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R Recensione

7/10

Hospitality

Trouble

"Trouble", sophomore dei newyorkesi Hospitality (Amber Papini, Brian Betancourt e Nathan Michel), tradisce l'agile formula indie pop dell'esordio: al suo interno agisce infatti una nuova estetica, di oscurità mostrate e tormento emerso, a rendere la gestalt del disco assai diversa dal recente passato. 

Di quella leggerezza (catchytwee, dagli arrangiamenti mai banali) del primo disco, in scia Belle and Sebastian Camera Obscura, si riconoscono sì i segni, non l'attitudine. Il lavoro proietta infatti una solarità decisamente in sottrazione (le pieghe new wave e l'oscurità electro di certi brani, ad esempio "Inauguration" e "Last Words"): laddove la miscela d'indie rock sbarazzino e cifra pop del debutto irradiava ("All Day Today"), quella più attuale viene inondata da continue ombre (l'indie pop notturno e tribalistico, screziato in senso arty, di "Going Out" - brano in cui la Papini mette in mostra più che altri momenti la notevole espressività della sua voce; tra le progressioni "epiche" di synth e i raccordi di chitarra di "Nightingale"), le quali influenzano giri e riff pervasivamente malinconici ("Going Out", "Rockets and Jets"). A scapito di certe dilatazioni e degli umori scostanti, permane come punto di forza condiviso con l'esordio la capacità di compattarsi (nello strutturarsi punk-indie pop della brillante "I Miss Your Bones", Pixies + blocchi post punk normalizzati) in funzione pop; sorprende, invero, come le ballate di oggi ("Call Me After", "Sullivan") rispetto a quelle di ieri perdano in cromaticità, riducendosi all'osso  - eccezion fatta per il folk pop uptempo e agreste di "It's Not Serious", uno dei momenti più alti del disco.

Se "Hospitality" reggeva nella sua interezza e contemporaneamente vantava due-tre meraviglie ("Sleepover", "Betty Wag", "Eighth Avenue") a perturbarne la convincente linearità, "Trouble" si differenzia per una versatilità decisamente più eterogenea: in questo senso, tra le cose migliori dell'album spiccano le novità apportate da certi innesti stilistici (il meraviglioso intro di keyboard cromatica a stagliarsi su scenari new wave/jingle jangle di “Rocket and Jets”; lo scavo di beat ‘80s  in senso pop di “Last Words”; la già citata "Going Out"). Un completo colpo a vuoto c'è rispetto ad "Hospitality", ossia "Sunship" (il fallimento evocativo, fiabesco e lezioso, nel duetto di corni e chitarra ritmica), ma appare un cedimento da poco vista la qualità generale del lavoro.

La fase moratoria degli Hospitality li allontana dalla freschezza dell'esordio: con più tormento e meno leggerezza il loro indie pop continua ad essere tra le cose più interessanti della scena newyorkese di questa prima parte di decennio.

 

V Voti

Voto degli utenti: 6,3/10 in media su 3 voti.
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target 5,5/10
Cas 6,5/10

C Commenti

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target (ha votato 5,5 questo disco) alle 10:20 del 5 febbraio 2014 ha scritto:

Disco povero, per me. Qualcosa a metà tra un album alt-rock primi '90 e uno degli Spoon riuscito male. Ascoltato 3-4 volte, non ci trovo proprio sugo. Li ricordavo come in "It's not serious" e li preferivo. Bravo comunque Mauro a inquadrarlo!

hiperwlt, autore, alle 10:44 del 5 febbraio 2014 ha scritto:

Immaginavo Fra In due anni hanno rivoluzionato quasi totalmente il sound: delusione anche per me sulle prime, non a caso la prima bozza di questa recensione era negativa, e il voto verso il 5. Ma poi i miei piaceri li ho trovati (eccome!); lo reputo un disco che funziona meno nel suo insieme ma in cui si può pescare. E sì, "It's not Serious" è uno dei pochi anelli di congiunzione con il debutto, ed (non a caso? il potenziale per andare avanti con la "formula" indie pop dell'esordio in effetti c'era... che poi è proprio questa la delusione principale nutrita sulle prime) è uno dei pezzi migliori. Ma davvero Fra roba come "Rockets and Jets" o "Going Out" ti ha schifato?

target (ha votato 5,5 questo disco) alle 11:18 del 5 febbraio 2014 ha scritto:

Schifo è esagerato: diciamo noia! I due pezzi che citi sono gli altri che un po' spiccano. Ma uhm: non tanto da salvarli in qualche "mista" (cit.), ecco.

Lezabeth Scott alle 18:30 del 5 febbraio 2014 ha scritto:

A me non dispiacciono: "Nightingale", "Sullivan" e "I Miss Your Bones" mi sembrano ottimi pezzi. Non l'ho proprio ascoltato dall'inizio alla fine ma mi pare che le qualità ci sono.

Cas (ha votato 6,5 questo disco) alle 19:43 del 8 febbraio 2014 ha scritto:

se l'esordio era un twee a presa rapida, dall'andazzo sbarazzino e dalla faccia acqua e sapone, qui, come dici giustamente tu, affiorano asperità e un leggero malessere. meno immediatezza e disinvoltura, anche se rimane la pulizia compositiva che già elevava la proposta due anni fa e non mancano i momenti di gran classe (la swingante It's not Serious la trovoo di buonissimo gusto!).

insomma, da assorbire... vedremo