Ducktails
Arcade Dynamics
Disco numero tre per Matthew Mondanile aka Ducktails, e, ohibò, dai consueti bozzetti psych-cazzeggio dal sapore tropicale iniziano a uscire canzoni vere e proprie. Sbocciato in area hypnagogic, frequentatore delle etichette culto del genere (Not Not Fun, Olde English Spelling Bee), dotato assieme di istinto pop e di vena decostruttiva, il ragazzo del New Jersey con questo “Arcade Dynamics” mantiene intatto il clima spiaggesco e lounge-stravaccato del suo pop fatto-in-casa, ma lo fa avvicinandosi di più a lidi folk-fricchettoni. Non a caso il disco esce per la Woodsist, che di alt-folk al sapore di erba ne sa eccome.
In effetti Mondanile sembra essersi immerso a fondo nelle esperienze di Woods e compagnia spipacchiante, e non è escluso che un segno su questo disco l’abbia lasciato anche la militanza nei Real Estate. Su undici pezzi, allora, ben sei sono cantati, tra schizzi weird-agresti (“Hamilton Road”), pop psichedelico a bassissima risoluzione (“Sprinter”) e ¾ sfocati che sembrano uscire dalla cameretta di Bradford Cox al tramonto (“Sunset Liner”). Deliziosa “Don’t Make Plans” – tutta l’estate spremuta in una melodia –, come succo rinfrescante gli intrecci di chitarra su tamburello di “Killin’ The Vibe”. E l'acquatile giardino della copertina prende forma.
Poi, come pause rilassate a guardare le linee dell’orizzonte, cadono i consueti abbozzi di esotica visionaria (“In The Swing”, “Little Window”, “Arcade Shift”), magari su tocchi tribal-drogati stile Sun Araw (“The Razor’s Edge”), con chiusura sulla lunghissima jam di decompressione estiva “Porch Projector”. A conferma di come la scrittura di Ducktails, malgrado le maggiori aperture alla forma-canzone, rimanga gustosamente irrisolta e sempre attratta dalla deriva fancazzista.
Il disco più completo di Mondanile. E un anticipo precoce dell'estate 2011.
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