Loch Lomond
White Dresses Ep
A 16 anni mi innamorai di un disco che si chiamava “Further”. Era il debutto di una band scozzese di nome Geneva. Brit-pop scuro, tra Radiohead e Suede immersi nella nebbia. L’elemento più affascinante era la voce di Andrew Montgomery, fortemente androgina ma capace di abbassarsi e farsi profonda, attraverso metamorfosi inattese, che davano ai pezzi qualcosa di (possibile dirlo?) spirituale. Ecco, quando ho ascoltato per la prima volta i Loch Lomond, che pur venendo da Portland prendono il nome da un lago scozzese, ho creduto in una trasmigrazione folk pop dei Geneva, tanto ugualmente spettacolare a quello di Montgomery è il registro vocale di Ritchie Young e tanto simile è una certa declinazione rusticana del pop. Quindi, lo ammetto: nel giudicare i Loch Lomond non sono obiettivo.
Ritchie Young è stato (da solo, o con turnisti) i Loch Lomond per tre dischi, tra il 2004 e il 2007. Dopo una rinascita in formazione allargata, segnata dalla pubblicazione di due buoni Ep (“Trumpets for Paper Children” e “Night Bats”, 2009), la band ha trovato ottimi riscontri con “Little Me Will Start a Storm” (2011), tanto da attrarre gli amici e conterranei Decemberists. Tuttavia il folk dei Loch Lomond, rispetto a quello di Meloy e soci, è più intimistico e meno tradizionale, aperto piuttosto a suggestioni indie pop (campanelli, xilofono, tastiere), e trova in questo Ep uscito appositamente per accompagnare il tour nel vecchio continente un’apertura ancora più europea, pur rimanendo ancorato al canone alt-folk statunitense.
Lo testimoniano i due pezzi più notevoli di “White Dresses”, sospesi tra chamber pop (Noah and the Whale) e cantautorato USA (Sufjan Stevens, R.E.M.): “Your Eyes”, con glockenspiel e piano sognante, viaggia tutta sull’eccellente melodia trovata da Young, portata in altalena e infine lanciata nel refrain con viola (dio, cosa sembrano qua i Loch Lomond se non i Geneva?), mentre “Kicking With Your Feet” è un incanto di malinconie autunnali in giostra. Ma molte sono le frecce all’arco della band dell’Oregon: in “White Dresses”, costruita sul piano, è messo in mostra un mirabile intarsio corale, ampiamente sfoggiato in sede live, e in “Knuf Sirhc” (impreziosita dalla collaborazione di Chris Funk dei Decemberists, che dà - in reverse - il titolo al brano) la base folk è del tutto cancellata, per virate quasi psichedeliche.
Band in costante crescita e mutamento. Mica è poco.
Tweet