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R Recensione

7,5/10

Deptford Goth

Songs

L’electro soul di Deptford Goth, dopo un’improvvisa materializzazione (“Life After Devo” del 2013), matura e arriva a compimento con “Songs”. Sophomore di art pop cantautoriale, in sostanza: e, ancor più del debutto, di un'onestà emotiva che sconcerta per leggerezza comunicativa e compiutezza estetica.

Estetica che risulta, qui, più centrata e limata in direzione minimale ed artysynth come spazi nebulosi, cieli pallidi perforati dal carnato dei tramonti, contenitori di ritmiche scarne, isolate e tribali, su cui il falsetto di Daniel Woolhouse si adagia rispettoso, con sinuosità confidenziale - la meraviglia “The Loop”.

Il londinese elimina ogni elemento possa risultare superfluo, con qualche eccezione entro i brani (la verticalizzazione di cori, chitarra dal flavour afro e motivo melodico in "Relics"; la stilizzata pienezza pop di "Two Hearts"; la seconda parte di “A Shelter, A Weapon”); così, certi arrangiamenti si tengono in piedi davvero sul nulla: su texture celestiali ("Do Exist"), altamente eteree (l’ambient e le contorsioni acute delle tastiere in “Code”; i synth a complemento di una frase di piano cadenzata, dei larghi spazi, dei beat xxiani: "Two Hearts"), in linee di piano prosciugate (la prima parte di "A Shelter, A Weapon"; "Dust") e nei vuoti punteggiati di velluto ritmico e rintocchi sparsi (il pezzo più à la Bon Iver, Bon Iver: “Do Exist”).

Sono tutte soluzioni, queste, che mettono in mostra un'abilità interpretativa ed una dote timbrica che nulla ha da invidiare ai nomi più in evidenza del soul pop '00 (Justin VernonJames Blake): il cantato di Woolhouse possiede, infatti, intensità emotiva (meno espressiva ed esplicità, sì più pacata, di, per dire, Perfume Genius), ottimi contrasti tra falsetti e linearità biascicata (sottilmente grave: "Near to a River"), e volitività negli abbozzi R'n'B (ad esempio, la prima strofa di "A Circle").

Coerente lungo tutto il percorso, la gestalt dell'album si mostra compiuta, nonostante alcuni episodi più scuri o depressi ("We Symbolise"; "A Circle"); e nel continuum, elegante, grazie ad arrangiamenti più sofisticati e meno artificiali dell’esordio (il climax d'ottoni di "A Circle"). 

Coerente, Deptford Goth, anche nel non avanzare pretese concettuali nell'estetica creata; al posto suo parla però una musica a tratti sublime, che è senso del bello, umile raccontarsi con eleganza e originalità espressiva. 

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