Frankie Rose
Interstellar
A due anni da “Frankie Rose and the Outs”, risultante di un’importante gavetta nel sostrato indie-rock della grande mela (come batterista: Crystal Stilts, Vivian Girls e Dum Dum Girls), la nuova release della Rose, “Interstellar”, evidenzia un deciso avanzamento stilistico della proposta – licenziata, ancora, dalla Slumberland Records.
Nell’immaginario di ‘Miss’ Frankie, e nei solchi del suo sound, il connubio Cocteau Twins, David Lynch e Spaceman 3 è ancora miscela proiettata in composizioni al crocevia tra sentori da revival retrò(maniaco) e possibilità (space)pop ‘futuribili’; sommariamente, il disco echeggia gradazioni dreamy e principi dark/goth ("Daylight Sky"), movenze da residui noise ma declinate in ancoraggi synth pop - su un terreno meno garage rispetto all’esordio.
Tradotto: un uso più consistente di keyboards, rispetto al recente passato; su scie beat&pulse ‘80s, anche, più background new wave (“Moon in my mind”), a scalfire il cuore di arrangiamenti tanto pratici nel sostenere andamenti ritmici e scanzonati, quanto funzionali nel dilatare certe atmosfere e renderle, in ampiezza, eteree - sovente a sconfinare in zona ambient (con connubio ben riuscito di questi tratti, sia nella opening track “Interstellar”, sia sui rintocchi di “Apples of the Sun”).
Le reali fiammate dell’album risultano essere, a conti fatti, i due episodi più condensati: “Night Swim”, caratterizzata, nelle strofe, da un giro jangle travolgente (Johnny Marr sempre in cattedra) e da sfregi shoegaze, su mood vagamente post-punk; e “Know Me”, che è garage (dream)pop e impulso wave (The Cure), su messe a fuoco non molto distanti da certe estetiche glo. Non mancano alcuni momenti su battiti primordiali (“Gospel / Grace”, in spirali ipnotiche di melodia per tastiere e chitarra effettata), o in formato ballata intergalattica (“Pair of Wings”).
Lavoro ambizioso, sì compatto (per minutaggio), e discretamente compiuto “Interstellar”, benché dal lascito tutto sommato ancora acerbo – mancano, in estrema sintesi, i colpi che stendono. Non rimane che attendere, fiduciosi, nuovi sviluppi.
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