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R Recensione

7/10

Brett Anderson

Black Rainbows

Come promesso, a distanza di poco più di un anno dall'ultimo Slow Attack, esce sempre per la sua etichetta indipendente, la Brett Anderson Songs (BA Songs), il nuovo lavoro di uno dei cantanti più controversi della scena britannica degli ultimi 20 anni. Dopo qualche mese dal ritorno sulle scene degli Suede, band che lo lanciò nelle copertine delle riviste musicali di mezzo mondo, Brett Anderson anticipa con queste canzoni la direzione del nuovo suono della band londinese che a breve pubblicherà il suo sesto album di studio anticipato in parte a San Pietroburgo lo scorso dicembre.

Il disco si apre con un ritmo spezzato, quello di "Unsung", che preannuncia un ritorno ad un suono più scuro con chitarre che accennano ad una melodia che solo nel corso del brano si definisce pienamente e la voce di Anderson a tratti cede come un urlo trattenuto. Segue il singolo "Brittle Heart", dove da un punto di vista lirico è la similitudine a prevalere, immagini che prendono forma tra i rintocchi di un pianoforte appena accennato: un brano che cresce ad ogni ascolto ed un ritornello come solo Anderson è stato capace di regalarci. Il secondo singolo, da poco disponibile solo nella versione download con degli splendidi "retri", è "Crash About To Happen": meravigliosa pop song che ricorda in più punti "Autograph" degli ormai sepolti Tears (precedente impegno con l'ex-Suede Butler) e che mostra come Anderson sia in perfetta forma sebbene canti come solo se si è distrutti si possa destare interesse sugli altri.

I brani che seguono trascinano Anderson in un territorio meno consono al suo background musicale, echi di Siouxsie and the Banshees e The Cure invece della decadenza puramente à la Morrissey: "I Count The Times", "Exiles", "This Must Be Where It Ends" e il power pop di "Actors" hanno tutte una batteria molto presente, semplici fraseggi chitarristici, tastiere taglienti ed un uso della voce più corposo e meno fragile, ritornano a tratti le doppie voci care ai primi dischi degli Suede. "The House of Numbers" e "Thin Men Dancing" esaltano più degli altri le capacità di scrittura delle melodie vocali del cantante che ritorna con una naturale freschezza in un disco che si lascia ascoltare con grande piacere riportando sulla voce la centralità del progetto solista che forse mostra per contrapposizione debolezza sul piano musicale se così vogliamo chiamare la semplicità di "Black Rainbows" paragonata ai fasti degli esordi di Anderson. L'onere di chiudere il disco viene affidato ad un brano che in parte smetisce quanto appena affermato: "Possession", come molti altri brani post-Butler, non ha nulla da invidiare alla prima produzione firmata Anderson/Butler.

Se questa è un'anticipazione del prossimo disco degli Suede c'è davvero da sperare bene.

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Voto degli utenti: 7/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

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hiperwlt alle 17:23 del 12 gennaio 2012 ha scritto:

uh, curioso di ascoltare - e il nuovo suede, soprattutto! bravo Marco, intanto