Porcelain Raft
Strange Weekend
Pensi a musicisti italiani a New York e la più semplice ed immediata associazione di idee ti porta a rivivere mentalmente le straordinarie ed infinite vie dell’alternative rock esplorate dai Blonde Redhead dei fratelli Pace. Ma si sa (o almeno, il senso comune vuole che), oggigiorno tutto è più complesso e niente è più così lineare e univoco come un tempo. Ecco infatti che arrivi a inizio 2012 e pensi a musicisti italiani a New York e pensi ancora ai Blonde Redhead. Ma anche a Porcelain Raft. E ci pensi non perché (o non solo perché) sei uno spocchioso filologo musicale a cui piace fare il figo con gli amici citando gli artisti più strampalati in giro per il mondo, ma principalmente perché Percelain Raft, moniker dietro cui si nasconde l’italiano Mauro Remiddi, è un progetto che merita di essere preso in seria considerazione e la cui proposta non sembra essere destinata a perdersi nel mare magnum della mediocrità così facilmente.
Un progetto appena iniziato ma che parte col piede giusto, con l’esordio Strange Weekend uscito per la sempre qualitativamente eccelsa Secretly Canadian: un concentrato di vibrazioni pop manipolate in un vorticare frenetico di emozioni senza fine, spesso opposte fra loro, dalla malinconia struggente di "The end of silence" alla danza gioiosa di "Unless you speak from your heart". Per chi se lo chiedesse, il paragone con i Blonde Redhead non si esaurisce alla geografia, i territori esplorati dai Blonde Redhead nel corso della loro carriera si ritrovano in parte e in piccolo in questo Strange Weekend: certo, c’è poco noise rock, ma non mancano le increspature shoegaze, e in particolare sonorità dream pop e quei synth sui generis, delicati e sensuali, tipici degli ultimi lavori del gruppo italo-giapponese. Si badi però che le similitudini restano relative, perché se i due progetti si possono collocare analiticamente nello stesso scatolone recante un’etichetta che recita a caratteri cubitali un generico “alternative rock”, in ogni caso le differenze non mancano.
Il dream pop, elemento preponderante della ricetta Porcelain Raft, ha più a che fare infatti con quello squillante, poco evanescente dei Beach House o con quello enfatico dei Braids (si ascolti l’apertura di "Drifting in and out", autentico manifesto di immediatezza pop, o la successiva "Shapeless and gone"). Quando Mauro Remiddi si assume di persona la responsabilità del cantato tutto si fa più ipnotico e sensuale, mentre l’ uso più massiccio ma anche più scazzato di synth in bassa fedeltà, porta talora a sconfinare in territori glo-fi à la Washed out ("Is it too deep for you?"; "Put me to sleep") sebbene la voce crepuscolare rimandi maggiormente a certe tonalità di Marc Bolan. Non stupiscono allora certi momenti più classici in cui l’atmosfera resta sempre rigorosamente sognante, ma si fa più elegiaca e cantautoriale come dimostrano "Backwords", al limite del surrealismo psichedelico dei Pearls Before Swine e una beatlesiana (la permanenza di Remiddi a Londra si sente eccome!) "Picture".
Il tutto si potrebbe banalmente etichettare come semplice disco pop. Ed è vero, ma qui la banalità sarebbe della definizione grossolana del sottoscritto perché di banale il pop di Porcelain Raft ha davvero poco. Più che nella singola canzone (i gioiellini comunque non mancano a cominciare dal singolo "Unless you speak from your heart" che rimanda alla timida vivacità degli Wild Nothing) l’elemento di maggiore interesse dell’album di Remiddi sta nella sua varietà che, in perfetta sintonia col la sua biografia da globetrotter, si realizza nel suo essere sradicato, geograficamente (suona tanto inglese quanto americano), temporalmente (un sound perfettamente in sintonia con gli ultimi sviluppi avanguardistici del pop ma al cui interno si scorgono allo stesso tempo copiosi riferimenti tanto agli anni ‘60 che agli anni ‘80 e ‘90) oltre che come già detto stilisticamente (una piccolo compendio di pop contemporaneo).
Italians do it better? Direi di no, né sono più originali degli altri ma il pop di Porcelain Raft nella sua relativa semplicità funziona alla grande ed eleva Strange weekend a esordio di gran classe, fra i più interessanti dell’anno.
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