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R Recensione

6/10

Little Black Dress

Snow in June

Molti di voi, a ragione, penseranno che il barile degli anni ’80 è stato raschiato fin troppo in quest’ultimo decennio. Eppure l’esordio di questa misconosciuta band texana, capitanata dal duo Pipes-Thies, non risulta completamente inutile. Infatti, sebbene Snow in June non aggiunga nulla alla folta discografia del genere, il disco in questione si fa ascoltare con piacere ed anche apprezzare per alcune soluzioni melodiche.

Attivi dal 2005 i Little Black Dress si distanziano anni luce da altre note band appartenenti a questo infinito revival come Killers, Vampire Weekend, Franz Ferdinand ecc.

Il duo texano dimostra di apprezzare altre latitudini come lo shoegaze ed il dream pop, risulta infatti evidente (a volte troppo) in tutte le 12 tracce presenti la pesante influenza di band quali My Bloody Valentine e Jesus & Mary Chain, anche se la predilezione per suoni acustici e puliti tira in ballo anche altri nomi come Prefab Sprout, Go-Betweens e Stone Roses.

Il disco si apre con il breve strumentale “Makeshift blinds” ottimo per trasportare l’ascoltatore nelle atmosfere rarefatte ed etere dell’intera opera. “Robin” con il suo intro acustico ed il suo sviluppo ritmato rappresenta quasi un unicum in un disco che predilige tempi lenti e trascinati. Esempio perfetto è la successiva “Snow in june”, tipica ballata noise dove riff gracchianti si fondono ad un cantato appena sussurrato. La formula si ripete tale quale con “No hope” dove il risultato è però meno scontato che nel brano precedente, anzi stavolta l’azzeccato riff ricorda nientemeno che il Neil Young più sporco.

End film” cambia totalmente registro portandoci su suoni decisamente più pop, se non fosse per l’eccessiva lunghezza il pezzo rappresenterebbe una delle vette del disco.

Pipes e Thies rallentano nuovamente con la (troppo) sommessa “Mute” dove spingono all’eccesso la loro miscela di arpeggi acustici, suoni rarefatti e sussurri. “Your side” è puro Jesus and Mary Chain’s sound, primo vero pericolo di plagio ! “Took it” ,senz’altro il pezzo migliore del lotto, si avvale di un ritornello azzeccatissimo anche se non proprio originale e di una miscela di dream pop e folk che ricorda i primissimi R.e.m.

Passando per la prescindibile “Out of view” arriviamo alla semielettronica “Simple kind” dove fanno capolino gli Smashing Pumpkins più sognanti, quelli della voce di James Iha per capirci.

Chiude il disco l’ottima “Queen”, brano discretamente minaccioso e discordante giocato in perfetto controtempo.

Un disco interlocutorio, per una band non ancora completamente a fuoco ma con potenzialità notevoli: in definitiva un esordio più che sufficiente.

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