Lightships
Electric Cables
Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia da quando, in terra di Scozia, i Teenage Fanclub sedimentavano, squattrinati ma caparbi, composizioni alt-rock dagli innesti power pop. E con lasciti pre-grunge - stiamo parlando di “A Catholic Education”, licenziato più di un ventennio fa -, anche, sulla scia e influenzati da nomi quali Big Star, Neil Young e Dinosaur Jr. (previo assorbimento di un folk-pop sixties di matrice, soprattutto, d’oltreamanica) diventando presto, con il capolavoro “Bandwagonesque” (1991), una tra le principali new sensation di quel tempo. Non è passato invece molto tempo dal loro ultimo lavoro in studio, “Shadows” (2010), quarto album nel decennio appena trascorso: buon pop rock d’esperienza, comunque punto di svolta e di ripensamenti per l’intera compagine.
E nel collettivo scozzese, in questo ampio arco temporale, un musicista che di immobilismo concettuale e di blocchi creativi non ha voluto proprio sentirne parlare è stato Gerard Love - bassista/voce dei TF. Questo – oramai – ultraquarantenne, caparbio e capace negli anni di muoversi fluido nelle maglie della scena brit, ha saputo tenere il passo di un alternative pop venato mille altre cose (barlumi twee, jangle pop, folk-rock); artista sempre in cerca di nuovi stimoli e collaborazioni, quindi - al pari del suo collega ‘teenage’ Norman Blake: la sua ultima feature con Euros Childs dei Gorky’s Zygotic Mynci, Jonny, esemplifica il concetto perfettamente - ma che, per una volta, si è concesso il lusso di sfornare ad hoc la propria creatura, come compimento del suo personale percorso artistico. Non solipsistico comunque, ché per “Electric Cables” (rilasciato in questi giorni da Domino Records) Love si è circondato da una schiera di collaboratori illustri - con i quali ha condiviso buona parte della ‘tratta’: Tom Crossley (The Pastels, Interantional Airport), Bob Kildea dei Belle And Sebastian, Brendan O’Hare e DaveMcGowan - già Teenage Fanclub.
Disco che è pura rigenerazione ippocampale (contro l’abituazione) in salsa indie pop, via un sound da continue reminiscenze, sottili e diffuse, ad alto tasso di pervasività malinconica – mai stucchevole, va detto; ricolmo di composizioni dalle strutture in apparenza semplici, che invece si svelano passo dopo passo attraverso l’avvolgente pienezza degli arrangiamenti, e da un sound, al netto, molto saturo, impostato su melodie sensibili, dallo scorrere sì trasognato e dolce, ma di forte impatto. Chitarre dense, e anche incisive quindi, in bilico tra morbidezza shoegaze, tiro jangle, twee pop. E nel mezzo, manco a dirlo, vi è l’imbarazzo della scelta per bellezza dei brani.
Ad esempio “Streching Out”, in cui Love azzecca uno splendido giro ciclico, marcandolo con impulsi fuzz, percussioni sghembe su andatura sostenuta, sottilissime effusioni electro (sullo sfondo) e suggestioni di fiati - da Midlake meno incupiti. O la conclusiva “Sunlights to the Dawn”, con quei ricami di chitarra ad armonizzarsi sotto pelle - mentre una linea melodica dolce ci spinge di peso verso una black night da illuminazione interiore. Segnatevi l’ebbrezza di "Silver & Gold”, prima di passare all’ascolto di “Sweetness in Her Spark” e “Two Lines” - per chi scrive, i due apici del disco: la prima è uno sbocciare primaverile di raro incanto, su fraseggi cristallini e melodia celeste (non possono non saltare in mente i Girls, soprattutto prima maniera) incastonata in rievocazioni da sistema limbico in subbuglio - le armonizzazioni vocali, e la voce di pancia più occhi lucidi di Love decisive in questo senso; la seconda, è uno scorrere on the road, con panorama dream da stretta al cuore.
Il limite maggiore di E.C. risulta, a conti fatti, una certa precarietà della variabile ‘compattezza’ (“Girasol”, “Warmth of the Sun”), evidente nella parte centrale del disco – che determina, per chi scrive, una certa pesantezza nell’ascolto in blocco. Infine la durata media di alcuni brani, a dispetto di quanto questi diano in qualità (“Muddy Rivers”, “Photosynthesis”), pare un filino lunga.
Buona la prima per Gerard Love, così: ansiosi, mentre gustiamo appagati (se non addirittura estasiati) "Electric Cables", di assaggiare nuovi frutti della sua produzione solista - e non solo, ci mancherebbe.
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