Delphic
Acolyte
Con l’acqua è tutto più facile: sollevare pesi, fare capriole, tonificarsi fino all’evaporazione dopo giornate estenuanti; per non parlare delle pillole, palato umido e scivolo in cavità orale per l’ingoio. Così pure “Acolyte” si manda giù alla grande, senza strozzature di sorta. Un album sinuoso e caparbio, abbagliante di luce propria, che porta la (delicata) sostanza electro-pop ai massimi gradi di fruibilità.
Dal Manchester con furore, e al loro disco d’esordio, i Delphic ripercorrono, assimilano e rielaborani contorni e tratti somatici propri della popular music, servendosi, oltre che della chitarra, anche e soprattutto di computer, sintetizzatori e piccole drum machine. Dreamy-voice, impalcature e climax simil post-rock rigorosamente al digitale, accordi gorgoglianti (“Clarion Call”): queste le code di gallina e gli occhi di rospo abilmente miscelati, come ingredienti principali, nella magica pozione dei Delphic. Per completare al meglio la formula (anatema? benedizione?), aggiungono progressioni e movenze dance (“Red Lights” e “This Momentary”), motivo in più per accostarli in via parenterale ai lontani-vicini Cut Copy. Memori della lezione New Order, rivista e corretta in pesi e misure, si fanno garanti di un nuovo ordine generazionale, a metà strada tra carnevalesco narcisismo e compiaciutissimo virtuosismo (“Halcyon” e “Submission”); è proprio questo pesante, accurato e mal celato lavoro di cosmetici a rendere l’album estremamente godibile pur nella sua straripante artificiosità (“Doubt”).
Luci al neon da lounge club (“Remain”) chiudono il cerchio di questo senso estetico minimalista (“Acolyte”), che non cerca, paradossalmente, di mascherare i propri difetti: e di brufoli ce ne sarebbero pure un po’, dall’eccessiva esemplificazione strutturale alla sottile (eppure palpabile) diffusa monotonia passando per la costante vena citazionista (Yeasayer, MGMT, Mew, Cut Copy…).
Tuttavia c’è sempre un “ma” di riflessione a rendere il tutto più interessante: non godiamo forse dell’illusione di una magia per nasconderne la delusione del trucco? Nolan docet.
Tweet