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R Recensione

7/10

Revglow

9th Chrysalis

Revglow è il nome dell’italianissimo duo formato dal friulano Francis M.Gri (degli All My Faith Lost) e dalla singer milanese Lilium, una collaborazione che già da tempo li vede impegnati in electro-sperimentazioni sempre più lontane dalle accigliate atmosfere degli esordi e dirette verso una più leggiadra realtà, impalpabile e sognante. Liquid Pearls nel 2008, nuova label, EP e disco nel 2011, quella del duo è una reale metamorfosi, di nome e di fatto.  

I primi ed evidentissimi spunti bjorkiani sono ormai un lontano ricordo, così come i misteriosi richiami dark. La crisalide ha dato alla luce nuove forme, morbide, cristalline, plasmate con destrezza per non lasciar spazio ad ingombranti eccessi o spigolose asimmetrie. 9th Chrysalis è pura trasformazione, lineare e limpida quasi a sfiorare il surreale, nove pezzi allacciati fra loro dalla straordinaria naturalezza che li contraddistingue, per una performance locale finalmente fresca e piacevole, pur in assenza di grosse innovazioni. Piacevole proprio perché priva di pacchiani stravolgimenti.  

Lenti e inesorabili tappeti sonori, nati da un Francis estremamente attento al continuum percettivo. Fibre che si susseguono, si avvolgono, si plasmano, accompagnate dal fedele canto di Lilium, fluido e litanico, una materia che prima si aggroviglia e poi si distende.  

Timide percussioni aprono la prima traccia, Uncertain, presto sostituite dall’incedere del piano e dall’apporto onirico della singer. Un vortice sognante e ipnotico saggiamente strutturato, ripreso e mantenuto dall’atmosfera liquida di Out-Side, così come dalla quiete di Chrysalis, brano dalle particolari qualità, perla che riassume la fisionomia dell’album, tanto da portarne il nome. A distorcere e ingarbugliare la forma è l’intrusione chitarristica di Illusion che, come un lampo, celere, si estingue per restituire lo spazio alla luce e alla calma di Morning Sunshine, brano decisamente festoso e giulivo. Segue, trattenuta e soffocata, Veils, incurante di un carattere incalzante e incombente come quello della successiva Blood Poetry. Finale sfumato e semioscuro con l’uggiosa Nowhere, chiaramente di stampo ambient, e l’ultima Invisible, una purezza scorrevole e ammaliante che và a chiudere con serenità il capitolo.  

L’essenza del progetto, tra synth e beats puliti e lucenti, tra imperturbabili e pacate note, tra voci alte e soft, si presenta come curata e versatile, coerente nella sua metamorfosi, un duo-project italico, senza dubbio, degno di particolare attenzione.

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