Devendra Banhart
Ape In Pink Marble
Non mi sono mai strappato i capelli per il menestrello folk di Houston, nonostante la venerazione dei fedeli.
In questo caso potrei fare un'eccezione: perché la sua scrittura sembra maturare, arricchirsi di sfumature e di idee, anziché fossilizzarsi su uno stile consolidato.
Il Nick Drake texano, giunto alla nona fatica della carriera, non modifica il mood autunnale e pensoso. Le sue ballate sono riflessive, trasudano smarrimento e sono improntate a un rigoroso autobiografismo.
Ma suonano vitali: Devendra non sa cantare, tecnicamente parlando, eppure ha una voce infallibile. Nel contesto, riesce difficile immaginare di meglio: esattamente come il britannico, o come Elliot Smith, Devendra riesce a incanalare le emozioni più insostenibili dentro un sospiro.
Aggiungiamo che dal punto di vista melodico l'ispirazione è sempre notevole: il capolavoro Middle Names (un folk-pop barocco e strano, a metà strada fra Nick Drake e Sufjan Stevens, e parlo sul serio), Mara, Francy Man o Souvenirs (in odore di Supreme Dicks, con le chitarre sinistre, che strimpellano sonnolente) disegnano invenzioni vocali fra le più corroboranti della sua carriera.
E la vitalità entra dalla finestra: sono gli arrangiamenti a trasformare l'atmosfera.
Devendra sembra diventato un paladino freak del folk barocco, sovente in odore di camerismo. Archi e tastiere elettroniche imbastiscono in più momenti trame raffinate, che si muovono in punta di piedi per non soverchiare la voce.
Si ascolti per credere la sinfonia di Celebration (una sorta di prova d'orchestra) e di Mourner's Dance, quasi Stephen Merritt che porta la propria vena melodica a giocare con la musica orientale e con il Brian Eno dei dischi meta-pop. Si provi anche il synth-pop oscuro di Saturday Night, che mi ha fatto pensare a dei Blue Nile invaghiti del west, o la minimale, caracollante Linda, un folk tanto rarefatto da sfidare gli American Music Club. Lucky, pure leggermente più colorata, segue le stesse orme: una melodia danza agile su accordi che sfidano il vuoto (ancora i leggendari Supreme Dicks a muovere le fila).
Per il sottocritto una specie di rivelazione tardiva, che mi induce a fare retromarcia e a riprendere in mano tutta la discografia. Per chi già ama il cantautore, la conferma di una creatività ancora fertile, oltre che della volontà di aprire nuovi orizzonti alla propria musica.
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