Keep Shelly In Athens
At Home
È purtroppo dimenticabile il primo disco sulla lunga distanza dei greci Keep Shelly In Athens, che negli anni scorsi avevano rilasciato una serie di Ep tra chillwave e lounge balearico di ottima fattura. At Home, che a dispetto del titolo nasce durante i lunghi tour americani che i due si sono concessi in questo periodo di riscontri yankee diffusi, tiene lattitudine sonora 90 della loro elettronica, ma la pasticcia con basi inutilmente corpose e con pezzi (ora sempre cantati) poveri a livello compositivo.
Lesito è un dream pop appesantito da beat troppo calcati, tra i quali Sarah P. sembra spersa, tanto che la sua voce è spesso distorta per darle unaggressività che proprio non le compete (Higher, Madmen Love). Ai synth RΠЯ ha perso la fantasia e la leggerezza degli esordi, sostituita da unabrasività che cerca spesso leffetto ruvido o lo stacco rabbioso, finendo in affanno o in un vicolo cieco, attraverso suoni tutti rimasticati (Hover, Time Exists Only To Betray Us). Come se i Saint Etienne (si parva licet) avessero voluto fare un disco di rottura e lacerazione in stile The Knife (Knife, appunto). Non nelle loro corde. Ne risulta stravolta, in particolare, lattitudine chill out e datmosfera, che era proprio dove i Keep Shelly In Athens andavano forte.
E così la cosa migliore del disco è lunico ripescaggio (DIY, dall'ep Our Own Dream), accanto ad alcuni numeri electro-pop (Room 14, come se fossimo nel 1995, "Ostende") e a riemersioni glo-fi (Recollection) che si fanno ascoltare ma nulla aggiungono a quanto la band aveva già detto. Anche perciò, oltre che per la ripetizione vuota di certi pezzi (Flyaway), i 52 minuti di At Home risultano difficili da giustificare.
Un po di panchina farà bene.
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