janelle Monàe di due anni fa: nella misura in cui quello era la “testa d’ariete” black nel mondo mainstream, questa è quella bianca. Ovvero, ci sono i riferimenti all’MTV pop odierno (“Radio”), ma il senso generale del disco (e del personaggio, soprattutto) sembra la volontà di voler introdurre elementi “alternativi” (“Blue Jeans”, “National Anthem”) nel quadro pop di riferimento. Nella peggiore delle ipotesi invece, vale la soluzione inversa: “ripulire” il pop da quegli elementi che lo rendono inviso (inviso?) al popolo “indie”. Vabbè, comunque sia, per me stesso voto della Monàe (buon auspicio, perché quello poi era finito nella mia top ten di fine anno) e stessa impressione: eccellente almeno fino a “Dark Paradise” (“National Anthem” esclusa), come fosse una raccolta di singoli (ma probabilmente lo è) davvero uno meglio dell’altro. Da metà in poi perde qualcosa, si avverte un po’ di manierismo (sebbene di gran classe, vedi “Million Dollar Man”), qualcosa della Madonna anni’90 (non un male per forza) e un paio di passaggi a vuoto (“Summertime Sadness”) riscattati solo dai soliti arrangiamenti faraonici (“Lolita”).

Emiliano alle 14:39 del 14 febbraio 2012 ha scritto:

Visto l'hipe sul sito, le vostre interessanti discussioni a riguardo e la senilità che avanza ci ho provato, incoraggiato dalla SPLENDIDA recensione del Los (a proposito, mai valuterò un recensore per quello che propone, ma per come lo fa). Niente. Not my cup of tea, ma forse perché non ho il tempo-voglia di aprire la mia sensibilità ai sottotesti di cui sopra si tratta così nel dettaglio. Perchè credo che in musica tali "intellettualizzazioni del prodotto" siano spesso deleterie, che il disco debba reggersi in piedi in maniera autoevidente, specie in ambito pop. Questo non significa che il pop debba essrer per forza facile e vacuo, ma che il grado zero della canzone, per dirla alla Barthès, deve funzionare indipendentemente dalla possibilità di essere analizzato a più livelli. ecco, il livello zero di questo disco semplicemente non mi garba. Mi esimo dal mettere un voto, ma sarebbe 2 stelline e mezza. Comunque, una delle recensioni migliori degli ultimi mesi.

lev (ha votato 7 questo disco) alle 15:22 del 14 febbraio 2012 ha scritto:

incuriosito dalla discussione l'ho ascoltato, e visto il genere ovviamente (e purtroppo) pieno di pregiudizzi. però devo ammettere che è un disco davvero piacevole. ha ragione fabio, tolto qualche pezzo sembra una raccolta di singoli. e tralasciando la mega produzione i brani hanno comunque un certo spessore. la tipa sarebbe anche piuttosto sexy, peccato però x quei labbroni. voto labbroni: 2 anche x me.

lev (ha votato 7 questo disco) alle 15:49 del 14 febbraio 2012 ha scritto:

ehm ehm, pregiudizi.

loson, autore, alle 23:55 del 17 febbraio 2012 ha scritto:

Sei gentilissimo, Emiliano. @Fab: stuzzicante e condivisibile il parallelismo fra Monae e Del Rey. Entrambe, come dici tu, iniettano nei tessuti mainstream sostanze di natura "indie-ogena". Poi, certo, le modalità sono forse agli antipodi, e non solo per la contrapposizione fra universo pop "nero" e "bianco". Anche dal punto di vista strutturale, The Archandroid e Born To Die sono quasi opposti: il primo muta pelle di continuo, da traccia a traccia, istrionico fino al parossissimo; il secondo è molto più omogeneo, basato su una precisa idea di canzone, su una "formula" - elastica, capace di adattarsi a diversi contesti, ma pur sempre una formula (e non c'è nulla di sbagliato, ovviamente). Bravo Fab, mi sei piaciuto. (Ma davvero non ti piace "Summertime Sadness"?)

Ubik (ha votato 8 questo disco) alle 1:30 del 20 febbraio 2012 ha scritto:

Disco Pop eccellente, farcito di ottimi singoli, mi diverte; questo basta.

Franz Bungaro alle 14:41 del 4 luglio 2012 ha scritto:

Sto cercando dall'inizio dell'anno di spiegarmi il motivo di cotanta attenzione (da parte dei siti e riviste di musica, diciamo, ricercata) su questo album. Ed ancora non l'ho capito. O forse l'ho capito. Come ho capito che smetterò pure di continuare a chiedermelo, perchè non ho davvero più voglia di ascoltarlo. Per carità, pezzi orecchiabili ci sono, mediamente tutti. Ma perchè non si è mai parlato di Dido, di Pink o Britney Spears in questi termini allora? Se la parola magica è trip hop, allora ogni tanto qualcosa del genere l'hanno buttata dentro pure da quelle parti. Polpettone cerchiobottista (mainstream e undergrond) mediaticamente sotto o sovraesposto, a seconda di come serviva. Ovviamente, è un mio modestissimo parere.

fabfabfab (ha votato 7 questo disco) alle 14:02 del 19 novembre 2012 ha scritto:

Riascoltato a distanza in vista della playlist di fine anno. MAstro Loson aveva visto lungo. Finito l'hype (anzi certa critica ha già cominciato a demonizzarla) rimane uno dei dischi mainstream migliori degli ultimi, a cui (purtroppo) temo seguirà una deriva molto meno positiva. Quando quelli della moda mettono sotto contratto le cantanti la loro carriera musicale è finita. E comunque ero stato profetico anche io, nel mio personale paragone (voto:7 / topo ten di fine anno) con la Monae.

loson, autore, alle 14:49 del 19 novembre 2012 ha scritto:

Complimenti, Mastro Fab. Pur'io non mi smuovo di una virgola: capolavoro fatto e finito. Adesso l'hype è svaporato, come dici tu. Alcuni fra coloro che subito gridarono al miracolo le hanno già voltato le spalle, e lei sarà presto dimenticata a meno che non reinventi suono e immagine come è prassi per le pop star mainstream. Il guaio è che non ne sarà capace, perchè lei "abita" un certo tipo di suono e di estetica e da lì non si schioda. L'ho detto anche nella rece: Lana Del Rey è l'unico personaggio di cui Lizzy Grant può vestire i panni, perchè nella sua massima artificiosità è comunque l'unico personaggio che le appartiene. Fra l'altro, management e casa discografica continuano ad avere problemi nel gestire la sua dimensione live, incapaci come sono di allestire uno show che valorizzi i maelstrom sonori ascoltati su disco: preferiscono puntare su performance spartane le quali, seppur inizialmente coinvolgenti e "azzeccate", stanno cominciando a stufare. Per fortuna il novello EP "Paradise", allegato alla deluxe edition di Born To Die, dimostra che la tipa e i suoi producers sono ancora in grado di forgiare brani di alto livello, perfettamente in linea con quanto è stato pubblicato finora.

Franz Bungaro alle 14:57 del 19 novembre 2012 ha scritto:

Perchè dite così? L'Italia (ma immagino sia lo stesso nel resto d'Europa) è piena di manifesti di una famosa marca di abbigliamento svedese che ritraggono Lana del Ray in pose ammiccanti. E l'hanno scelta perchè si chiama come un famoso tessuto invernale, mica per altro.

loson, autore, alle 15:06 del 19 novembre 2012 ha scritto:

Non vedo il problema: una cantante non può anche essere testimonial per famose marche di abbigliamento svedesi?

Franz Bungaro alle 15:08 del 19 novembre 2012 ha scritto:

assolutamente si! Era per dire che l'hype non è "svaporato"...anzi...è mainstream più che mai...

bill_carson (ha votato 6 questo disco) alle 16:39 del 20 novembre 2012 ha scritto:

2-3 ottimi singoli e uno stile intrigante. il disco, però, nel suo complesso non mi convince. comunque sia, da tenere d'occhio

Soul-Pop (ha votato 5,5 questo disco) alle 21:12 del 13 dicembre 2012 ha scritto:

Le tracce "Summertime Sadness", "National Anthem" e "Dark Paradise" sono troppo simili fra loro, sebbene siano orecchiabili, ma "Blue Jeans", "Born to die" e la neonata "Ride" sono delle vere perle di musica pop, i pilastri che sorreggono il disco, che può risultare noioso. Una strategica disposizione delle tracce avrebbe potuto alleggerire il tutto. Anche "Body Electric", canzone della riedizione, è particolare e richiama atmosfere cupe degne di artisti hip-hop cresciuti nel disagio. Brava comunque e almeno non scontata e ridicola

come Katy Perry o Rihanna.

forever007 (ha votato 7 questo disco) alle 16:06 del 19 dicembre 2012 ha scritto:

Questa recensione è davvero straordinaria ! Comunque a me l'album è piaciuto, ma ,purtroppo, non come a te; cioè va bene la complessità armonica e anche vocale, il fondersi di più generi, i testi riproduzioni di una voluttuosa vita "all'americana", ma le canzoni sono troppo simili tra loro. Al primo ascolto è originalissimo, poi l'interesse ,dopo aver sentito due o tre volte di seguito Dark Paradise e Summertime Sadness oppure Carmen e Million Dollar Man (secondo me la migliore dell'album) , inizia a scemare per l'eccessiva somiglianza di queste canzoni. Ovviamente Born to die, Video Games e Blue Jeans sono dei classici, ma le altre (Lolita, National Anthem e This is what makes us girls) non sono allo stesso livello, soprattutto dal punto di vista strumentale, a mio avviso. Ma resta comunque molto meglio di tante altre ragazzette pop di questi ultimi anni.

Mirkosss alle 13:51 del 20 gennaio 2013 ha scritto:

Bella recensione, vera di contenuto. Non mi dilungherò ad echeggiare per rima, ma cerco di darvi la sensazione che ho dell'album. Sento una patina, come un vetro opaco che mette questo suono e questa voce tra l' America e ciò che gli americani intuiscono di essere, ma non capiscono pienamente. Pertanto tutto ciò risulta distante e alle volte estremamente vicino al presente. È un'indagine, con tanto di lente e impermeabile da ispettore in bianco e nero di un omicidio di un gangstar rapper soffocato nelle sue catene dorate e pellicce di visone. Un brindisi alla Martini girl del 2012.

Lepo (ha votato 7,5 questo disco) alle 21:02 del 30 maggio 2014 ha scritto:

Album che sarà ricordato come epocale, per quanto si possa essere epocali in questi anni di mordi e fuggi. E mi sa che anche il prossimo non sarà da meno, ascoltando le anticipazioni. La recensione è tra le migliori che mi sia capitato di leggere.

nebraska82 alle 14:01 del 31 maggio 2014 ha scritto:

sì, "shades of cool" è molto bella, quasi dreampop, promette bene per il secondo album

Lepo (ha votato 7,5 questo disco) alle 13:40 del primo giugno 2014 ha scritto:

A me è piaciuta molto anche West Coast, sensualissima!

pantabellidiritti alle 17:29 del 29 settembre 2015 ha scritto:

Disco acquistato oggi stesso su itunes, così, a pelle. Devo ancora ascoltarlo per bene. Una cosa mi preme, però, dire chiaro: recensione F-A-V-O-L-O-S-A! Complimenti, è un piacere leggere scritti del genere.