Air Waves
Parting Glances
Non è un caso che al secondo disco degli Air Waves collabori Jana Hunter dei Lower Dens, il cui Escape From Evil è certamente la cosa più vicina a questo Parting Glances che si possa immaginare. La band capitanata da Nicole Schneit vira leggermente, rispetto al precedente Dungeon Dots (2010), verso campate indie pop torbide e venate di suggestioni kraute, mantenendo intatto il proprio gusto per lhook immediato, la struttura basica, il gancio melodico purissimo, magari costruito su vocalizzi di oh oh (Lines). Il risultato complessivo convince, e molto.
La voce di Schneit è appiattita e mai avventurosa, molto maschilmente deadpan, tra quella di Jana Hunter (con cui si sovrappone perfettamente, vd. Horse Race) e cenni beach-housiani (assai Legrand la melodia di Older): le linee che inventa, spesso modulate su poche note e su un'intelligente impennata sufficiente a incidere in modo definitivo un verso o un ritornello in cui si ripete il titolo del pezzo (Fantasy), hanno il sopravvento su uno sfondo musicale mai sopra le righe, in cui soltanto gli arpeggi di chitarra, simulando le architetture scarne di album come Devotion, provano uno scarto.
È un disco, Parting Glances, in cui le tinte grigie sono volute, ma garantiscono la germinazione di flash e schizzi di luce brucianti; si descrivono occhiate vivissime a sconosciuti che non rivedremo mai più, storie marginali e ambigue, dichiarazioni scolpite nella loro semplicità («I want to be calm like you / Oh the calm in your life, I want that too / And I want you to be my baby», Calm), una sensibilità spesso nevrotica o malata («Someone take this pain away from me / Im not sure what its about / cause the meaning never came», Fantasy), narrazioni che si costruiscono sullimminenza di una disintegrazione («Im a bad man for coming around but you invited me here», Frank). Anche qua, come in "Escape From Evil", striscia una placida disperazione. Collaborano anche membri di Crystal Stilts, Ava Luna e Hospitality.
I picchi del disco sono quelli maggiormente scanditi da unossessività kraut-rock che vibra sottotraccia, vedi le pennate ipnotiche di Milky Way, riscattate dalla dolcezza inattesa del ritornello (splendido: «hold me / dont let me go / can anyone settle?»), per uno dei pezzi pop più semplici ma belli dellanno, o vedi loscurità teutonica, 100% Lower Dens, di Torch of Light. Apice assoluto Thunder, col beat e il basso martellante, sopra lorgano e le chitarre distorte in crescendo, che portano altissima la melodia, verso un finale tra post punk e cupezze synth wave. Splendore («And I'm dancing in the twilight / I got my head up in the sky / Can you feel the vibrations as we start to fly?»).
Cala un po lultimo terzo del disco, dove Older riprende la maggiore coloritura jangle/folk dellesordio e il tiro di 1000 Degrees banalizza un po, ma resta un ascolto più che piacevole, a tratti sorprendente.
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