R Recensione

7/10

Barzin

Notes To An Absent Lover

È un risveglio ciò che apre il terzo album del cantautore canadese Barzin: un risveglio in una casa estranea.

Con una batteria accarezzata ci accompagna dentro la stanza, quasi sentissimo i passi  incedere sul pavimento e spalancassimo gli occhi nella luce del mattino, un lento scoprire.

Nobody told me forgetting could be so hard” ci sussurra, non resta altro allora che procedere in un cammino che trova la sua direzione non nel dimenticare, bensì nel ricordare, nel rendere presente un’assenza per esorcizzarla: è questo il fil rouge di Notes To An Absent Lover, così come rossi sono i capelli della “auburn girl” che Barzin rincorre e distanzia, richiamata anche in copertina.

Lasciati da parte riverberi, elettronica e sperimentazioni del precedente album My Life In Rooms, sceglie di dare corpo e forma ad un’aria che ha il sapore dell’abbandono e lo fa con le esili note di pianoforte di “Worlds Tangled In Blue” in cui tremano chitarra e voce.

L’atmosfera si incupisce con l’avanzare, la steel guitar rende suono l’espandersi nel vuoto, come in “Soft Summer Girls” e “When It Falls Apart”, dilatando spazi che richiamano da vicino i Canyon di “The Long Weekend”; più sognante e sottomessa invece “Lost”, ove il vibrafono trasforma la rabbia arresa in una sorta di soave ninna nanna folk.

Con “Stayed Too Long In This Place” arriva la seconda voce di Melissa McClelland ad invocare il ritorno e la bugia beffarda: “So won’t yuo come to me now… so come gypsy girl bring me that lie that will make it okay”, tanto che verrebbe da pensare ai noti unisono Rice-Hanningan, ma in questo caso le corde femminili non s’impongono, piuttosto giocano la parte di lieve carezza e sostegno mai esagerato.

L’Lp volge al termine e Barzin sembra aver espiato colpe nascoste, la chiarezza diventa quattro quarti e voce più decisa in “Look What Love Has Turned Us Into” per ritornare al mood dell'incipit, il violoncello e il vibrafono in un tappeto rarefatto e malinconico ci svelano un nome: Susan.

Scopriamo che le pareti di quella stanza iniziale avevano i colori della consapevolezza, la stessa con cui Barzin decide di comporre, insieme a Tony Dekker dei Great Lake Swimmers, un album senza troppe impennate, fosco e vulnerabile, con un songwritng lucido e semplice, ma non per questo banale; il rischio è però l’avvolgersi a spirale del suono ed il ripiegarsi psicologico su se stessi.

Il cantautore canadese batte il terreno dello slowcore all’incrocio tra una Hope Sandoval al maschile e l’ultimo Sparklehorse di “Dreamt For Light Years In The Belly Of A Mountain”, gli manca tuttavia quella suadenza tipicamente femminile ed una certa caratterizzazione.

La monotonia è sempre dietro l’angolo pronta a far capolino, tuttavia è tenuta a bada dall’umiltà con cui questo musicista decide di stendere note che sembrano interni di Hopper, immobili e nello stesso tempo affascinanti, ottimamente riassunti in “Queen Jane”.

Per i due album precedenti la stampa aveva chiamato in causa Nick Drake, il cammino sembra lungo, ma speriamo che a Barzin restino più di cinque foglie per fare sbocciare ciò al momento sembra esser ancora un po’ acerbo…eppure tremendamente sincero.

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 11 voti.
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REBBY 5/10
target 6/10
cielo 10/10
gi4ndo 9/10

C Commenti

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Mr. Wave (ha votato 7 questo disco) alle 0:19 del 12 maggio 2009 ha scritto:

Sono concorde con la recensione. Disco a tratti ermetico, esageratamente intrinseco e spesso piatto, nonostante la presenza di ottimi brani quali: ''Nobody Told Me'', ''Look Was Love Has Turned Us Into'', ''Queen Jane'' e ''Soft Summer Girls''.

fabfabfab (ha votato 6 questo disco) alle 15:15 del 12 maggio 2009 ha scritto:

RE:

Effettivamente certi passaggi intorpidiscono i sensi. Molto più vivace e gradevole la recensione. Complimenti.

target (ha votato 6 questo disco) alle 16:16 del 12 maggio 2009 ha scritto:

Sì, diciamo che a volte si intuisce perché l'amante in questione fosse assente; minchia, si doveva fare du' palle quadre... Scherzi a parte, è un disco con qualche buon episodio, ma troppo spesso si stende in un elegismo paciosamente monocorde. Bella Mella.

Rettiliano alle 18:57 del 12 maggio 2009 ha scritto:

A me è piaciuto moltissimo. Più dei precendenti.

E' monocorde ma breve, non arriva mai ad essere pesante.

Promosso in pieno.

Roberto Maniglio alle 22:10 del 12 maggio 2009 ha scritto:

Anche a me è piaciuto più dei precedenti, che erano ancora più lenti. Il mio voto è 7,5.

otherdaysothereyes (ha votato 6 questo disco) alle 23:38 del 12 maggio 2009 ha scritto:

Più o meno sono d'accordo sul fatto che sia è un po' piatto e poco incisivo. Piacevole comunque. 6,5.

Brava M-ell, ottima la prima, continua così!

Mell Of A Hess, autore, alle 2:48 del 13 maggio 2009 ha scritto:

Grazie Fabio e Other per i complimenti, credo che l'ascolto notturno porti ad apprezzarlo meglio.

P.s. c'è un modo per uniformare il nomi del recensore?

In realtà ce ne sarebbe anche un'altra meno recente, ma appare come Mell Of A Hess (scritto sbagliato, I don't know why), solo qui resta M-ell, scusate la nota tecnica, se non fosse possibile nessun problema, è solo la mia eterna lotta con la tecnologia

Dr.Paul alle 7:08 del 13 maggio 2009 ha scritto:

firmati con nome e cognome, è sempre meglio!

TheManMachine (ha votato 7 questo disco) alle 12:29 del 13 maggio 2009 ha scritto:

Questo disco l'avevo ascoltato un mese e mezzo fa circa e non mi era dispiaciuto. D'accordissimo con il concetto di "ascolto notturno" di Mell, a proposito bravissima non avevo dubbi che avresti esordito con una bella recensione, con il tuo bello stile! Nel rating aggiungo mezza stella rispetto a quello che meriterebbe, perché questo disco si salva comunque dalla banalità, e non è poco.

Mr. Cigarette Butt (ha votato 7 questo disco) alle 18:37 del 13 maggio 2009 ha scritto:

Se chiudo gli occhi e ascolto attentamente,vedo una giovane coppia che litiga,ma subito dopo sono nel loro letto con una sola candela accesa a fare la pace..ecco questo disco mi fa pensare alla sofferenza ma anche alla quiete dopo la tempesta..senza dubbio la mia canzone preferita è queen jane,con quell'armonica che mi porta alla mente un certo folk dei sessanta,soft summer girls ha un tono molto delicato come delle dolci parole sussurrate sotto una luna d'estate,nell'insieme potrebbe essere un disco si notturno,ma di notti estive,quelle con le persiane aperte e i raggi della luna sulla pelle..che ne pensi M-(h)ell?

Mell Of A Hess, autore, alle 20:06 del 13 maggio 2009 ha scritto:

Sull'estate la penso come Ciampi,Carlo Azeglio ovviamente!

Più che alla sofferenza a me fa pensare alla lucidità (a volte più abbondante, a volte meno), con cui si guarda indietro col passo avanti, proprio quello che ha fatto Barzin col disco, sguardi ai sixties però non troppo forzati ed attualizzati.