Belle And Sebastian
If you are Feeling Sinister
Belle and Sebastian è il nome di un cartone animato francese, ma è anche il bizzarro nome che hanno scelto per il loro gruppo sette ragazzi di Glasgow durante gli anni dellhigh school.
If You Are Feeling Sinister porta a compimento quel processo di ricerca della completezza che i Belle and Sebastian non erano riusciti a trovare nel loro primo album, Tigermilk, che comunque mostrava già qualità estranee alla maggior parte dei protagonisti della pur prolifica scena indie pop scozzese.
Nonostante si possano facilmente riscontrare linfluenza di folk singer come Donovan e Nick Drake, If you are Feeling Sinister ha il grande pregio di brillare di luce propria, senza farsi attrarre dallindolenza del primo e dallo spleen esistenziale del secondo, ma mantenendo comunque un tono nostalgico e malinconico facilmente distinguibile nel cantato soffertodi Stuart Murdoch, deus ex machina del progetto.
Gli arrangiamenti si fanno più complessi, sono infatti sempre più presenti tastiere e pianoforti, trombe, violino, organo e il violoncello di una Isobel Campbell che comincia a prendere più sicurezza nei propri mezzi, intraprendendo quel processo di maturità artistica che sarà sublimata nei suoi lavori solisti, dato che non troverà mai molto spazio espressivo allinterno del complesso.
Si tratta dunque di una sezione strumentale notevole, ma che quasi miracolosamente riesce a sovrapporsi perfettamente allo stile semplice e naif delle melodie, senza mai appesantire le composizioni, senza mai snaturare quella leggerezza e quel magico flusso di suoni delicati e vitali.
Il risultato sono dieci canzoni perfette nella loro semplicità, che snocciolano a ripetizione ritmi incalzanti e melodie memorabili impregnate di un nonsense veramente contagioso.
Fra queste, il magistrale carillon di Seeing other people scorre come un paio di sci nuovi sulla neve fresca; Me and The major, introdotta e poi accompagnata da archi appena appena dissonanti, concede alle folle uno dei loro ritornelli indimenticabili; fra le più meditate, Like Dylan in the movies, per molti lapice massimo del gruppo di Glasgow, concede altri quattro minuti equamente distribuiti fra brevi sezioni strumentali e dolcissime parti cantate strappalacrime, mentre The fox in the snow, vero climax del disco, con uno dei testi più affascinanti del loro repertorio, lascia il centro del palcoscenico alla voce di Murdoch, ma dietro, il lavoro capillare degli arrangiamenti resta fondamentale.
Get me away from here, Im dying sarebbe ben figurata anche in Mellow Yellow di Donovan mentre If you are feeling sinister si avvicina di più allo stile pacato di Nick Drake. Il pop senza confini è il leitmotiv che guida Mayfly, un pop ancor più Beatles piuttosto che Dylaniano basato sullequilibrio fra chitarra acustica e tastiere. A sublimare il tutto ancora il violoncello della Campbell protagonista assoluto della fase centrale. Chiude il bel folk decadente di Judy and the dream of horses, impeccabile come tutto il resto.
Lalbum rosso, come è affettuosamente chiamato dai fan per via del colore purpureo della copertina, è ancora oggi uno dei dischi più interessanti degli anni 90, vera pietra miliare dellindie pop, su cui continua a esercitare un influenza enorme. Come è facile da immaginare, è anche lapice nella carriera del prolifico gruppo scozzese che comunque sarà in grado due anni più tardi di realizzare lottimo The Boy with the Arab Strap, peraltro accompagnato da un buon riscontro commerciale, e a deviare successivamente le sue coordinate stilistiche rimanendo comunque sostanzialmente fedele, almeno nelle linee generali, al suo peculiare sound.
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