R Recensione

6,5/10

Jaakko Eino Kalevi

Jaakko Eino Kalevi

Persino dalla Finlandia, solitamente patria di ben più ruvide proposte musicali, arrivano specimena di quel pop rétro sfatto e lascivo nato, senza ironia, da una costola di Ariel Pink, fiorito tra i suoi scolari (Puro Instinct) e ormai grande abbastanza per reggersi da solo, anche senza la necessità della patina lo-fi. Gioventù stremata non più alla meta ma al nastro di partenza, e perciò disperatamente ancorata a un ultimo sussulto di edonismo.

Il disco eponimo di Jaakko Eino Kalevi non nasconde nulla della sua natura sfibrata e arrendevole, formandosi per lo più su synth arrotondati da chitarre blande (“Say”) e bassi che si sfiancano su groove col technicolor pallido anni ’70 (“Don’t Ask Me Why”, ostentatamente old fashioned). Spesso le canzoni faticano a formarsi, rimanendo aborti che si coagulano attorno alla stesso loop (“JEK”, “Mind Like Muscle”), magari stornato in sensualità per eccesso di pigrizia, come da lezione del Destroyer di “Kaputt” (“Double Talk”).

Aiutano, in questo, il sostegno vocale femminile di Suad Khalifa, a volte responsabile, assieme all’aura più surreale di certi fraseggi elettronici, di un’impressione tra primi Knife e Fever Ray (vd. l’ammaliante “Deeper Shadows”), e l’ingresso, qua e là, del sax (“Ikuinen Purkautumaton Jännite”). Mixa Nicolas Vernhes, che spesso trasforma in cose svaporate la musica che tocca (Small Black, Wild Nothing, l’ultimo The War on Drugs).  

Un po’ di struttura melodica in più avrebbe giovato, visto che, dove compare, anche per cenni, fa uscire i pezzi migliori del lotto (“Night at the Field”, “Hush Down”, la già citata “Deeper Shadows”). L’ascolto, comunque, piace, e accontenterà chi ama l’Ariel Pink meno sregolato ed eccentrico.

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