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R Recensione

7/10

Blouse

Blouse

Ancora pop retromaniaco, nostalgie di vhs, languori per i suoni che sembrano riemergere dal passato, synth usati come rivestimento vintage, svenevolezze in salsa melodica, rivisitazioni new wave. I Blouse, trio di Portland al suo debutto, vanno ad applicare al dream pop post-Beach House una poetica non dissimile da quella che ha fatto esplodere le micro-scene glo-fi e hypnagogic pop: tutto si basa sull’abbandono alla memoria, con gli anni ’80 a fare da perno, e lenzuola rosa su cui estenuarsi di rimpianti. Tutta roba che pare duplicare copie di cloni, in una fuga di derivazioni. Il punto è che ci sono canzoni killer a tratti irresistibili, che cancellano la sensazione dell'artificio.

Siamo in pieni territori Captured Tracks, insomma. Eccessi di romanticismo via glasse di tastiere, bassi post punk ingentiliti, basi quadrate, un registro vocale femminile (s)fatto di una delicatezza un po’ in decadenza, la new wave ripresa nel suo versante introverso da cameretta piena di rabbie rapprese e eyeliner nero. “Videotapes”, quintessenza del disco, si apre su cacofonie di tastiere che poi si distendono stile The Wake (era-“Here Comes Everybody”) e sventolano addosso un’aria di moquette e spugna, raccontando la storia di un ex che filmava tutto, ma mai se stesso, tanto da essere impossibile da rievocare («What it would be like to see you again?»). Questo, per lo più, trasmette “Blouse”: la deliziosa impossibilità che il ricordo porti davvero a galla il passato.

Sicché si piange, con Charlie Hilton che si risvolta in introspezioni esangui, sulla scia di certi Saint Etienne d’annata, come nei canditi di “Fountain in Rewind” («High tide into my eyes, I’m like a fountain, but in rewind»). Altrove il basso più massiccio (“Roses”) e i maggiori muscoli dei synth (“Time Travel”) danno vigore, facendo intuire il ruolo portante di Jacob Portrait – polistrumentista che qua pure produce, ma che negli Unknown Mortal Orchestra sta al quattro corde. Attorno a cui, non a caso, si costruiscono interi pezzi, la cui nudità (vd. “Controller”) e le cui geometrie delle keyboards restituiscono secca sobrietà post punk a un disco che potrebbe facilmente scivolare verso la maniera plasticosa, mentre a tratti pare essere una controparte rosa degli ultimi (più elettronici) The Drums. Meglio ancora: se Blank Dogs si desse al dream pop suonerebbe cose tipo “White”.

Peccato per una cosa sola. Rispetto alla versione del 7’’ uscito in primavera, “Into Black”, la perla del disco, subisce un lavoro di smaltatura e appiattimento sonoro che la rende più omogenea al resto dell’album, ma al prezzo di perdere in profondità. Resta, in ogni caso, un pezzo pop sontuoso, perduto e votato all’abbandono come le notti che evoca in quel breve riff lunare di chitarra e nei luccicori dei synth, nel cantato vulnerabile della Hilton e nell’esplosione vastissima che la squarcia nel mezzo. Per qualcosa che si avvicina molto alla bellezza.

Intanto, nel genere, il debutto è all’altezza delle cose migliori dell’anno.

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REBBY 5,5/10

C Commenti

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crisas (ha votato 5 questo disco) alle 12:31 del 10 novembre 2011 ha scritto:

Noia

Scialbi, non aggiungono niente al panorama retro ma secondo la cantante peggiora le cose, più che cantare sembra lagnarsi.

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 15:20 del 10 novembre 2011 ha scritto:

Grande François! Che bella recensione... Ancora una volta, in poche righe, tutto!

Il disco è BELLISSIMO!

Io fortunatamente (così non ho provato il senso di delusione) ho ascoltato "into black" per la prima volta nella versione album. Pensa che quando ho cercato il video su youtube credevo di aver lasciato qualche altra traccia audio aperta, tanto la versione singolo è più stratificata, meno a fuoco e più atmosferica!

Vabbé pazienza: il cd resta bellissimo: la già citata "IB" e "Videotapes" sono SPETTACOLARI! Sicuramente tra le cosa più belle ascoltate quest'anno! Ma voler trovare un punto debole nell'album, è quasi impossibile.

Questa Captured Tracks sta diventando un'etichetta da seguire con estrema attenzione, per quanto è vicina alla mia sensibilità, e al mio concetto di bellezza in musica.

Molto affascinante Charlie Hilton, fisicamente parlando, e meraviglioso lo scatto di copertina.

Album da conservare gelosamente per tutto l'autunno e l'inverno e anche oltre...

8 pieno pieno!

target, autore, alle 21:57 del 10 novembre 2011 ha scritto:

E' vero: copertina molto bella, e che ben rende l'idea del contenuto. Da avere in LP, insomma... Nella recensione mi sono scordato di una seconda pecca, ossia l'esclusione dal disco di "Shadow", uscito come singolo in primavera, ma per la Sub Pop. Sarebbe stato un altro gran bel pezzo in più... Grazie come sempre, Salvo!

REBBY (ha votato 5,5 questo disco) alle 16:09 del 7 febbraio 2012 ha scritto:

E' vero che le catalogazioni lasciano il tempo che trovano, ma a me più che dream-pop pare synth-pop (anni 80 e un po' dilettantesco). I Blouse mi sembran più vicini agli Austra (con cui perdono nettamente il confronto in quanto a qualità vocali e anche delle basi) che ai Beach house, per capirci. I due brani qui postati mi sembrano indubbiamente i migliori (soprattutto Into black) della decina in scaletta.

target, autore, alle 16:24 del 7 febbraio 2012 ha scritto:

Sì boh, diciamo che è un electro-pop molto dreamy. Effettivamente solo "dream pop", come etichetta, può confondere. Però una certa tecnica di sfocatura è centrale nel disco, intendo proprio nella sua poetica (vd. "Videotapes", sia suono che testo). Quanto gli Austra sono quadrati e nitidi, tanto i Blouse sono vaporosi e un po' illanguiditi. In questo, più beachousiani.

REBBY (ha votato 5,5 questo disco) alle 16:38 del 7 febbraio 2012 ha scritto:

In effetti l'unico pezzo "nitido" (Into black) è il mio preferito. Quel loro essere "vaporosi e illanguiditi" mi sembra anche caratteristica di alcune produzioni glo-fi o sbaglio.

target, autore, alle 16:47 del 7 febbraio 2012 ha scritto:

Minchia, Rebby, si sente il tuo schifio anche solo se scrivi lo scrivi, "glo-fi"! E' proprio così, comunque (lo accenno nel primo paragrafo quassù). "Into black" rimane un gran pezzo, ma perde tantissimo nella versione-album (proprio perché appiattita e lucidata rispetto alla versione del singolo). Insomma, la pensiamo esattamente nel modo opposto (eheh!).

REBBY (ha votato 5,5 questo disco) alle 17:55 del 7 febbraio 2012 ha scritto:

Ebbene si maledetto Target, hai vinto anche stavolta Ovviamente lo schifio vale solo per "alcune produzioni glo-fi" (Seek magic ad esempio mi è piaciuto, eccome) e comunque anche in questi casi è uno schifio languido eheh

hiperwlt (ha votato 7 questo disco) alle 18:49 del 13 marzo 2012 ha scritto:

recuperato questa settimana; cosa dire: la melodia di "ghost dream" è un ronzio che mi accompagna da giorni. che poi, a ben sentire, non è nemmeno il pezzo di maggior spessore del disco: "fountain in rewind", "into black", "videotapes" sono tutti brani notevoli - in una tracklist che non sfigura nella sua interezza. dream pop essenziale - che va dritto al sodo, anche per minuti totali - su patina opaca, nostalgica e pulsazioni sostenute: ci voleva (per accompagnare l'attesa del nuovo beach house). grandi i blouse, e il nostro Fra!

hiperwlt (ha votato 7 questo disco) alle 18:54 del 13 marzo 2012 ha scritto:

* da una settimana