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R Recensione

7/10

Delphic

Acolyte

Con l’acqua è tutto più facile: sollevare pesi, fare capriole, tonificarsi fino all’evaporazione dopo giornate estenuanti; per non parlare delle pillole, palato umido e scivolo in cavità orale per l’ingoio. Così pure “Acolyte” si manda giù alla grande, senza strozzature di sorta. Un album sinuoso e caparbio, abbagliante di luce propria, che porta la (delicata) sostanza electro-pop ai massimi gradi di fruibilità.

Dal Manchester con furore, e al loro disco d’esordio, i Delphic ripercorrono, assimilano e rielaborani contorni e tratti somatici propri della popular music, servendosi, oltre che della chitarra, anche e soprattutto di computer, sintetizzatori e piccole drum machine. Dreamy-voice, impalcature e climax simil post-rock rigorosamente al digitale, accordi gorgoglianti (“Clarion Call”): queste le code di gallina e gli occhi di rospo abilmente miscelati, come ingredienti principali, nella magica pozione dei Delphic. Per completare al meglio la formula (anatema? benedizione?), aggiungono progressioni e movenze dance (“Red Lights” e “This Momentary”), motivo in più per accostarli in via parenterale ai lontani-vicini Cut Copy. Memori della lezione New Order, rivista e corretta in pesi e misure, si fanno garanti di un nuovo ordine generazionale, a metà strada tra carnevalesco narcisismo e compiaciutissimo virtuosismo (“Halcyon” e “Submission”); è proprio questo pesante, accurato e mal celato lavoro di cosmetici a rendere l’album estremamente godibile pur nella sua straripante artificiosità (“Doubt”).

Luci al neon da lounge club (“Remain”) chiudono il cerchio di questo senso estetico minimalista (“Acolyte”), che non cerca, paradossalmente, di mascherare i propri difetti: e di brufoli ce ne sarebbero pure un po’, dall’eccessiva esemplificazione strutturale alla sottile (eppure palpabile) diffusa monotonia passando per la costante vena citazionista (Yeasayer, MGMT, Mew, Cut Copy…).

Tuttavia c’è sempre un “ma” di riflessione a rendere il tutto più interessante: non godiamo forse dell’illusione di una magia per nasconderne la delusione del trucco? Nolan docet.

V Voti

Voto degli utenti: 7,1/10 in media su 7 voti.
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Cas 8/10
lev 7/10
Teo 7/10

C Commenti

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Utente non più registrato alle 0:16 del 4 novembre 2010 ha scritto:

Pop elettronico e danzereccio di gran classe, intrecci strumentali davvero particolari e melodie accattivanti ma non ruffiane. Che disco!

crisas (ha votato 5 questo disco) alle 1:01 del 4 novembre 2010 ha scritto:

Mmmm .. sa tanto di scontato e già sentito, Submission è carina ma niente di più.

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 13:52 del 22 dicembre 2010 ha scritto:

Un genere troppo facilmente bollato di revivalismo, giudicato volentieri con un pizzico di superficialità (elettro pop, uff...), quando invece mostra un dinamismo sorprendente. Se è vero che i Cut Copy qui dentro trovano molto spazio (ergo i New Order), è altrettanto vero che i Delphic inspessiscono gli strati sonori, sviluppano maggiormente il lavorio elettronico (ma Acolyte che pezzo è?), dimostrando una tensione all'attualità che spesso sfocia in futurismo (altro che passatismo). Insomma, mi sbilancio, bello, bello, bello!

Filippo Maradei, autore, alle 16:46 del 22 dicembre 2010 ha scritto:

Bello e pure parecchio sottovalutato, aggiungerei. Ottima analisi Matte'!

synth_charmer alle 16:53 del 22 dicembre 2010 ha scritto:

RE: Bello e pure parecchio sottovalutato

mettiti anche nei panni del lettore che ha pochi slot liberi: un 7 messo da target è una rarità che spicca, messo da un Maradei che notoriamente ha una media del 9.3, suona come bocciatura ihih

Filippo Maradei, autore, alle 16:59 del 22 dicembre 2010 ha scritto:

RE: RE: Bello e pure parecchio sottovalutato

Non ho paura dei voti, la maggior parte delle volte ci prendo pure

E poi Francesco è una macchina da guerra, scrive una valanga di recensioni a settimana, io sono decisamente più pigro!

synth_charmer alle 17:03 del 22 dicembre 2010 ha scritto:

RE: RE: RE: Bello e pure parecchio sottovalutato

no che paura, il mio era un tentativo di farti abbassare un po' la media ma capisco che è una missione senza speranza

Filippo Maradei, autore, alle 17:17 del 22 dicembre 2010 ha scritto:

RE: RE: RE: RE: Bello e pure parecchio sottovalutato

Ma il problema è proprio lì, 'sto feticcio continuo per la media: a me interessa meno di zero, separo ogni recensione dalle altre, ne parlo come fossero tutte "prime recensioni" e le valuto di conseguenza; mi può capitare tranquillamente di sparare tre 8 di fila, poi un 4 e un 6, e infine un 9. L'importante è che ogni voto sia più o meno "corretto", nei limiti e nelle dovute divergenze di gusti, e non segua logiche da "media-killer".

Filippo Maradei, autore, alle 17:07 del 22 dicembre 2010 ha scritto:

Già che ci siamo, sarebbe bello aprire una mini parentesi sui voti: premesso che ognuno ha i suoi metri di giudizio, sto notando una crescente diffidenza verso i votoni, in particolare verso l'otto, che è il "ponte" di contatto fra discreto e ottimo e, per quanto mi riguarda, identifica un disco buono. Peccherò forse di presunzione, ma credo che il mio otto possa essere facilmente considerato come un sette di Francesco; mettici pure l'entusiasmo di gioventù e il gioco è fatto!

synth_charmer alle 17:16 del 22 dicembre 2010 ha scritto:

qui sarà la redazione a "educarti" come ha fatto con me la linea di condotta dovrebbe essere: 8=disco ottimo, uno dei dischi dell'anno, 9: capolavoro, uno dei dischi del decennio. Secondo me può essere importante che la redazione detti una linea di comportamento generale, in modo da uniformare a grandi linee i giudizi dei singoli recensori e dare un'immagine il più possibile compatta ai lettori. Correggetemi se sbaglio (forse è meglio parlarne sul forum)

target alle 17:49 del 22 dicembre 2010 ha scritto:

Sì, 8 dischi dell'anno (per chi recensisce, ovvio), 9 qualcosa di più (capolavoro, dice la legenda: disco che dovrebbe rimanere negli anni - poi, vai a sapere). Io credo che la linea del sito sia abbastanza compatta. Certo, bisogna sempre pensare che dietro ciascun giudizio ci sta una persona diversa (qualcuno quest'anno si sarà entusiasmato per 10 dischi, qualcun altro per 30, qualcun altro - Paul - per 3), ma credo che il lettore affezionato ormai sappia riconoscere il recensore un po' più freddino da quello più euforico-contagioso. Se poi anche noi imparassino a conoscerci un po' meglio, il più freddino (eccomi) darebbe 8 a qualche disco in più, il più entusiasta (eccoti) a qualche disco in meno. Ma, insomma, pace.

Filippo Maradei, autore, alle 20:16 del 22 dicembre 2010 ha scritto:

Se poi anche noi imparassino a conoscerci un po' meglio...

Parole sagge!

lev (ha votato 7 questo disco) alle 21:36 del 30 dicembre 2010 ha scritto:

disco davvero ben fatto, da godere tutto d'un fiato.

REBBY alle 8:52 del 3 gennaio 2011 ha scritto:

Io qualche discoteca (in Europa), negli anni 80, l'ho frequentata. La maggior parte dei brani qui proposti provoca in me un deja vu innegabile di quelle frequentazioni, a cominciare da quelli che mi sembrano brani simbolo dell'album: la disco Kraut Alcolyte e la dance new romantic Submission. In alcune momenti mi ricordano i Bloc party, in versione più giocosa e danzereccia. S.m.a.c. che è, ti sei commosso un'altra volta nel vedere tuo figlio scatenarsi mentre lo ascoltava? Al mio (11 anni) hanno appena regalato l'ipod, al momento si sta scatenando con Eminem

e Fabbrifibra e pensa che io ascolti musica da vecchi (uhm!), anche se talvolta non è male. Con questo non ha mostrato particolari reazioni. Qui, naturalmente (eheh), i miei favori vanno a Clarion call ed Ephemera. Si, più o meno siamo dalle parti dei Cut copy, ma detto da me non è un gran complimento.

lev (ha votato 7 questo disco) alle 13:07 del 3 gennaio 2011 ha scritto:

RE:

eh eh rebby, sarà che da quella volta lì è uscita l'anima dance che è in me.