Goldfrapp
Head First
Dite la verità: anche voi, quando avete sentito del nuovo lavoro di Goldfrapp, nutrivate ancora una remota speranza di un ritorno alle origini, alle splendide atmosfere rarefatte di Felt Mountain. Nonostante 10 anni di puntuali delusioni, come giovani innamorati disillusi, ancora oggi dentro di noi si accende una debole fiammella, quando si avvicina il momento dell'uscita del prossimo disco di Alison Goldfrapp. E magari stavolta ci crediamo un po' di più, dopo aver assistito nel 2008 a tanti segnali di apprezzamento verso Seventh Free, acclamato come la rinascita che tutti aspettavano. Quanto è facile che la nostra percezione venga distorta, quando a tutti i costi vogliamo qualcosa.
Se pure voi appartenete alla schiera di inguaribili possibilisti (come me del resto), sappiate che anche stavolta la delusione è grande. Anzi, se vogliamo questa è la più grossa di tutte. Non siamo mai stati tanto lontani dall'elegante sofisticatezza del disco d'esordio. Head First è un album puramente, semplicemente pop, come mai avevamo assistito nella discografia della cantante inglese.
Ma il sottoscritto non si lascerà influenzare da tutto questo. Non si unirà alla folta schiera di critici che, come già fatto per i precedenti album, stroncheranno questo lavoro come l'ennesima caduta di stile, lontano anni luce dalla qualità di Felt Mountain. Già, perchè il vero problema di ascoltare un disco di Goldfrapp, è proprio il fatto che stiamo parlando di Goldfrapp. La Goldfrapp che per noi è solo e soltanto quella che abbiamo apprezzato all'inizio. Come bambini viziati, pretendiamo da lei che non si allontani più dalle sonorità che ci fanno sognare, e reagiamo ad ogni allontamanento dai nostri desideri con infantile, rabbiosa ostilità.
E' quindi necessario fare un passo avanti. Dimenticarci completamente di chi sia il duo Goldfrapp, e di cosa sia stato in grado di fare in passato. Ascoltiamo Head First come se provenisse da un perfetto sconosciuto.
Quello che abbiamo davanti è un album di semplice pop elettronico, fatto di canzoni senza pretesa alcuna. Una tendenza piuttosto diffusa al momento, peraltro. Il disco non intende proporre nessuna innovazione al genere. Al contrario, sembra rifarsi ancora una volta al solito, grande calderone degli anni '80. E non stiamo nemmeno parlando di quegli anni '80 di grande spessore artistico che hanno segnato la storia del pop. Head First è più vicino al profilo più umile, quello orientato verso la hit commerciale. Sembra di ascoltare una versione moderna degli Alphaville (Alive è assimilabile alla hit Red Rose di oltre 30 anni prima), o addirittura di Bronski Beat (Hunt ricorda la malinconia di Smalltown Boy, anche se aggiunge un beat più marcato).
Preso atto di questa assenza di spinta innovativa, il disco è comunque ben costruito, e ben sviluppa le due anime classiche del pop: da una parte l'energia giovane e ballabile ottima per le classifiche, che può facilmente essere proposta nelle radio e con melodie facilmente orecchiabili che non vanno più via; dall'altra la malinconia lenta e nuvolosa, che vuole accogliere e trasmettere emozione con ballate languide. Coesistono quindi pezzi vivaci come il singolo Rocket e lamenti autunnali come Dreaming, che ci permette di apprezzare le straordinarie capacità vocali della cantante (ma su questo mai nessuno ha sollevato dubbi, Alison Goldfrapp è una delle voci femminili più belle di oggi).
Una summa efficace dei due stili è il potenziale singolo I Wanna Life, brano sinuoso e cadenzato nello stesso tempo. Non esiste invece una sviluppata componente sensuale, a parte forse nelle note sospirate di Shiny And Warm, che col suo ritmo serrato e una certa carica erotica rimanda alle hit di Supernature.
Nel complesso non è un album di grande caratura artistica, e probabilmente scontenterà la critica. Ma potrà sicuramente trovare gradimenti nel largo pubblico, che apprezza volentieri la leggerezza in musica. I Goldfrapp sembrano confermare una precisa attenzione verso la "richiesta di mercato" del tempo, una tendenza che sembra chiara negli album successivi a Felt Mountain.
Non è certo una testimonianza appassionata d'amore per l'arte della musica. Però funziona.
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