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R Recensione

7,5/10

Cut Copy

Zonoscope

Per farla semplice, si potrebbe parlare di “Zonoscope” come di un “three piece puzzle” (copyright by Jneiro Jarel), posto che tre sono i tasselli che compongono il disegno complessivo, ciascuno corrispondente ad una diversa tipologia di brano. Il primo (l’avreste mai detto?) rievocherebbe il matrimonio in pompa magna tra identità indie (una sorta di “indie-ntità”, se mi concedete il penoso gioco di parole) e l’abbraccio estatico di electro-pop, bassi disco, pulsioni house: combinazione che già fece di “In Ghost Colours” l’arcobaleno post-neworderiano a solcare i cieli del 2008, nuvoletta pargola da cui piovvero innocenza adolescenziale e grandine caramellata dai profumi ibizenchi. Gli altri due tasselli, segnati da un curioso destino, sarebbero invece gli elementi chimici responsabili di suddetta alchimia, qui misteriosamente scissi. E quindi pezzi puramente indie da un lato, tracce squisitamente dance dall’altro.

Questo, si diceva, per farla semplice. E lo ammetto, all’inizio avevo anch’io pensato di risolvere la faccenda in quattr’e quattr’otto, attenendomi alla linearità dell’enunciato di partenza. Ma spesso semplificare (o schematizzare, come in questo caso) equivale a perdere di vista una realtà assai più sfaccettata, le cui pieghe sono tutte da indagare e, se possibile, decifrare. E un messaggio, bello potente, stava lì sotto i nostri occhi: la copertina. Cosa c’è di più quartomondista di una New York immersa nella vegetazione tropicale, con tanto di cascata appena dietro l’Empire State Building? Nulla, ovviamente. Era forse questo il sogno bagnato di Jon Hassell? Probabile. Gente come Talking Heads, Lizzy Mercier Descloux e Arto Lindsay aveva già provato a plasmare stimoli analoghi in un contesto popular? Ciascuno a modo loro, sì. E i Cut Copy? I Cut Copy miscelano parte di queste suggestioni – con fare meno pretenzioso e più fun – agli ingredienti basilari del loro suono, optando per soluzioni sonore più dilatate, istintive, bizzarre.

Una scelta pienamente consapevole e consapevolmente azzardata, vale la pena notarlo. Del resto, potevano giocare a sfavore della band australiana sia la decisione di autoprodursi (in cabina di regia il leader Dan Whitford, laddove il precedente “In Ghost Colours” vedeva la supervisione di Sua Maestà Tim Goldsworthy), sia l’intenzione di voler incidere un disco “frutto di jam in studio, improvvisazioni aperte, traendo ispirazione tanto dai Fleetwood Mac di “Tusk” quanto dalla Grace Jones di “Slave To The Rhythm”. Fortunatamente, quelle che sulla carta parevano temibili incognite si sono rivelate, a conti fatti, mosse vincenti.

Ecco perché, pur non contraddicendo del tutto l’idea del “puzzle a tre pezzi”, “Zonoscope” merita assai più attenzione. E la merita fin dall’apertura: “Need You Now” è il mantra estatico che si attendeva, punteggiatura Pet Shop Boys su frasario house (gli sfarfallii di synth, le cowbell ciondolanti) con sottofondo di tastiere a ricalcare, con perverso sense of humour, i deserti degli aborigeni interiorizzati da Steve Roach; scultura di ghiaccio destinata a sciogliersi in un caloroso ritornello di tre accordi, coretti poppy, e gran finale di tamburi afro. Ancor più sconcertante la conclusiva “Sun God”, sorta di comunione mistico-tecnologica fra LCD Soundsystem e “My Life In The Bush Of Ghosts”, perlustrazione “acid” di crateri meteoritici come di sfere celesti, totem sonoro che nei suoi 16 minuti evoca ancestrali (futuristici) scenari pagani.

Questi i brani – i più danzerecci del lotto, assieme a una “Pharaohs & Pyramids” già “classica” – in cui la fascinazione per etnologie musicali di sorta viene portata all’estremo. Ma i germi della nuova “fissa”  covano pure nel giro di marimba (sintetica?) posto a guida di “Blink And You’ll Miss A Revolution”, quando non nelle percussioni che catapultano “Corner Of The Sky” in un rituale voodoo denso di feedback e synth a mo’ di sirena d’allarme.

Tolti un paio di episodi piuttosto sottotono (“This Is All We’v e Got” e “Alisa”, entrambi “settati” su toni placidamente psych-pop), il resto del disco suona più familiare ma non meno intrigante. Anzi, è un piacere constatare come i musicisti di Melbourne riescano, pur indossando i loro abiti “color fantasma”, a dimostrarsi ispirati, catartici, privi di freni inibitori. Ne siano prova la fioritura indie-disco di “Take Me Over” (gli “ooooh” utilizzati come intercalare fra un verso e l’altro, veri e propri hook vocali di rara efficacia, sono divenuti cifra stilistica a tutti gli effetti), o il disarmante intreccio basso/chitarra sincopata dell’electro-soul “Hanging Onto Every Heartbeat”. Per non parlare di una spassosa “Where I’m Going”, che esordisce col fantasma di “I’m Waiting For The Man” per poi rigurgitare kitsch e ipotizzare dei Beach Boys “very stoned” che armonizzano su “Spirits In The Sky” (versione dei Doctor & The Medics, ovvio!).

Ma “Zonoscope”, ricordiamolo, può ancora diventare tutto o niente: forse (splendido) album di transizione, ma lo capiremo solo dopo l’uscita di un quarto disco “chiarificatore”; forse la “stranezza” in un catalogo che finora ha visto un capolavoro sostare accanto a una ciofeca; o più semplicemente (ma non troppo semplicemente) la fotografia di una band che intende procedere un passo alla volta, decisa ad evolversi ma intenzionata a non bruciare le tappe. Ben venga allora un’opera “trifronte” e lucidamente istintiva, se è il prezzo da pagare per mantenersi vivi e vitali.

Alla fine, l’ipotesi del “three piece puzzle” può essere ribaltata in favore del trio di Melbourne: qualche minima caduta di stile (tassello 1), tante disarmanti novità (tassello 2) e tante consolidate certezze (tassello 3). Un buon bilancio, dopo tutto.

 

V Voti

Voto degli utenti: 6,4/10 in media su 19 voti.
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sfos 8/10
target 6/10
FeR 9/10
Cas 8/10
Wrinzo 8/10
lev 5/10
ciccio 7/10
REBBY 4,5/10

C Commenti

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Filippo Maradei (ha votato 6 questo disco) alle 9:58 del 31 gennaio 2011 ha scritto:

Al solito, rece molto gradevole Matte', però non so, a me dà la sensazione di esser uguale in tutto e per tutto; a eccezione delle belle "Pharaohs & Pyramids", "Take Me Over" e "Corner of The Sky", il resto manifesta un profilo piattissimo e fastidiosamente (e non bellamente) plasticoso: un uso spropositato di coretti mediatori (gli "ooooh" che dici tu), tempistiche strumentali (vabbè, dei synth...) troppo simili e scontate tra loro (tanto che mi è capitato più volte di prevedere i ritornelli a "esplosione") e, in generale, un'ossatura ritmica ridondante e davvero troppo monotona (inizio a diffusione luccicante, sordo capolino, poi in crescendo fisso e costante, dei drum kit e ritornelli creati ad arte per aggiunta algebrica di effetti old-school). Mi si dirà: "Ma è il genere, sono i Cut Copy, che t'aspettavi?!". Beh, forse allora era meglio fermarsi all'incantevole "In Ghosts Colours", al sempreverde "The Warning", al godurioso "Life of Leisure"... dopotutto le copertine belle non gli sono mai mancate, semmai sono le idee a iniziare un po' a stiracchiarsi...

sfos (ha votato 8 questo disco) alle 13:05 del 31 gennaio 2011 ha scritto:

Zonoscope è un disco che richiede ascolti attenti e ripetuti, ma alla fine riesce a svelare apertamente i suoi pregi: 1) Grandi risultati melodici e compositivi ottenuti attraverso un'attitudine sperimentale, da jam. 2) Sensazione di flusso continuo, senza inizio nè fine, sempre in preda a una sorta di "sbornia celeste" (echi di M83?). 3) Importanti novità in ambito ritmico e percussivo che conferiscono un suono più robusto e nitido ai vari brani, senza però snaturare il sound originale della band.

Un disco davvero meritevole, bella recensione Loson!

target (ha votato 6 questo disco) alle 16:20 del 31 gennaio 2011 ha scritto:

A me è il 'tassello' indie che suona davvero indi-geribile. "This is all we've got", "Alisa" e l'imbarazzante "Where I'm going" (davvero una bestemmia di canzone) sono davvero poco cosa. Se ci togli la superflua "Strange nostalgia for the future", rimane un disco mozzato. Con pezzi (anche) eccellenti (spettacolo "Need you now", ma anche "Blink..." e "Corner of the sky"). Sembra che dove manchino le geometrie solide dei synth e dei beat belli secchi, tutti si impiastricci in una gelatina sbrilluccicosa, informe e saponettara (fastidiosa ai miei orecchi come Bradfordo Coxo meets PW meets Beach Boys). Discontinuo, peccato! Bella la copertina, anche se la cornice a cerchio è ormai retrò: troppo 2010! Thumbs up per Los.

FeR (ha votato 9 questo disco) alle 0:40 del primo febbraio 2011 ha scritto:

ancora devo assorbirlo bene ma sono grandissimi. Hanno capito che la produzione del precedente non si poteva superare e hanno svoltato, rendendola secondaria e preferendo il lavoro sulle strutture. E' una jam travestita da disco synth-pop (o viceversa?). Sulla recensione che dire? Matteo è uno con cui mi prendo poco... ;DDD

loson, autore, alle 15:33 del primo febbraio 2011 ha scritto:

Spiritosone... Grazie ragazzi, tutti prenotati a cena da me. A chi non ha gradito il disco, ovviamente, solo l'antipasto. ;D

Totalblamblam alle 21:15 del primo febbraio 2011 ha scritto:

gruppo che ha ben saccheggiato anche nel cranio di talking heads david byrne tom tom club b52s... questo non ancora non gira su spotify i precedenti si ...è finita l'era della fettina

synth_charmer alle 21:15 del primo febbraio 2011 ha scritto:

ma perchè, perchè li ho ascoltati, che non mi era piaciuto nemmeno il precedente?? Perchè mi lascio trascinare dal los, mannaggia. Per tutto l'album (anzi no, per mezzo, all'altro mezzo non sono riuscito ad arrivarci ) non ho fatto altro che sentire i Depeche Mode e i Soft Cell ai primi anni '80, ma proprio identici a quelli di 30 anni fa oh! Bah, non li voto che se no li profumo

Totalblamblam alle 21:15 del primo febbraio 2011 ha scritto:

gruppo che ha ben saccheggiato anche nel cranio di talking heads david byrne tom tom club b52s... questo non ancora non gira su spotify i precedenti si ...è finita l'era della fettina

loson, autore, alle 23:51 del primo febbraio 2011 ha scritto:

RE:

"gruppo che ha ben saccheggiato anche nel cranio di talking heads david byrne tom tom club b52s..."--> Byrne/Heads li avevo nominati pur'io. Stoke, non mi leggi più? Cattivo che sei... ;D

bill_carson alle 17:11 del 3 febbraio 2011 ha scritto:

il precedente non era male

spero che questo sia anche meglio.

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 0:10 del 6 febbraio 2011 ha scritto:

Influssi world e tracce minimaliste (Where I'm Going), splendide progressioni electro-dance (Need you Now), rimembranze synth (Pharaos & Pyramids), irrefrenabili scossoni dance (ovunque) e i soliti inserti chitarristici (meno presenti questa volta) che fanno tanto New Order. Insomma, i Cut Copy ci hanno preso un'altra volta! Anche se lo scorso In Ghost Colours è su un altro livello...

Dr.Paul (ha votato 8 questo disco) alle 18:53 del 19 febbraio 2011 ha scritto:

un paio di tracce non completamente a fuoco...ma tengono botta, tengono tengono! avrei giurato in un calo vistoso, mi sbagliavo! 7,5

Hexenductionhour (ha votato 6 questo disco) alle 22:51 del 9 marzo 2011 ha scritto:

Bel disco,un miscuglio tra musica Funky,Disco,Soul e anche qualcos'altro...belli alcuni spunti e sonorità che fanno subito presa sull'ascoltatore,merita la sufficienza ma non è sicuramente un capolavoro,anche se non è facile al giorno d'oggi essere un minimo originali o comunque farsi notare,loro forse ci riescono con 3-4 tracce mentre il resto è sempre il solito minestrone di generi trito e ritrito,basta solo fare un salto nel passato.

Dr.Paul (ha votato 8 questo disco) alle 23:01 del 9 marzo 2011 ha scritto:

be dai, il discorso del "basta solo fare un salto nel passato" allora vale anch eper il disco dei beach house, la minestra è la solita ghgh

Hexenductionhour (ha votato 6 questo disco) alle 19:18 del 10 marzo 2011 ha scritto:

RE:

mmm non credo che per i BeachHouse valga la stessa cosa,cioè per quanto mi riguarda i Beach House hanno qualcosa da "dire" a differenza dei Cut Copy...a parte che sono due generi piuttosto differenti e comunque a mio parere non c'è paragone,quella dei Cut Copy sembra l'ennesima rivisitazione (neanche tanto riuscita) in chiave moderna di un sound e un modo di fare musica usato e strabusato (vedi Talking Heads,Tom Tom Club, e tante varie band 80's...Human League e simili) certo sono piacevoli,l'album non mi dispiace...però dopo qualche ascolto già il disco "prende" meno,non c'è un brano che possa essere ricordato per qualcosa in particolare.

Meritano comunque la mia stima per l'azzardo musicale che sono andati a compiere.

Per i Beach House invece è tutt'altra storia,all'inizio non diedi molta importanza e peso all'album pensando che fosse l'ennesima proposta di Dream pop come se ne vedono tante ultimamente,invece mi sono accorto che ascoltando meglio i vari brani e analizzando meglio le sonorità e tutte le varie sfumature anche nel canto,sono arrivato alla conclusione che non si tratta dell'ennesima proposta di "band-tanto-per-dire" ma piuttosto di un progetto musicale molto concreto e consistente,le idee e l'originalità ci sono e si sentono chiaramente,un album che si lascia ascoltare senza cadute di tono dall'inizio alla fine e che personalmente,trasmette diverse sensazioni ed emozioni (termini strabusati da me...ma non trovo sinonimi per descrivere questa musica).

Non sò che dire,forse vedo le cose su un punto di vista diverso dal tuo ma purtroppo i Cut Copy mi hanno lasciato un pò indifferente,evidentemente non è quello che cerco in ambito musicale

Dr.Paul (ha votato 8 questo disco) alle 21:01 del 13 marzo 2011 ha scritto:

"quella dei Cut Copy sembra l'ennesima rivisitazione" .....ecco stesso discorso per beach house! ma questo è un dato di fatto credo! a me i dischi in questione piacciono tutti e due, ma parlare di originalità(idee e l'originalità ci sono e si sentono chiaramente) e urgenza espressiva (Beach House hanno qualcosa da "dire") solo a vantaggio dei BH mi sembra una forzatura bella e buona!

Hexenductionhour (ha votato 6 questo disco) alle 21:10 del 13 marzo 2011 ha scritto:

RE:

sarà così...non dico che i Cut Copy non abbiano originalità,personalmente però non mi hanno colpito particolarmente,può anche darsi che con il tempo cambierò idea sul loro conto...chi lo sà,ma per adesso preferisco ascoltare i beach House,anche se come ripeto sono generi diversi...ma almeno nel caso di questi ultimi l'album non stanca anche dopo ripetuti ascolti,se poi è un genere anche questo ripreso dal passato (da quali band poi non saprei) a me poco importa,l'unico strumento che uso per giudicare un album sono le mie orecchie.

Hexenductionhour (ha votato 6 questo disco) alle 21:16 del 13 marzo 2011 ha scritto:

RE: RE:

e comunque gli ho dato un 6 che è comunque un buon voto...mica 3,nonostante tutto non mi dispiacciono.

Utente non più registrato alle 21:47 del 19 marzo 2011 ha scritto:

tra gli album dell'anno sicuramente, sono quasi riusciti a superarsi ( e non era facile).

Wrinzo (ha votato 8 questo disco) alle 12:09 del 17 aprile 2011 ha scritto:

Mi sembra un lavoro ben fatto. Molto bene.

lev (ha votato 5 questo disco) alle 18:00 del 17 aprile 2011 ha scritto:

io l'ho trovato piuttosto bruttino. peccato perchè con il precedente mi sono divertito.