I Cani
Il Sorprendente Album D'Esordio dei Cani
Il sorprendente album d'esordio dei Cani. Il titolo è quanto di più presuntuoso si possa immaginare per un esordiente, ma è in effetti una piena e voluminosa realtà.
Togliamoci subito l'ingombro musicale, che in questo disco è la cosa che ci interessa meno, vista la preponderanza assoluta dei testi, vero elemento aggiunto che merita un'analisi minuziosa quale ci accingiamo a fare.
Sono fioccati i riferimenti ad artisti come Baustelle, Luci della Centrale Elettrica, Max Gazzè e quant'altro. C'è in effetti un pezzetto d'ognuno, sia per la ricerca della melodia e la sensibilità poetica (Baustelle), sia per la capacità di catturare un piccolo spacco generazionale giovanile (Luci della Centrale Elettrica), sia per l'uso dell'ironia, l'affabulazione narrativa ed una certa modalità distaccata di cantare (Max Gazzè). Nel complesso però il progetto de I Cani, che contrariamente al nome plurale è formato da una sola persona (al momento in cui scrivo ancora sconosciuta, grazie ad una furba strategia pubblicitaria), è diverso da tutto ciò, suonando musicalmente limpidamente indie, grazie ad un uso luccicante e sfrenato di synth, batteria elettronica e low-fi digitale a forgiare un robusto e trascinante electro-pop. Nonostante una certa ripetitività di fondo si tirano fuori talora riff e spunti davvero scintillanti (Perdona e dimentica, I pariolini di diciott'anni, Hipsteria, ecc), realizzati con la maestria di un ottimo dj.
A far diventare però I Cani un piccolo “caso” nel circuito underground è, lo dicevamo, la sua capacità di ritrarre l'inquietudine, i sogni, le ansie, le pratiche e i pensieri di uno spaccato consistente di gioventù. Potremmo dire della parte più “sfigata”, perchè in fondo cosa c'è di più nerd che cantare di ascoltare “Daniel Johnston alle quattro del mattino” (vedi Hipsteria)?
Chi se non un nerd, in giro per un fottuto Paese dove un giovane su tre è disoccupato e un altro è precario, cerca rifugio in un viaggio americano utopistico (“Andrò a New York a lavorare da American Apparel. Io ti assicuro che lo faccio, o se non altro vado al parco e leggo David Foster Wallace”)?
Per capire davvero come è articolato questo pezzetto di classe sociale ritratta bisogna riportare un ampio stralcio di Velleità, uno dei capolavori del disco:
“I critici musicali ora hanno il blog. Gli artisti in circolo al Circolo degli Artisti. I falsi nerd con gli occhiali da nerd. I radical chic senza radical. Nichilisti col cocktail in mano che sognano di essere famosi come Vasco Brondi, che appoggiato sul muro parla con la ragazza di qualcuno. Anoressiche alla moda, anoressiche fuori moda, bulimiche si occupano di moda. Mentre aspiranti DJ aspirano coca aspiranti attrici sospirano languide con gli autori tv, gli stagisti alla Fox, i registi di clip. I falliti, i delusi, i depressi, i frustrati. Gli emo riciclati.
I gruppi hipster, indie, hardcore, punk, electro-pop. I Cani.”
E' la descrizione del mondo indie italiano: giovani che rifiutano lo spettacolo conformistico imposto dalla presente società e indossano maschere pirandelliane per essere diversi, non capendo che la creazione di una sottocultura ugualmente conforme a certi canoni e vuota di contenuti non rende ribelli o più belli, ma solo ridicoli. Questo pezzo piacerà a qualunque lettore di un sito come questo su cui state leggendo, perchè tutti noi conosciamo gente così (di quelli che si mettono le maglie con le righe perchè sono “cool”) e mi duole ammettere che c'è un po' di ciò in tutti noi, che lo ammettiamo o meno. In fondo però non è una gara a premi. Basta saperlo, non c'è da vergognarsene. Anzi I Cani lo riconoscono e ci ridono sopra, come mostra il finale della citazione.
Inquadrato il campo si parte con le meravigliose istantanee che l'autore riesce a realizzare di situazioni a volte banali ma inedite, a volte usuali per tutti i “comuni mortali”.
Door Selection ad esempio descrive il momento di attesa fuori da un locale in cui la fila non passa più. E' l'occasione di immaginare quel che già si conosce con ironia e un po' di spacconeria (“conosco benissimo cosa mi aspetta: le bariste che ci provano con me; i fuori sede che ci provano con le bariste (coi soldi dei padri)”) ma anche per riflettere sulle proprie piccole contraddizioni da megalomani virtuali (“Toglierei l'amicizia al settanta per cento di quelli su facebook, ma in fondo non voglio vedere ridotto il mio impero”)
Le coppie propone una schematicità degna del Teorema di Ferradini e racconta situazioni sentimentali quotidiane che chiunque di noi ha provato:
“Le coppie si dicono basta e sui social network non sono più amici. Lei comunque sostiene che lui abbia fatto di tutto per farsi lasciare. Dopo mesi lo incontra a una festa e guarda di striscio se l'altra è più fica. Si dicono non rimaniamo estranei o nemici. Ma non ci riescono quasi mai. Neanche i meglio intenzionati ce la fanno quasi mai”
Ciò che sorprende di simili testi è la semplicità, il garbo, lo sguardo spassionato eppure divertito, come se ci si lanciasse davanti ad un gruppo di amici in una disquisizione su un quadro surrealista di cui non si capisce il senso.
Ne Il pranzo di Santo Stefano si rievocano affettuosi e ironici ricordi di episodi crepuscolari familiari e sentimentali. Sono canzoni che nascondono un sorrisetto tirato che tende a diventare smorfia, un po' di rassegnazione, un po' di malinconia. Eppure il sorrisetto rimane, perchè in fondo è meglio prenderla con ironia e piglio sereno piuttosto che piangersi inutilmente addosso...
Post Punk è un racconto disincantato su un cinquantenne (circa) che si ostina a rimanere “giovane” e che nonostante un atteggiamento invadente e una poco credibile facciata di anarcoide, riesce a dire alcune cose giuste (“Vedi Niccolò, la gente non è il mestiere che fa, o i vestiti che porta, le scarpe che mette, la roba che ha”)
Arriviamo all'altro vero capolavoro del disco, diventato uno dei maggiori must: I pariolini di diciott’anni è una descrizione assolutamente aristocratica ed elitaria della generazione attuale (“I pariolini di diciott'anni comprano e vendono cocaina, fanno le aperte coi motorini, odiano tutte le guardie infami. Animati da un generico quanto autentico fascismo, testimoniato ad esempio dagli adesivi sui caschi”), con uno sprezzo degno dell'Agnelli che sui giovani di ieri (cioè forse noi) ci scatarrava su. Eppure quanti di noi 25-30enni non vi trovano un fondo di verità? C'è in questa visione tutto il disprezzo per un branco di giovani che si muove come degli animali senza senso (“fanno i filmini con le quartine”), in un vitalismo immaturo che però a livello emozionale si rimpiange, pur senza riuscire ad ammetterlo pubblicamente (“Io che di nascosto vivo, io non vivo che nascosto, ed ho un po' più di anni ma non so che cosa invidio”).
Il sorprendente album d'esordio dei Cani ha infine uno sfondo politico. Sottile però, quanto lo è la coscienza di questa sottocultura indie, tendenzialmente progressista e liberale ma che affronta la politica con quel piglio un po' superficiale tipico di un Paese malato e stufo delle ideologie (vedi il rimando di sopra al fascismo).
A riguardo è significativa Perdona e dimentica, atto d'accusa liberatorio verso l'ipocrisia di una ragazza finto-indie-sinistroide, colpevole di mascherare la propria natura e i propri beni per cercare di essere altro da sé. E non nel tentativo di migliorare sé stessa, ma solo per trarne vantaggio personale.
E' questa ipocrisia di fondo la cosa di cui più ci si deve vergognare, non dell'appartenenza borghese in sé, o del desiderio di mantenere abitudini di vita che alcuni definirebbero “reazionarie”. Talmente terribile da meritare un elenco altrettanto liberatorio che elenca quello che tutti ritengono senza pensarci troppo il “bene” (“la camorra, la guerra”) e il “male” (“Saviano, Santoro”), ma che in realtà presenta le stesse contraddizioni. Perchè la realtà è complessa...
E' questa conclusione in fondo che emerge anche da Wes Anderson, in cui “i cattivi non sono cattivi davvero. E i nemici non sono nemici davvero. Ma anche i buoni non sono buoni davvero, proprio come me e te”. Responso che porta a desiderare di evadere da Roma Nord, dai pariolini, dalle storie complesse, e rifugiarsi in uno dei mondi meravigliosi messi in piedi da Wes Anderson, con le “inquadrature asimmetriche”, “i ralenty quando scendi dal treno”, i Kinks e “i finali agrodolci”.
Perchè in realtà non è vero che gli ultimi romantici sono i pariolini di diciott'anni. Gli ultimi romantici siamo noi, e con noi il tizio che si nasconde dietro la sigla de I Cani. E' anche per questo che abbiamo ascoltato Il sorprendente album d'esordio dei Cani.
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