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R Recensione

7/10

Floating Action

Fake Blood

Il misconoscimento di Seth Kaufmann resta un mistero, ma intanto è confortante che lui continui a elargire un disco all’anno, così, dalla sua spiaggia remota. Nel progetto Floating Action suona tutto questo barbuto newyorchese, e tutto suona da dio: pop rétro per vinili, voce insonnolita per serenate estive, chitarre ciondolanti in fedeltà medio bassa che sfrigolano piccoli riff impolverati, retrogusto motown e seppia per il cuore. Per camerette, ma anche per pigri romanticismi da balere sperdute.

Tra The Love Language e i migliori Dr. Dog (coi quali hanno condiviso un singolo nel 2009), tra la meteora Little Joy e gli Yellowbirds, i Floating Action sono una delle proposte più interessanti in questa nicchia di vintage indie pop dalla patinatura sixties, pieno di un’intima malinconia che però diventa come nulla felicità. Un po’ oziosa, certo. Rilassatissima. Come suggerisce subito l’elegia leggera come una piuma di “Alpine Shadow”, splendidamente sospesa dagli archi, e poi la sfilza di ballads su elettriche granulose, tra falsetti indolenti (“Been Broken”), voci filtrate e cullate da accordi accennati appena (“No Waves”), coretti da mattina presto, riverberi come il mezzogiorno in faccia (“Harshness of the Blow”: qua la sovrapposizione con i The Love Language è totale). Non un pezzo tirato via: come scrittura, si supera anche l'esordio omonimo del 2009.

Va pure meglio dove i ritmi si alzano leggermente, quando spuntano gli Okkervil River in vacanza alle Hawaii (“Remorse Code”) o folksters che rifanno gli Strokes (“Complete the Myth”), sempre dietro una produzione cheap ma mai grossolana, sporca il giusto per allontanare nel tempo queste dodici cartoline senza dare loro fattezze troppo artificiose. Sicché capita che Seth Kaufmann accompagni in tour Dr. Dog o Band Of Horses ma suoni molto meglio di loro (che un pezzo come “Seized” non lo scrivono da un po’).

Piccola perla tardo estiva.

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hiperwlt alle 11:50 del primo novembre 2012 ha scritto:

gli ho dato qualche ascolto, non molto a fuoco, in questi giorni. ad ogni modo: etichetta calzante, "vintage indie pop"; un po' soporifero (a fronte, comunque di una buona eterogeneità di stile) in certe parti ("no waves", "harshness..."), e impianto arty, nel complesso, rilevabile (spruzzatine qui e là, in vesti sixties e un po' intorpidite, di suckers, born ruffians, ecc; e, con più precisione, tutti i riferimenti che fai tu). me ne piacciono molte: "seized", "not i what came from", "working man", "complete the myth", "alpine shadow" (ivi, esclusa quest'ultima, nei momenti più dinamici). tornerò, ma con le idee più chiare!