Mercury Rev
Snowflake Midnight
Il 29 settembre del 2008 segna il ritorno dei Mercury Rev con due album, più o meno separati nelle intenzioni e nei fatti. Infatti, per quella data la band ha messo a disposizione contemporaneamente “Snowflake Midnight” attraverso i consueti canali di vendita e “Strange Attractor” attraverso quello che oramai possiamo considerare a tutti gli effetti il normale canale di “non vendita”, ossia in versione MP3 per il download gratuito sul sito ufficiale della band, previa iscrizione ad apposita mailing list. Due dischi separati, allora, si direbbe.
Ma a confonderci le idee si apprende che la versione in vinile di “Snowflake Midnight” contiene anche “Strange Attractor”, in versione di allegato, ovvero considerato come “free bonus LP”. Io rimango dell’impressione iniziale, ossia che si tratti di due lavori distinti, e, pertanto, fornirò recensioni altrettanto distinte.
“Snowflake Midnight” presenta nove tracce, la quinta delle quali (“October Sunshine”) è un breve intermezzo strumentale. Tiepida l’accoglienza del nuovo lavoro da parte di Pitchfork, buona quella di Allmusic, Guardian e Independent, negativa quella di Planet Sound.
Per quanto riguarda il sottoscritto, il primo approccio uditivo è alquanto sconcertante, ma la sorpresa è piacevole. Innanzitutto perché non se ne poteva più di quel continuare a cincischiare attorno ai temi musicali di “Deserter’s Song”, riproponendo continuamente le geniali intuizioni datate 1998 ma ormai divenute banali e alquanto stucchevoli.
E allora ecco una forte quanto attesa ventata di nuovo. D’altronde, i Mercury Rev non sono nuovi a mutamenti anche sostanziali nelle loro sonorità. Passati da un rock sperimentale e psichedelico ad un pop orchestrale, tanto melodico quanto barocco, rivoluzionano nuovamente le proprie sonorità, presentandosi con cavalcate shoegaze, spruzzate di psichedelia e dosi massicce di elettronica.
Resta inconfondibile e ancora caratterizzante il tratto onirico e lievemente barocco che ha caratterizzato le sonorità della band sin dai primi lavori. Parimenti si assiste all’abbandono della pervasività orchestrale e all’apertura verso sonorità più energiche e vitali, fortemente intrise di elettronica e coraggiosamente rivolte al synth-pop.
Sebbene tutte le tracce, almeno in apparenza, siano dotate di una certa uniformità, è possibile scorgere ugualmente il passaggio dalla energetica leggerezza di “Snowflake In A Hot World” alla dance rallentata di “Butterfly's Wing”, dalla progressione di “Senses On Fire” al futurismo di “Runaway Raindrop”, dalla etereità di “Faraway From Cars” alla concretezza di “A Squirrel And I (Holding On … And Then Letting Go)”, passando per la magica alchimia di “People Are So Unpredictable (There’s No Bliss Like Home)” e di “Dream Of A Young Girl As A Flower”. Proprio in queste due ultime tracce la ricchezza di contenuti e la mutevolezza della materia toccano i livelli artisticamente più elevati dell’album.
Un album che probabilmente non è da considerarsi un capolavoro, ma che certamente rappresenta uno dei momenti migliori nella carriera di una band che riesce ancora a dimostrare quanto sia ancora attuale il proprio valore. Si veda, per conferma, l’album gemello “Strange Attractor”.
Tweet