Big Thief
U.F.O.F.
Tra le band di maggior rilievo di questannata non possono mancare i Big Thief, che con la doppietta Two Hands (ottobre) e U.F.O.F. (maggio) hanno saputo attirare lattenzione e ottenere il plauso congiunto sia della critica specializzata che di molti colleghi - tra gli altri, i The National li hanno recentemente tributati con la cover di Not, in occasione del Dream Serenade di Toronto. Proprio ad U.F.O.F.", il loro terzo album allattivo, è dedicata questa breve analisi.
La ricetta dei newyorkesi è, a prima vista, abbastanza semplice: lordito di un folk trattato con fingerpicking circolari (lo strepitoso arpeggiare di Buck Meek), schemi ritmici tenui (basso e batteria elastici e sobbalzanti), voce sottilmente aspra (a cui, però, piace anche variare registro; si prenda il tono ctonio di Betsy) di una Adrianne Lenker che regala, ad ogni verso, umori sognanti e lati oscuri indie pop. Lingrediente segreto, però, è questo humus armonico, quasi esoterico, che lega ogni elemento (Strange) e che, in certi crescendo, raggiunge un equilibrio istintivo e, oserei dire, magico (il finale di Cattails" lincanto del bridge di UFOF, lattacco heartbreak di Terminal Paradise). Gli incastri perfetti tra le parti, le nenie e i testi, restituiscono una gestalt sognante, piena di vibrazioni notturne, malinconiche; e, a volte, anche luminosissima - in questo senso, su tutte, Open Desert.
Molti i rimandi, latenti o espliciti, alla tradizione folk e country americana (il Neil Young dentro "Cattails", ad es.); ma quando questi si prendono completamente la scena, sembra che i Big Thief si snaturino eccessivamente e perdano, così, di mordente (Orange, Century). Lanima cava ed elettrica di alcuni episodi (le reiterazioni fonde di Jenni; la-solo Wilco e le grida di Concact) appare, invece, adattarsi e sintonizzarsi meglio col sound offerto.
E però il disco, generoso, trasuda di continuo gemme straordinarie (UFOF, Open Desert, Terminal Paradise su tutte); e appassiona, se si ha la pazienza di immergersi con lentezza nelle sue trame; immobilizzandosi nello sguardo - mentre la strada scorre e là fuori, il mondo, è impercettibile e denso nel proprio cambiamento.
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