Fight Bite
Fight Bite
C’è del lascivo, sì. La ragazza ignuda, i titoli a stilare una galleria al femminile, il profluvio sensuale delle tastiere, la voce slavata di Leanne Macomber. Come già per Puro Instinct, Sleep ∞ Over, Blouse, Still Corners o Boy Friend, si cerca conforto in una sfibrata deliquescenza. E allora via: il secondo disco dei Fight Bite (la Macomber, già tastierista per Neon Indian, e Jeff Louis) si pone sul filone di dream pop buio, in ostentata decadenza, che prende i primi claustrofilici Beach House e li caccia ulteriormente indietro nel tempo, tra basi eighties e una patina soft-porno macchiata di noir moltiplicata nelle svaporature dark dei sintetizzatori. Al solito, si finisce lì: dei Cocteau Twins prosciugati di pianti (lynchiani, ovvio).
Si viaggia allora tra le romanticherie twinpeaksiane di “Nancy”, le ninne-nanne di “Caitline” e l’accasciamento con paillettes di “Christiane X”. È un disco, questo secondo dei Fight Bite, sfacciatamente rifatto, tenuto in bassa fedeltà a marcare di sporco la drammaticità e l’ipersentimentalismo dei pezzi. Lacrimoni con pettinature da telenovela. Louis gioca a ricreare, sommando organi e tastiere di una densità spaventosa, atmosfere stracariche da melodramma, ma la drum machine e il registro etereo della Macomber mostrano sempre l’artificio. Si piange in modo masochisticamente compiaciuto. Che nemmeno la tristezza ci spetta autentica.
Rispetto ai dischi delle band citate su, questo ci mette in più una compattezza che non sfocia mai in noia e una scrittura sopraffina in almeno un paio di pezzi. Se non “Jo”, almeno “Queen Anne”, quasi mitteleuropea nel suo incedere, solenne ma sfatto, e senz’altro “Charlotte Iris”, che è una perla di canzone, emo-dream-pop, gonfia di un pathos teatrale, con quell’attacco da Pet Shop Boys morriconiani, e quello sviluppo in una melodia che è puro veleno, messo in circolo con cattiveria dai beat pesantemente ‘80. Bella roba, proprio, per dirsi ti amo e addio assieme, romantici e disperati, morrisseyiani tristi. Proprio perché molla la tensione emotiva, è meno convincente la versione disco-dance che chiude il lavoro (“Charlotte Pluie”: New Order a bestia).
Nella nicchia di dream pop sensual-catatonico 2010-2012, è questo uno dei dischi migliori.
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