Midlake
The Trial of Van Occupanther
Quando penso a un luogo come il Texas (di cui, a dir la verità, non so molto) solitamente non lo associo ad un bosco scandinavo, ad un lago o ai capelli rossi. È vero la copertina, il nome e l’aspetto dei componenti di una band possono essere spesso fuorvianti al primo ascolto di un disco: non lo sono nel caso dei Midlake. The Trials of Van Occupanther è un disco davvero da ascoltare soli in riva ad un lago finlandese possibilmente tra ottobre e novembre, composto da canzoni che si insinuano sottili nella testa attraverso abili sovrapposizioni vocali, eleganti arrangiamenti, morbide chitarre e un pianoforte che sotituisce spesso e volentieri le tastiere maggiormente presenti nel precedente lavoro. I timidi ragazzi texani ci accompagnano così in punta dei piedi attraverso brani (Roscoe, Head Home) che si avvicinano a Neil Young e alla tradizione folk-rock americana, a delicate atmosfere acustiche (Young Bride, We Gathered in Spring) e a ballate indie pop che ci ricordano gli ormai semprecitati Grandaddy (It Cover the Hillside). Belle canzoni insomma, si potrebbe non aggiungere altro. Magari da ascoltare affondati in una comoda poltrona, lasciandosi abbandonare senza timore a questi undici brani che probabilmente non spiccano per originalità ma che riescono a trasmettere, attraverso una certa nitida ricercatezza, sensazioni piacevoli .
Al di là del risultato, il secondo lavoro dei Midlake era molto atteso, anche a causa delle buone impressioni che ci aveva lasciato il primo disco Bamnan and Silvercork (2004) e all’impegno di un’etichetta importante come la Bella Union degli ex Cocteau Twins Robin Guthrie e Simon Raymonde. Manca la genialità compositiva di compari di etichetta come i Dirty Three, ma poco importa, forse, quando sono ormai passati i tre quarti d’ora e ti ritrovi pienamente confortato dall’ascolto di The Trials of Van Occupanther.
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