V Video

R Recensione

6,5/10

First Aid Kit

The Lion s Roar

I popoli del Nord, loro si che sanno raccontarle le fiabe. È una cosa che hanno nel sangue: dagli archetipi di Hans Christian Andersen e dei fratelli Grimm fino a quelle più moderne e, se possibile, ancora più inquietanti di film come “Melancholia” o “Lasciami Entrare”. Ed è proprio nei dintorni di quest’ultimo, a Enskede un sobborgo di Stoccolma indicato anche da John Ajvide Lindqvist nel romanzo eponimo, che comincia la storia di due giovani sorelle che di cognome fanno Soderbergh (esiste qualcosa di più svedese?) e di nome Johanna e Klara. Una fiaba, la loro, dove non c’è posto per il buio, la neve, il sangue e il tenero amore contro natura di due strani adolescenti, che forse adolescenti non sono, ma per il sole, la luce, le praterie e le melodie ariose del folk-country americano di una volta, di tanti anni fa, di quando anche babbo e mamma Soderbergh, forse, erano a malapena nati (o per una comune hippie come quella di “Together” di Lukas Moodysson). Strano a dirsi, ma è proprio così. Perché questa è una fiaba musicale tipica, anzi emblematica, dei nostri tempi. Tempi in cui la musica si fruisce in maniera rapida, precoce, e trasversale rispetto alle decadi e ai generi di riferimento e tanto più alle aree geo-culturali di appartenenza. Tempi in cui due ragazzine svedesi (classe ’90 e ’93, rispettivamente) possono tranquillamente innamorarsi di canzoni di un’altra epoca e di un paese così lontano e così diverso dal loro. Ma non si limitano a questo: ne rubano le immagini, imparano a memoria le biografie dei protagonisti, ne assaporano il romanticismo e la mitologia virtuale come in una specie di Wikipedia sonica o di Google Earth formato macchina del tempo.

Quello che più colpisce di “The Lion’s Roar”, il secondo album delle First Aid Kit, è il piacere ludico e il puro coinvolgimento emotivo, fiabesco appunto, del loro rivisitare le sonorità classiche e gli exempla inimitabili della musica roots americana. Il nitore delle parti vocali e le melodie scroscianti, copiose che esaltano una forma canzone abbastanza tradizionale, adagiata sull’interplay della chitarra acustica e delle tastiere (suonate dalle Soderbergh), più spesso arricchite da piano, accordion e violini e ritmate qua e là dai passi marziali e dai saliscendi discreti della batteria. Tanti anni sessanta e settanta, dunque, ma anche amori più recenti, e a loro volta revisionisti, come i Fleet Foxes, nell’uso delle due voci che si alternano per poi ricongiungersi nei cori e persino qualcosina di post Arcade Fire (in certe sospensioni ritmiche a cui accennavamo poc’anzi). L’insieme, “with a little help from” Mike Mogis (Bright Eyes e Lullaby For The Working Class) e Conor Oberst, è forse ancora un po’ acerbo, già sentito va da sé, ma con un tocco naif e un candore sentimentale tutto giovanile che lo rende sufficientemente personale ed accattivante.

Basta la title-track, in apertura, per capirlo: strofa dolente, una bambina cresciuta in fretta che si morde il labbro superiore per non piangere, chitarre al trotto, pausa e ascensione solenne del ritornello accompagnata dai violini e dall’organo. E poi il country di “Emmylou”, pura Nashville reloaded, con la più bella ed eccentrica dichiarazione d’eterno amore adolescenziale che potreste mai ascoltare ai tempi di “xxx” e “TVTTTB”: “i’ll be your Emmylou and i’ll be your June/ You’ll be my Gram and Johnny too”. E poi la malinconia west-coast di “In The Hearts Of Men” (con quel bridge dolcissimo e scandito dopo il secondo ritornello, “…don’t waste your time and don’t regret…”, che mi fa venire voglia di riascoltarlo a loop, di continuo) e “To A Poet”, fra la Marling di qualche anno fa ed una Mitchell inarrivabile e lontana parecchi lustri (ma in una fiaba il tempo non conta, si può anche dormire cent’anni e risvegliarsi con un baci). Notevole anche “Dance To Another Tune” che apre con piano e arpeggi spettrali, quasi un omaggio al Cohen di “Songs Of Love And Hate”, e continua fra Fleet Foxes e Arcade Fire in formato Ikea, il ritmo ferroviario e il grande respiro cantato di “I Found A Way” fino alla contagiosa danza tzigana e tex-mex della conclusiva “King Of The World”, storie di paure, speranze e illusioni “there, across the border” .

Voto che oscilla il sei abbondante e il sette, arrotondato per eccesso, perché le alunne scrivono bene, conoscono perfettamente la grammatica e hanno una gran bella calligrafia.

V Voti

Voto degli utenti: 6,8/10 in media su 4 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
gull 7/10

C Commenti

Ci sono 4 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

salvatore (ha votato 6 questo disco) alle 11:40 del 2 febbraio 2012 ha scritto:

Concordo con la recensione, ma il disco non riesce ad andare, alle mie orecchie, oltre la carineria. Riprendendo la metafora scolastica, lo chiamerei un compitino fatto bene. Loro sono intonate con delle belle vocine, la musica si ascolta con piacere, ma di sostanza ce ne sento pochina... Voto che oscilla tra il sei e il sette ma che scivola verso il primo perché a me non era piaciuta particolarmente nemmeno la cover dei Fleet Foxes. Fuori discussione, invece, l'estetica nordica: Lasciami Entrare, Melancholia e Together sono film spetacolari. Grande Simon

Cas alle 13:37 del 2 febbraio 2012 ha scritto:

ci sento tantissima alela diane (nel timbro vocale soprattutto) qui dentro... comunque, preferisco decisamente i momenti folk (o indie-folk) a quelli dove subentra quella sonorità country un poco glassata che non mi convince più di tanto. per ora sarei in linea con salvatore, vediamo se nel tempo l'album attacca...

gull (ha votato 7 questo disco) alle 20:20 del 2 febbraio 2012 ha scritto:

Io le trovo molto brave in questa riedizione e rielaborazione di un certo classicismo folk-pop (ma non solo). Niente di memorabile o di innovativo, anzi sono spudoratamente e dichiaratamente didascaliche, ma brave. Sanno come scrivere buone canzoni. Concordo molto con l'analisi di Simone.

Dimash alle 11:20 del 23 giugno 2012 ha scritto:

Il disco l'ho apprezzato molto, ma dal vivo si fanno amare..A Milano hanno dato emozioni!