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R Recensione

8/10

IOSONOUNCANE

La macarena su Roma

La macarena su Roma? Ma cos’è? Un disco destinato alle scuole di ballo per i dopo cena di annoiate coppie in cerca di leggere distrazioni? Un ritorno di moda del famigerato e deleterio tormentone di qualche tempo fa? No, proprio no. Si tratta di un’opera altrettanto “pericolosa” della Macarena d.o.c., ma per altri motivi, decisamente. Se deciderete di ascoltarlo, lungi dal ricavarne un facile ed inebetente intrattenimento scacciapensieri, potrebbe accadervi di ritrovarvi letteralmente risucchiati in uno spaccato musicale/testuale sincero, accorato, deluso (“ma il sindacato cosa dice? ma lascia perdere, non dicono niente, non fanno nulla, guarda lascia perdere”), incazzato, sui nostri martoriati tempi. Questo diavolo di un cane potrebbe “mordervi” davvero, e non lasciarvi andar via tanto facilmente!

Ma chi si nasconde dietro questo curioso moniker? IOSONOUNCANE è il progetto solista di Jacopo Incani, e siccome so che già vi state chiedendo chi sia costui, chiedo l’aiuto del computer e copio-incollo dal suo myspace: “Sardo, nato nel 1983, residente a Bologna. Usa voci, vocine, vocione, vociacce, campioni, loop, percussioni elettroniche, chitarra acustica, elettronica a basso costo. Immediatamente alla sua sinistra siedono Giorgio Gaber, Lucio Dalla, Fabrizio De Andrè. Immediatamente alla suadestra Syd Barrett, i Pere Ubu, i Black Dice. Tutti assunti nello stesso call center. I suoi concerti sono comizi. Violenti, satirici, polemici. Genere: Elettronica / Minimalista / Psichedelica”. Se le vostre aspettative dovessero essersi improvvisamente alzate, vi assicuro che non resteranno deluse dall’ascolto di questo album d’esordio pubblicato dalla lungimirante Trovarobato.

È un lavoro a più voci “La macarena su Roma”, un album di canzoni pensate e cantate dai punti di vista più disparati. Talvolta in prima persona (la dolente “Giugno” ne è l’esempio più lampante: “(...) ed oggi mi licenzio”), ma più spesso con la precipua volontà di rappresentare particolari punti di osservazione di esemplari di varia (dis)umanità. Troviamo così la gente comune in spiaggia che assiste gaudente al naufragio di un barcone di disperati in “Summer on a spiaggia affollata”, in un tripudio di razzismo e luoghi comuni, più o meno gli stessi di cui si nutre anche “Il boogie dei piedi”. Ascoltiamo, nella delirante e magnifica title-track, la voce di un tipico esemplare italico moderno, che vive recluso in casa (“così si risolve”) a guardare la tv sul divano, il cui unico scatto di eccitazione è per il televoto (“oggi decido io, oggi partecipo (......) la libertà è partecipazione”), in una distorta e paradossale idea di (video)democrazia: l’esistenza umana e sociale ridotta a mero simulacro del vuoto televisivo che ci circonda, e che consente curiose alternative della marcia su Roma, non meno agghiaccianti.

Soprattutto, c’è una visionarietà mutuata dal De Andrè più onirico, non lontana dalle atmosfere allucinate e malate di “Storia di un impiegato”, con la particolare vocalità di Incani che, quando cambia registro, riesce a toccare vette di indicibile bellezza. In particolare nel capolavoro “Il corpo del reato”: quasi un’attualizzazione e personificazione degli slanci isterici del miglior Lucio Dalla (che non conosco ma conosco). Più in generale, emoziona parecchio il peculiare il lavoro di stratificazione realizzato sulle varie voci incarnate dal geniale IOSONOUNCANE, che interpreta i diversi personaggi vestendone i panni, dando loro voce, vivendoli senza pudore alcuno. Le voci, vocine, vocione, vociacce (cit.), tutte responsabilità sua, non ne vogliono sapere nulla di piacere, o meglio, non ne vogliono sapere nulla di farlo secondo quelli che sono i normali canoni di bellezza (e naturalmente ai più potrebbero fare ribrezzo), ma toccano e colpiscono, perfettamente “centrate” nei loro mutevoli ruoli.

Ridurre il tutto alla indubbia forza lirica e rappresentativa del binomio testi/voci, significherebbe, tuttavia, fare un gravissimo torto all’autore. Le mutevoli soluzioni musicali proposte, (quasi) tutte create e suonate da Incani in persona, sono altrettanto interessanti e vincenti. Impossibile non restare vittime dei ritmi, dei campionamenti e degli effetti perfettamente innestati e bilanciati con le trame acustiche e le voci di questo disco: tastiere giocattolo, ritmi elettronici, chitarra, campionamenti, loop sonori creano un moderno ed originale meticciato electro-pop nella accezione più ampia possibile, che cattura “frullando” in testa (e la testa) ostinatamente. “Torino pausa pranzo” è dura come un pugno nello stomaco, nel suo doloroso rimando alle morti sul lavoro (“sfila la morte muta vestita da funerale per le vie del centro (...) la democrazia siede in veste ufficiale e il suo plotone di testimoni saponette alla mano ripassa il commiato per gli ultimi tra i cittadini / il coccodrillo commosso parente stretto delle borsette è il prezzo da pagare per i prezzi da scontare”).

C’è la morte violenta da incidente stradale ne “Il corpo del reato” (“cosa vuoi fare? vuoi stare li tutta la notte sull’asfalto vuoi riposare? (.....) andiamo a casa lasciati andare ti tengo forte ve l’ho detto mille volte di rallentare, andiamo non ci pensi a tua madre? (...) il corpo steso sulla schiena di un trentenne sull’asfalto ha già smesso di respirare”). Canzone di una bellezza esagerata, insostenibile e lacerante, con il protagonista che non si arrende di fronte all’evidenza ed insiste straziante: “alzati andiamo è quasi mattino mi sto addormentando pulisciti il viso mi fai impressione mi stai spaventando andiamo lasciati sollevare che pensi di fare se pensi di fare qualcosa di originale ti stai sbagliando”. E c’è la morte “di fatto” nella surreale “I superstiti”: “Sono andato a lavoro....c’era una puzza stranissima (...) Cos’è questa puzza? Sono loro (...) sono morti! I nostri colleghi? ma se stanno parlando? (...) Non fanno niente non dicono nulla (...) Ma lascia perdere”.

Un incontro destinato a lasciare segni indelebili. Non si può restare indifferenti di fronte ad una personalità così imponente. Il classico “cavallo di razza”, anzi “cane di razza”, originale e particolare, rispetto al quale non credo possano esistere le mezze misure: o lo si ama alla follia, o lo si odia violentemente. Io folleggio già d’amore. ATTENTIALCANE!

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REBBY 4/10
Dr.Paul 5,5/10
motek 7/10

C Commenti

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hiperwlt alle 0:16 del 4 novembre 2010 ha scritto:

davvero curioso di ascoltarlo. recensione notevole

bargeld (ha votato 9 questo disco) alle 10:01 del 4 novembre 2010 ha scritto:

Bravo Simone, lettura perfetta di un disco allucinante, che mi piace già molto. Per il voto ripasso!

simone coacci alle 10:59 del 4 novembre 2010 ha scritto:

Minchia sembra bravo sul serio, questo. Altro che Vasco Ros..ehm...Vasco Brondi. Anch'io sono un cane. Siamo un paese di cani. Arrabbiati. Bravo Simone.

gull, autore, alle 12:29 del 4 novembre 2010 ha scritto:

Grazie ragazzi!

bargeld (ha votato 9 questo disco) alle 20:15 del 17 dicembre 2010 ha scritto:

L'unico modo di affrontare questo misero paese è con gli occhi di un pazzo. Incani ha indossato quelli occhi, e ha sputato senza filtri ciò che ha visto, orripilato. L'avessi recensito io avrei dato il tuo stesso voto, Simone, ma qui sotto posso sfogarmi da utente e allora esagero. Disco italiano dell'anno, senza ombra di dubbio, per me.

gull, autore, alle 18:40 del 18 dicembre 2010 ha scritto:

RE:

E' proprio vero ciò che scrivi.

Anch'io da utente mi sarei sfogato come hai fatto tu, bargeld!

FrancescoB alle 21:39 del 14 aprile 2011 ha scritto:

Grande recensione, e disco molto interessante e particolare: anzi di più, un salutare pugno nello stomaco.

gull, autore, alle 14:15 del 15 aprile 2011 ha scritto:

RE:

Grazie anche a te, collega Julian!

TexasGin_82 (ha votato 8 questo disco) alle 15:34 del 20 giugno 2012 ha scritto:

AH, ma questo non l'avevo votato... rimedio subito. Secondo me il miglior disco italiano del 2010 (ovviamente insieme a quello degli uochi toki), e soprattutto - cosa per me ben più importante - il più originale.