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R Recensione

6/10

Goldfrapp

Head First

Dite la verità: anche voi, quando avete sentito del nuovo lavoro di Goldfrapp, nutrivate ancora una remota speranza di un ritorno alle origini, alle splendide atmosfere rarefatte di Felt Mountain. Nonostante 10 anni di puntuali delusioni, come giovani innamorati disillusi, ancora oggi dentro di noi si accende una debole fiammella, quando si avvicina il momento dell'uscita del prossimo disco di Alison Goldfrapp. E magari stavolta ci crediamo un po' di più, dopo aver assistito nel 2008 a tanti segnali di apprezzamento verso Seventh Free, acclamato come la rinascita che tutti aspettavano. Quanto è facile che la nostra percezione venga distorta, quando a tutti i costi vogliamo qualcosa.

Se pure voi appartenete alla schiera di inguaribili possibilisti (come me del resto), sappiate che anche stavolta la delusione è grande. Anzi, se vogliamo questa è la più grossa di tutte. Non siamo mai stati tanto lontani dall'elegante sofisticatezza del disco d'esordio. Head First è un album puramente, semplicemente pop, come mai avevamo assistito nella discografia della cantante inglese.

Ma il sottoscritto non si lascerà influenzare da tutto questo. Non si unirà alla folta schiera di critici che, come già fatto per i precedenti album, stroncheranno questo lavoro come l'ennesima caduta di stile, lontano anni luce dalla qualità di Felt Mountain. Già, perchè il vero problema di ascoltare un disco di Goldfrapp, è proprio il fatto che stiamo parlando di Goldfrapp. La Goldfrapp che per noi è solo e soltanto quella che abbiamo apprezzato all'inizio. Come bambini viziati, pretendiamo da lei che non si allontani più dalle sonorità che ci fanno sognare, e reagiamo ad ogni allontamanento dai nostri desideri con infantile, rabbiosa ostilità.

E' quindi necessario fare un passo avanti. Dimenticarci completamente di chi sia il duo Goldfrapp, e di cosa sia stato in grado di fare in passato. Ascoltiamo Head First come se provenisse da un perfetto sconosciuto.

Quello che abbiamo davanti è un album di semplice pop elettronico, fatto di canzoni senza pretesa alcuna. Una tendenza piuttosto diffusa al momento, peraltro. Il disco non intende proporre nessuna innovazione al genere. Al contrario, sembra rifarsi ancora una volta al solito, grande calderone degli anni '80. E non stiamo nemmeno parlando di quegli anni '80 di grande spessore artistico che hanno segnato la storia del pop. Head First è più vicino al profilo più umile, quello orientato verso la hit commerciale. Sembra di ascoltare una versione moderna degli Alphaville (Alive è assimilabile alla hit Red Rose di oltre 30 anni prima), o addirittura di Bronski Beat (Hunt ricorda la malinconia di Smalltown Boy, anche se aggiunge un beat più marcato).

Preso atto di questa assenza di spinta innovativa, il disco è comunque ben costruito, e ben sviluppa le due anime classiche del pop: da una parte l'energia giovane e ballabile ottima per le classifiche, che può facilmente essere proposta nelle radio e con melodie facilmente orecchiabili che non vanno più via; dall'altra la malinconia lenta e nuvolosa, che vuole accogliere e trasmettere emozione con ballate languide. Coesistono quindi pezzi vivaci come il singolo Rocket e lamenti autunnali come Dreaming, che ci permette di apprezzare le straordinarie capacità vocali della cantante (ma su questo mai nessuno ha sollevato dubbi, Alison Goldfrapp è una delle voci femminili più belle di oggi).

Una summa efficace dei due stili è il potenziale singolo I Wanna Life, brano sinuoso e cadenzato nello stesso tempo. Non esiste invece una sviluppata componente sensuale, a parte forse nelle note sospirate di Shiny And Warm, che col suo ritmo serrato e una certa carica erotica rimanda alle hit di Supernature.

Nel complesso non è un album di grande caratura artistica, e probabilmente scontenterà la critica. Ma potrà sicuramente trovare gradimenti nel largo pubblico, che apprezza volentieri la leggerezza in musica. I Goldfrapp sembrano confermare una precisa attenzione verso la "richiesta di mercato" del tempo, una tendenza che sembra chiara negli album successivi a Felt Mountain.

Non è certo una testimonianza appassionata d'amore per l'arte della musica. Però funziona.

V Voti

Voto degli utenti: 4,8/10 in media su 5 voti.
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rael 5/10
maxco 6/10
ROX 6/10

C Commenti

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tarantula (ha votato 2 questo disco) alle 9:08 del 6 aprile 2010 ha scritto:

E' vero, qui non si tratta di ricercare i fasti del passato ma di ascoltare con spirito nuovo; purtroppo, la conclusione è che, se in copertina non ci fosse scritto Goldfrapp, questo album non verrebbe neanche recensito tanto è vergognoso. Lo dice uno che aveva giudicato "Black cherry" e "Supernature" dei discreti lavori.

salvatore (ha votato 5 questo disco) alle 12:27 del 6 aprile 2010 ha scritto:

Mi sono scocciato di sperare. Uno dà una possibilità, due, tre... poi si scoccia ed io mi sono scocciato. Non sto assolutamente dicendo che l'album in questione sia uno schifo assoluto, ma insomma, la frase "potrebbero fare di meglio" è eufemistica!!! Mi sa che su questi (felt mountain è tra i miei dischi preferiti della decade appena passata) ci metto una pietra sopra.

synth_charmer, autore, alle 17:07 del 3 maggio 2010 ha scritto:

non avevo ancora letto il mucchio in proposito: "Già gli anni Ottanta sono discutibili, e a tirarli bene in ballo ci riesce uno su cento; se però ne prendi scientificamente solo la parte più obbrobriosa e scadente, quella targata Abba ed “Eurofestival”, allora sei proprio un mentecatto paraculo da insultare senza pietà. Punto." Direi che non l'hanno presa proprio bene

salvatore (ha votato 5 questo disco) alle 14:02 del primo settembre 2010 ha scritto:

RE:

Sul Mucchio si trovano tanti spunti interessanti ma anche tante cazzate. Il fatto è che vogliono fare gli "alternativi" a tutti i costi... e a volte sfiorano il ridicolo. Per non parlare di tutta quella politica (che io salto a pie' pari quando lo compro) che ormai inonda le pagine e toglie spazio alla musica. Poi, l'ultima tendenza sul mucchio è: la musica nuova fa cagare (e la spinta arriva soprattutto dal direttore che - e lo testimonia lo specchietto dove vengono segnati gli ultimi ascolti dei collaboratori della rivista - ascolta album recenti veramente di rado). Io trovo che sia un'affermazione di una superficialità inaudita. Fiery Furnaces, Beach House, Arcade Fire, Grizzly Bear, Animal Collective, Patrick Wolf (per citare solo artisti già piuttosto acclamati, perchè poi il panorama contemporaneo è ricchissimo di nomi e tendenze musicali meno noti ma altrettanto interessanti che non mi metto ad elencare) non vi dicono proprio niente? E nello squallido elenchetto che ho fatto ho tenuto conto solo del versante pop/rock/folk...

Ma si sa, adesso va di moda lamentarsi di tutto e tutti... Forse allora quelli del mucchio non sono così tanto "alternativi" (parola che mi dà un tremendo fastidio, tra l'altro)!

synth_charmer, autore, alle 14:21 del primo settembre 2010 ha scritto:

RE: RE:

l'eccessivo spazio dato a temi politici/sociali infastidisce anche me. E' come quando Benigni organizza uno spettacolo comico e poi spende il 70% del tempo a citare Dante: se voglio approfondire temi letterari o politici o culinari cercherò fonti specifiche, in un comico cerco umorismo, in una rivista musicale disquisizioni sulla musica. Poi vabbè, la stroncatura di questo disco ci può stare tutta passata Goldfrapp, adesso è il momento degli Hurts: un'altra operazione di ripristino del pop elettronico '80, stavolta più aderente alla linea Depeche Mode, Spandau Ballet, Duran Duran. Per la felicità di chi gli '80 li vorrebbe sepolti ma la realtà è che gli stilemi del pop elettronico, volenti o nolenti, sono quelli, e non vanno per forza considerati vecchi: non tutti aggiungono elementi di innovazione (i Groove Armada quest'anno ci son riusciti bene a mio avviso), ma anche chi non lo fa a volte mostra una buona ispirazione: gli Hurts rientrano secondo me tra questi, ma mi riservo ancora qualche altro ascolto per confermare

ROX (ha votato 6 questo disco) alle 20:31 del 8 gennaio 2011 ha scritto:

questo è un disco pop, a me tutto sommato non dispiace e lo preferisco a Black Cherry e Supernatural...