R Recensione

6/10

A.C.Newman

Get Guilty

 Get Guilty è il secondo disco di Carl Newman, più noto come “quello dei New Pornographers”, a loro volta più noti come “quel gruppo che fece un video con tutte quelle belle collegiali che saltellavano e ballavano sul letto in pigiama”. In realtà i New Pornographers sono anche ricordati per essere uno dei più interessanti gruppi power-pop di questa decade, specie grazie a dischi come Mass Romantic (2000) e Electric Version (2003). Ultimamente però qualche critica era piovuta sul gruppo dopo una vena non così ispirata in Challengers (2007), tanto più che in molti collegarono il calo di ispirazione con l’avvio di Newman di una sua propria carriera solista, con quel The slow wonder (2004) che pure molti apprezzamenti ricevette.

Get Guilty appare a distanza di cinque anni dall’esordio e il momento appare ideale per fare il punto della situazione. E allora qual è il punto della situazione? A modesto parere del sottoscritto il punto è che non c’è un punto, nel senso che non ha molto senso porsi problemi artistici e prospettive musicali con un personaggio come Newman. E questo perché Newman dà tutta l’aria di fregarsene bellamente delle prospettive e dei problemi artistici. A lui interessa suonare un sano, robusto e frizzante pop come dio comanda, e del resto chi se ne frega. E allora cosa importa se mancano quelle hits davvero clamorose che dovrebbero far innamorare la scolaretta di turno? Cosa importa se le dodici canzoni scorrono via senza lasciare colpi al cuore? L’importante è che scorrano! “Panta rei“ avrebbe detto qualcuno un tempo. E questa capacità, bisogna ammetterlo, non la si può negare al Newman.

Così il canadese propone il suo solito squisito campionario che si avventura tra rimembranze 60s in stile Beach Boys, Beatles, Kinks (la sobbalzante e sbilenca The changeling (get guilty) che ama psichedeliggiare un po’ qua e là, la The collected works che ricalca parzialmente I’m the walrus, l’incantevole giro rétro di Elemental, la rubbersouliana Submarines of stockholm) e indie-pop meno power del solito e un po’ più arty di quanto fosse lecito attendersi.

Intendiamoci: non mancano gli episodi più sguaiati, freschi, innocenti e solari, figli di una tradizione poppeggiante tipica di gruppi come Neutral Milk Hotel, Shins, ultimi Okkervil River e via dicendo. È il caso delle accattivanti The heartbreak rides, The palace at 4 am, All of my days and all of my days off e dell’incantevole Like a hitman, like a dancer, forse il brano più trascinante del lotto, tutto da ballare in spiaggia d’estate sotto un sole caliente con un cappello di paglia in testa e un daiquiri in mano.

L’impressione però è che Newman tenga sempre l’ascoltatore ad una certa distanza, non riuscendo mai a coinvolgerlo del tutto in un sabba vitalistico sfrenato (vedi le collegiali di cui sopra) e ciònonostante non avendo abbastanza qualità e quantità per porsi come un esempio di pop “colto” alla Elvis Costello o alla Todd Rundgren. E sì che ci prova Newman a darsi arie pop-chic. Lo dimostrano i restanti brani There are maybe ten or twelve, Prophets, Thunderbolts e Young atlantis: pop lustrato e raffinato sicuramente memore della dotta scena canadese di cui gli Arcade Fire sono i più degni rappresentanti. Ecco quindi spuntare strutture spezzettate, arrangiamenti impreziositi da archi e violini, atmosfere cariche di pathos e l’impressione che tutto sia perfettamente calibrato al millimetro.

E funziona eh, perché il risultato è più che gradevole, tanto più che di cadute di stile non se ne trovano in Get Guilty. Purtroppo però il risultato è un disco che appare più un buon riempitivo tra un impegno e l’altro piuttosto che un pop da sorseggiare nei momenti di estasi creativa. Forse è ancora meglio se andiamo a ripescare da youtube quel sublime video di All for swinging you around. Oh yeah! Saltate belle, saltate!

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