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R Recensione

6/10

Blonde Redhead

Penny Sparkle

“Now it's day but I am dreaming”, canta Kazu Makino nel ritornello del brano che apre Penny Sparkle, con la sua voce perforante, rimasta unico baluardo non demolito dei fasti violenti che furono. L’importante è che, non lo dico per sciupare l’ermetismo onirico dei sempre splendidi versi intonati dalla brava giapponese, il sogno non si addomestichi tediosamente in sonno, e si, a onor del vero di tanto in tanto si corre questo pericolo.

È davvero così fisiologicamente scontato il percorso di una band? Veramente i furori primigeni degli esordi si smussano sempre col tempo in favore di eteree morbidezze? Quanti artisti conoscete che in corso di più o meno fortunate carriere abbiano avuto la loro svolta pop, cui è seguito un consueto crogiolarsi su lente (comode?) derive? Ma da quando vecchiaia (artistica, eh) è divenuto sinonimo di placidità? Lo so, molti di voi, e anch’io, possiedono le risposte a queste domande, e resta fondamentalmente irrisolta l’indagine sulle ragioni di alcune scelte o di certi cambiamenti di rotta. Pane al pane e vino al vino: il nuovo Blonde Redhead non è affatto un brutto album. È poetico, sentito, cerca di affiancare nuove strade a quelle già intraprese, pur restando fedele a certi stilemi che sono poi peculiari di buona parte del catalogo 4AD, etichetta cui sono legati (a ragione) dal 2004 dell’osannato Misery Is A Butterfly.

Proprio quel disco, la vera svolta nel sound Blonde Redhead, mi aveva affascinato, tanto nell’attesa, ben quattro anni dal capolavoro insuperato Melody Of Certain Damaged Lemons, tanto nella sorpresa di come quei quattro anni fossero stati forieri di novità, idee e sperimentazione. A prescindere dal risultato (buono), non è affatto poca cosa. Oggi, dopo un 23 che parzialmente li sorprese a ritrattare, Penny Sparkle aggiunge francamente poco alla cifra stilistica della band, piuttosto sottrae.

Registrato tra New York e Stoccolma e prodotto da Van Rivers e The Subliminal Kid (già alle prese col progetto Fever Ray), l’album si sviluppa su dieci movimenti (?) in cui è lampante la rinuncia totale alle chitarre e a qualsivoglia sonica velleità. Canzoni invischiate in una melassa di synth di sapore eighties, opportunamente dilatata a uso e consumo di una personalità che resta definita, senza per questo funzionare a dovere. Pezzi come Spain, dalle godibili impennate vocali, Love Or Poison (ingrediente novus: un trillo lontano), My Plants Are Dead, tanto mestiere e poca incisività, Not Getting There, inutilmente stratificata, concedono aria agli sbadigli e davvero poco di più. Appena superiore è Will There Be Stars, con Amedeo Pace alla voce, ammesso e non concesso di dimenticarci cosa fu Loved Despite Of Great Faults. Decisamente meglio va invece in Here Sometimes, che ci illude in apertura con un’electro morbida e trasognata, negli slanci di una glaciale Oslo, e nella - finalmente - saturazione dei vuoti di Everything Is Wrong. Appunto. Il posto in cui legittimamente minimalismo fa rima con lirismo è nella liquefazione dolorosa della title track, scheletrica ma terribilmente giusta, mentre Black Guitar si prende lo scettro della preferita di chi scrive, con Kazu Makino e Amedeo Pace che si alternano alla voce raggiungendo apici poetici inesplorati e affascinanti.

Tra sperimentalismi che stringono l’occhio a Kid A senza possederne l’audacia né la portata, e il trip-hop ammorbidito dei Massive Attack più annoiati, l’unica arma in possesso dei Blonde Redhead odierni è la voce di Kazu Makino e una manciata di idee che pretendono sviluppi più approfonditi e meno omogenei. Oltre ovviamente a una classe superiore che non può essere evaporata nel tempo.

Se fosse una visione onirica, la carriera dei newyorkesi potrebbe essere paragonata a un uomo che nuota verso la terra promessa: parte a delfino, potente e muscoloso, prosegue a stile libero, sicuro e veloce, ripiega sul dorso, stanco ma in movimento. Penny Sparkle è quel nuotatore che attualmente fa il morto, prende fiato e si lascia portare dalla corrente. Ha le spalle più larghe, e forse approderà su una spiaggia paradisiaca, che di sicuro non sarà la terra promessa. A loro decidere se continuare a cercare, o fermarsi qui. Voi cosa fareste?

V Voti

Voto degli utenti: 7,4/10 in media su 13 voti.
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target 6/10
gull 6/10
sarah 7/10
maxco 9/10
REBBY 8/10

C Commenti

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REBBY (ha votato 8 questo disco) alle 10:17 del 18 ottobre 2010 ha scritto:

Qua la penso molto diversamente da Daniele, anche

se vi sono punti di contatto nei due ragionamenti.

Per me quarto album di fila riuscito della band,

certo uno diverso dall'altro (è un pregio eh, se

facessero ancora parte della gioventù sonica

rischierebbero facilmente di esser ripetitivi e

forse patetici), pur nella riconoscibilità di un

"marchio" Blonde redhead e non solo per la

peculiarità del cantato (ma anche qui, soprattutto

in quello femminile, c'è un evoluzione). Si, i

i synth prendono il sopravvento, si riduce l'apporto delle chitarre (non è però rinuncia totale, in qualche pezzo è ancora ben presente e

dal vivo, pare, in quasi tutti) e della batteria

(affiancata o sostituita dalla drum machine), ma

rimane la capacità, a mio giudizio, di creare

brani poetici e sognanti. Il loro album synt-pop

e, probabilmente, il mio album synt-pop dell'anno. Il sedimento del tempo mi dirà poi se

la certa infatuazione (non è stata immediata però) si trasformerà in amore eterno. Per il

momento confermo la mia convinzione che trattasi

di uno dei gruppi più importanti della mia musica

di questo nuovo millenio, degni eredi dei Cocteau twins che tanto ho amato in quello scorso (e questi il mio amore eterno l'hanno già acqisito).

Dr.Paul (ha votato 7 questo disco) alle 10:27 del 18 ottobre 2010 ha scritto:

"Veramente i furori primigeni degli esordi si smussano sempre col tempo in favore di eteree morbidezze? Quanti artisti conoscete che in corso di più o meno fortunate carriere abbiano avuto la loro svolta pop".

il pop, quello serio...è la maturità! )) a me questo disco piace, le prime 6 tracce le mie preferite! i blonde redhead sanno lavorare, quanto possano essere diventati mestieranti non lo so.... 7+

bargeld, autore, alle 13:20 del 18 ottobre 2010 ha scritto:

Beh Rebby, a me puzza vagamente di omegeneizzazione e in un certo senso assuefazione ad un trend (è ben strano che al momento tutti vogliano fare il loro disco di synth-pop, e andiamo!). Che poi questo non infici il fatto che sia innegabilmente un bel disco, è un altro discorso, e anzi è un particolare che ho ammesso. Resto dell'idea che l'album più dreamy dei Blonde Redhead, proprio per quello che rappresentano e per quanto io conti sinceramente su questa band, me l'aspettavo di ben altro spessore e profondità. Troppo facile, quando hai classe, tirar fuori questo Penny Sparkle.

tramblogy (ha votato 10 questo disco) alle 13:51 del 18 ottobre 2010 ha scritto:

love or poison?

recensione pregiudiziale...e si parla di un cambiamento nemmeno improvviso e almeno di 10 anni fa.e tanto coraggio..disco perfetto!

maxco74 (ha votato 8 questo disco) alle 14:17 del 18 ottobre 2010 ha scritto:

Condivido in parte la recensione. Premetto che I BR sonp uno dei miei gruppi preferiti in assoluto. Questo Penny Sparkle non sara'all'altezza dei precedenti, lo ammetto, ma ascolto dopo ascolto si rivela ben piu' prezioso di quanto possa sembrare ad un primo ascolto. Che dire, bravi, bravi, bravi!

bargeld, autore, alle 14:22 del 18 ottobre 2010 ha scritto:

tramblogy

10 a questo disco, mi sembra un voto pregiudiziale...

NathanAdler77 (ha votato 6 questo disco) alle 14:51 del 18 ottobre 2010 ha scritto:

Ormai in tutto e per tutto devoti al sound dreamy 4AD, confesso che la lolitesca Kazu non mi lascia insensibile, ma i Pace Twins non m'hanno mai esaltato...Neanche quando sembravano dei SY in minore & radical-chic. Comunque preferisco la patina lievemente shoegaze di "23", questo "Penny Sparkle" è davvero troppo soporifero e manierista.

REBBY (ha votato 8 questo disco) alle 17:26 del 18 ottobre 2010 ha scritto:

"a me puzza vagamente di omogeneizzazione ed in un certo senso di assuefazione ad un trend (ed è ben strano che al momento tutti vogliano fare il loro disco di synt-pop, e andiamo)"

In effetti devo dire che questa riflessione l'ho fatta subito anch'io (lo stesso discorso si può fare ad esempio per l'ultimo disco di Sufjan Stevens,...), ma poi mi sono anche detto che non è

una cosa così insolita nella storia della musica e

che non necessariamente chi ha dato il la alla

"tendenza" ha fatto poi il disco più bello, magari

il più "importante", ma non sempre il "migliore".

Ma chissà, forse magari anche per quello, questo

album non mi ha preso subito ai primi ascolti (é

vero Maxco, cresce ...). Come ho scritto ci sono

alcuni punti di contatto tra i due ragionamenti e

so anche che per un recensore SdM 6 vuol dire discreto (eheh). Ma ribadisco, moda o non moda che sia, forse non è l'opera più dreamy dei

bravissimi fratelli Pace e della inoltre "lolitesca Kazu" (quello per me è 23), ma,

a mio giudizio, il migliore (o tra i migliori)

album di synt-pop dell'anno di grazia 2010.

synth_charmer alle 20:41 del 18 ottobre 2010 ha scritto:

vedi tramb, anche Daniele ha ceduto alle lusinghe dei petrolieri povero Daniele, ti sono vicino. So cosa significa esser messo alla gogna per non aver dato 8 ad un nome risonante

REBBY (ha votato 8 questo disco) alle 17:08 del 19 ottobre 2010 ha scritto:

verGOGNA carlo ad aGOGNAr per gli altri quello che

è stato il tuo destino Al contrario daniele lo

terremmo al calduccio con una spessa coperta di

viGOGNA ed un buon bicchiere di vino di borGOGNA

target (ha votato 6 questo disco) alle 17:13 del 19 ottobre 2010 ha scritto:

Rebby è ufficialmente impazzito! Io comunque sto con Daniele, anche sul nome della traccia più suggestiva ("Black guitar").

ozzy(d) alle 10:44 del 20 ottobre 2010 ha scritto:

Rebby tra poco lo vedremo ai cori nella prossima tournée di Patrick Wolf ghghghgh

REBBY (ha votato 8 questo disco) alle 10:47 del 20 ottobre 2010 ha scritto:

Impossibile, non conosco persona piu stonata di me

(e più stoned di te ghgh) eheh

ozzy(d) alle 10:53 del 20 ottobre 2010 ha scritto:

Più che stoned, direi dazed and confused for so long....Dubito che si debba saper cantare per entrare nelle grazie di Patrizio ghghgh. ....tornando in topic, io questi li vidi una volta dal vivo un po' di anni fa, mi sembravano la versione esotica dei sonic youth, niente di che. quando la tipa si avvicinava al microfono ( poche volte per fortuna), in confronto a lei Yoko Ono sembrava Grace Slick ghghghgh

sarah (ha votato 7 questo disco) alle 10:32 del 22 ottobre 2010 ha scritto:

Mi trovo sulla stessa lunghezza d'onda di Paul.

tramblogy (ha votato 10 questo disco) alle 1:53 del 11 settembre 2011 ha scritto:

Grande concerto a Modena

Siete un lusso per pochi...