R Recensione

8/10

El Perro del Mar

El Perro del Mar

Leggerezza e malinconia. Lievità di suoni e tristezza strisciante. Non si può non pensare al paradosso quando Sarah filastroccheggia il suo “be bop, be bop a lula” con tono dolente sul morbido dipanarsi di un giro armonico in fa diesis minore (Party).

Poco da scherzare. L’esordio della svedesina Sarah Assbring, alias El Perro Del Mar, è il ritratto in tinte pastello di un mondo interiore in cui con delicatezza e senza invadenza prendono forma le intime disillusioni e le emozioni timide di un cuore ipersensibile e poco adatto a farsi largo tra gli spigoli della cruda realtà.

Non un disco da sognatori, però, né forse da sdilinquimenti onanistici. Forse piuttosto la colonna sonora per passeggiate sotto un immenso cielo grigio, per ritorni a casa pacatamente rassegnati, per aperitivi in cui ci si sente ineluttabilmente soli in mezzo a una folla vociante. Chitarra acustica, chitarra acustica e ancora chitarra acustica.

E poi sullo sfondo archi lenti, hammondini tiepidi, coretti sixties dall’iconografica soavità, un po’ di pianoforte e sporadici appoggi di fiati, mentre la ritmica cadenza con garbo pulsazioni non pigre e persino talvolta briose. Bizzarri ossimori.

La voce di Sarah è leggera anch’essa e, se si può dire, assolutamente sincera. E mentre percorre le sue melodie sognanti ha la delicatezza e il tatto di un monologo interiore. Mademoiselle invita per un saluto nel suo piccolo mondo

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