All Smiles

Ten Readings Of Warning

E’ inutile negarlo, gli All Smiles portano su di sé, volenti o nolenti, una (seppur piccola) fetta di un’eredità importante: quella dei Grandaddy, antieroi del lo-fi pop a cavallo tra vecchio e nuovo millennio, vezzeggiati e coccolatissimi dagli indie rockers italiani e giunti al capolinea pochi mesi fa.

Difficile che il vuoto lasciato dai Nonnetti possa essere colmato da questi All Smiles, sortita semi solista (al disco partecipano in realtà membri di Sleater Kinney e Modest Mouse) di Jim Fairchild, ossia “colui che nei Grandaddy suonava l’acustica”.

E che con la sua nuova formazione si concede, prevedibilmente, qualche libertà artistica in più e qualche lieve virata stilistica rispetto ai suoi trascorsi musicali: dove i Grandaddy traevano parte della loro ispirazione della vena agrodolce neilyounghiana, Fairchild si spinge un po’ più in là, tuffandosi dritto dritto nelle acque calde della California.

Seppur in forma volutamente dimessa e spesso spoglia, coretti e melodie solari non lasciano spazio a dubbi: le “vibrazioni buone” che vengono qui sprigionate non sono poi così dissimili da quelle avvertite sui solchi delle produzioni di gruppi come Thrills e Dios (Ora Dios Malos).

Canzoni dallo sviluppo lineare, che non perdono mai di vista il sentiero melodico, con pochi inciampi ma anche pochi sbalzi: canzoni un po’ da falò, diagramma piattino, qualche flirt beatlesiano (I Know It’s Wrong) e qualche lampo sopra la media (il gioiellino pop Moth in a Cloud of Smoke e la filastrocca irresistibile di Sprinting Hyphens).

Quando il fuoco comincia a spegnersi affiora qualche sbadiglio (Of Corse It’s Not Up To Me) e gli amici cominciano ad alzarsi, uno dopo l’altro, abbandonando il campo senza troppi rimpianti, tristemente consapevoli del fatto che i Nonnetti, decisamente, erano un’altra cosa.

Resta una mezz’oretta abbondante di canzoni adatta a tamponare, in qualche modo, la nostalgia dei fan del gruppo di Modesto.