Taken by Trees
Other Worlds
Che la Svezia poco le basti è ormai dato di fatto.
Non nel folclore di mezza estate, tanto meno nella metafisica quiete dell’isola di Fårö (che Bergman, sia lodato, utilizzava come messa in scena ideale per capolavori del calibro di “Persona” e "Come in uno Specchio"): l'ispirazione, Victoria Bergsman (ex Concretes), è invece solita scovarla altrove. Viaggiando. Flessibili e porosi, i suoi spazi introspettivi si nutrono da sempre di prospettive culturali e musicali multiple, indirettamente anche a favore dell’accrescimento di quel pop scandivano in cui lei è sì parte integrante (negli ultimi anni: Radio Dept., Jens Lekman, El Perro del Mar, Korallreven, gli stessi Concretes), ma soprattutto innovativa.
Nel 2009 fu il Pakistan la sua linfa (<<I wanted to travel with the music. I had listened to lots of Sufi music, and Indian and Pakistani music>>) per la stesura di “East of Eden” (di rilievo: il breve documentario di Nat Geo dedicato all’artista); oggi è tempo di contemplazione, letizia naturalistica in stati di trasporto trasognato, sullo sfondo idilliaco delle Hawaii.
Grazie a Henning Fürst (The Tough Alliance), e (lontana dalla Rough Trade) al sostegno della Secretly Canadian, ecco finalmente “Others Worlds”; ed è gratifica, fin dal primo approccio, il percepire come inviolata quell’eleganza soft, superiore, che da sempre contraddistingue l’estetica del suo sound. Ad ampliarne la portata, curioso ma non inaspettato (la collaborazione con Tjäder e Joons, in “Honey Mine” preannunciava), una dose massiccia di dub, in grado di insinuarsi perfetto, e a più strati, tra synth, melodie ondeggianti, e steel guitar: sicché i Peaking Lights si animino, pervasivi, a mo’ di groove sottopelle - “Highest High”,"Not Like Any Other”, “I Want You”: nei corredi esposti dei bassi.
Perfetta l’irruzione corallina della chitarra, nell’emersione per certi versi glo di “Dreams” (Keep Shelly in Athens, nell’attacco); “Pacific Blue” è ipnosi da cromatismi tropicali (Lord Huron, moltissimo, nelle ampiezze del disco), ancora balearici (Korallreven), preda di un riffettino e circolarità altamente sexy ( “Only You” non è da meno) ad alterare con estremo garbo i soffici strati ritmici. “Large”, dance perlacea, obbliga subito ad uno scatenamento improvvisato (Hercules and Love Affair e Yeasayer nell'immediato, per insight), tra folate di archi sintetici e beats tribali, attillati; defluisce catartica “A Place of Mine”, infine, dai secchi controtempi ritmici e dall’impasto di tastiere. Il lavoro sulla voce è altra nota di merito: senza spigoli, certosina, a tratti si appaia in strascichi à la Grimes (“Not Like Any Other”), altre volte gioca coi sospiri, civettuola (“Only You”), senza mai perdersi in inutili isterismi (anzi scansandoli, a favore di una resa piacevolmente modulata su registri lineari, trascinati con graziosità).
Piace, nel dream pop soffuso a tenere le fila di questo “Other Worlds”, che la Svezia sia comunque luogo a cui tornare, latente, con la mente. Altresì piace, aspettando di saperne di più sulla sua prossima destinazione, ritrovare Victoria Bergsman mai paga e così creativa.
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