John Foxx & Robin Guthrie
Mirrorball
E la luce fu.
Spero che mi si perdonerà l'incipit un pò troppo ardito e probabilmente pomposo, ma non riesco davvero a trovare un'espressione più adatta a sottolineare l'entusiasmo che suscita in me, il continuo ascolto di questo disco, una meraviglia che sancisce l'incontro fra due anime che sono la storia recente e passata della storia del rock.
Il disco in questione è - per l'appunto - Mirrorball, e le due anime citate, sono nientemeno che quelle di John Foxx - icona della wave britannica come leader e co-fondatore dei primi Ultravox! prima e gelida star del pop elettronico poi - e di Robin Guthrie - ex enfant prodige e co-fondatore dei Cocteau Twins, al quale si deve la nascita e il trionfo del culto del cosiddetto dream pop.
L'idea della collaborazione nacque ai due in seguito a un incontro dovuto a un concerto di Foxx e Harold Budd, figlio di un'altra succosa collaborazione che sfociò nel doppio Transulence/Drift Music, nel quale l'ex algida icona della wave londinese, ebbe modo di testare la sua nuova passione per la musica ambient che trova perfetto sfogo in quel decennale progetto - sfociato al momento in una trilogia - che prende il nome di Cathedral Oceans.
Dopo una serie infinita di procastinazioni, l'annunciata collaborazione fra i due, sembrò quasi sfumare, tale e tanta era l'attesa per questo progetto e tale e tanto era il continuo posticipare dell'uscita, lontano ormai quasi quattro anni dal momento dell'annuncio. Ma finalmente nel mese di maggio, il progetto ha potuto finalmente vedere la luce, e - come detto in precedenza - noi con loro. Non si può certo dire che l'attesa non sia stata vana, dato il risultato che rispecchia fedelmente le aspettative, in questo album dal quale traspirano con precisione chirurgica le rispettive caratteristiche dei due autori, in una perfetta sinergia alla quale non resta che rimproverare soltanto un narcisismo di fondo, che era nelle previsioni, ma che - al contempo - possiamo senza dubbio perdonare, data l'imponente statura artistica dei due personaggi.
La title-track, apre come da copione il disco, ed è la perfetta sintesi della risultante del lavoro, con la voce di Foxx che si dipana lungo immaginarie navate di una chiesa (come precisamente in Cathedral Oceans), in un infinito mistico rimbombare che è acuito dal loop orchestrato da Guthrie, che interrompe per un momento il vociare del nostro, con un leggero e candido assolo, degno della sua fama e distintivo del suo unico modo di toccare e suonare la chitarra. Quindi facciamo un tuffo in atmosfere da campi elisi, in My Life is An Echo, dove l'ex Cocteau Twins sembra prendere lo scettro del comando, e il piano si sovrappone in maniera leggera e delicata al morbido e vellutato suono della chitarra.
In The Perfect Line, si ricomincia a sentire profumo di incenso e di cattedrali sconfinate, con l'incedere cauto e solenne della voce dell'ex-Ultravox, scandito ancora una volta in maniera eccellente dal raffinato e inequivocabile soffio dello strumento di Guthrie, una melodia di ineguagliabile e ipnotica bellezza. Il piano sussurrato all'inizio di Spectroscope, non può che farci pensare a colui il quale è stato inconsapevole responsabile della collaborazione dei due, ovvero quell'Harold Budd, che resta per i nostri un ineguagliabile punto di arrivo. Piano interrotto soltanto lievemente dal canto liturgico di Foxx, al quale segue con perfetta rispondenza, la chitarra di Guthrie, quasi come si trattasse di una staffetta.
Estrellita è puro dream-pop, puro Cocteau Twins. Nemmeno l'incedere della voce dell'artista ex Ultravox riesce minimanente a cancellare questa impressione, e anzi ne aumenta al contempo lo spessore, dilatando all'infinito lo spazio emotivo che si apre con l'ascolto di questo piccolo grande capolavoro, al quale freddamente possiamo riconoscere una certa forse troppo convinta autocelebrazione.
Al contrario Luminous, è puro Cathedral Oceans, possiede precisamente i tratti distintivi della trilogia foxxiana, dai suoi spazi infiniti, alla voce riecheggiante e solenne, accompagnata alle retrovie dalla chitarra inimitabile di Guthrie. Torniamo alle atmosfere dream-pop con Sunshower, con la voce di Foxx che pare fungere quasi come un sostitutivo maschile di Liz Fraser, quindi passiamo a Ultramarine, altra piccola perla dream-pop con ritorno atmosfere cattedratiche e si chiude con Empire Skyline che segna il ritorno allo scettro di Foxx e ai suoi suoni perennementi dilatati in uno spazio infinito di melodia liturgica accompagnati dietro le quinte dal caldo incedere della chitarra guthriana.
Esperimento dunque perfettamente riuscito, e non ci resta che dare il nostro ennesimo ringraziamento a due artisti che continuano a illuminarci - fra alti e bassi - da un trentennio a questa parte.
La luce è stata.
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