Royksopp
Melody A.M.
"Trompsø is Ok" avrebbero detto i Giardini di Mirò, giusto giusto nel 2001. Magari sbagliandosi con una "p" di troppo, magari non considerando nemmeno la città. Poco importa perché una cosa è certa: Trompsø, Tromsø, o comunque vogliate chiamarla, è già leggenda: un innevato borgo del nord (Norvegia), ancora più a nord (parte settentrionale), terra natale di Svein Berge e Torbjørn Brundtland, i due "funghetti atomici" (libera traduzione di Röyksopp) dell'electro-ambient. E quindi ci risiamo, "Scandinavia strikes back!".
Così non va, troppo SuperQuark. Ritento.
Aiaiaiaiaiiiiiaiaiaiaiaiaiscicicicicicicifrrrrrrrrraaurrrrraaurrrraaurrraaurraau-Tun, tun, tun-Tatun-Tataun taun-Tun, tun, tun-Tatun-Tutuuuu-Tun, tun, tun-Tatun-Tataun taun-Tun, tun, tun-Tatun-Tutuuuu... Beh, perché quelle facce? E' solo l'inizio di "So Easy"! Così semplice... no? No? No!?
Così non va, troppo onomatopeico. Ritento.
"Ma insomma Maradei, hai studiato la lezione del giorno oppure no?". "Se per lei non è un problema, professoressa, preferirei partire dagli argomenti passati...". "Prego allora, comincia pure". Attimi di silenzio. Imbarazzo. Occhi abbassati. Pizzicate auto-inflitte alle cosce. Mezze frasette morte tra denti e lingua e palato. "Ehmmm, il problema, professoressa, è che non c'è nulla prima di questo... sì insomma, siamo ancora al primo capitolo..."
Ahi, ahi, ahi, si mette davvero male per il povero Filippo: "Melody A.M." è il primo disco dei Röyksopp, non può parlare di nient'altro per guadagnare tempo e spazio (soprattutto spazio!). Come può ora scrivere metà recensione senza fare paragoni col passato? Di quelli che rubano almeno sette-otto righe d'introduzione, mica briciole. Caspita però, sono già a metà dell'opera. Posso anche parlare del disco.
Si parte dall'electro-pop "loopizzata" in beat bassi, ripresi dagli (sconosciutissimi) Gals and Pals e, prima ancora, da Bacharach ("So Easy") alle manipolazioni di una sorella più light nello sviluppo ("Eple"), salendo d'improvviso - e non senza un certo senso di lauto smarrimento - sino alle vette più alte di una seduzione lounge dannatamente old school, con il solo appiglio delle romantiche e bellissime distorsioni vocali di Anneli Drecker, presa in prestito per l'occasione dai Bel Canto ("Sparks").
Una volta in cima a questa montagna di lussuria, ci ritroviamo d'incanto a respirare Air da "Moon Safari", tra brillamenti stellari e melodie xilofonate ("In Space"); piccola parentesi dance nelle ritmiche sostenute da nottata dj-set spiaggia e nei riverberi di voce di Erlend Øye, sacra metà dei Kings of Convenience ("Poor Leno"). Senza un attimo di tregua, non un solo minuto di noia, il duo norvegese continua a plasmare a quattromani la propria materia musicale come due teneri amanti davanti a un tornio da vasaio (scenetta simil Ghost) seguendo i vortici argillosi di una chill-out in downtempo ("A Higher Place") e di una lunga e intricata minimal dal cuore funky ("Röyksopp's Night Out"). In un'orgia di samples sinuosi e ritmi delicati come questa, poteva mancare il caro vecchio synth-pop? Ascoltare (di nuovo) Øye per credere ("Remind Me"). E se vi steste chiedendo perché non il jazz in questo vortice d'erotismo, vi dovrete presto ricredere: c'è un amore nello spazio (Peter Thomas) che non aspetta altro d'essere ambientato in un nuovo futuro, quasi cinquant'anni dopo...
Insomma, è una particolare partita a scacchi quella mossa dai Röyksopp: suoni analogici e digitali che si studiano, si affrontano e infine si abbracciano in un suggestivo ed emozionate pas de deux senza tempo. E noi lì, che ne godiamo estasiati.
Tweet